giovedì 30 agosto 2012

Intervista a Stefano Spadoni

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Quando tempo fa, nel lontano 2001, inizio' a maturare in me la decisione di andare a vivere negli Stati Uniti la scoperta di Stefano Spadoni fu importantissima. All'epoca trasmetteva quotidianamente delle puntate dedicate a New York e agli Stati Uniti da una piccola internet radio con sede a New York: Big Apple Radio. Ogni puntata era un appuntamento fisso e potevo ascoltare ospiti americani e italiani con le loro esperienze a New York, e poi le notizie e le curiosita' piu' svariate condite dalle idee molto particolari di Spadoni con le quali mi trovavo quasi sempre daccordo.  Quel contatto quotidiano con l'America rese ancora piu' forte in me il desiderio di trasferirmi oltreoceano. Quando arrivai a New York fui anche ospite di Spadoni in una delle puntate e poi ebbi modo di partecipare ad una delle sue memorabili feste con modelle stupende e molti altri personaggi interessanti. Credo che il maggiore contributo di Spadoni per chi come noi ama gli States sia il suo libro Vado a Vivere a New York (al quale ho gia dedicato un post): una vera e propria miniera di informazioni su New York e gli Stati. Ma facciamoci raccontare tutto da lui. Ecco a voi l'intervista.

Ciao Stefano, vivi negli Usa da molto tempo e sei diventato un punto di riferimento per molti Italiani che sognano di trasferirsi negli Stati Uniti e in particolare a New York.
Ma facciamo un passo indietro. Prima di tutto questo, quando vivevi ancora in Italia, cosa facevi e come e’ nata la decisione di partire per gli Usa?
Mi occupavo di marketing e pubblicità, ma l’Italia mi stava stretta e soprattutto mi sentivo fuori posto per le mie idee e concezione della vita. Ho cercato di trovare una strada per andare negli USA, l’ho trovata, ci ho investito sopra e sono partito anche se ho lasciato molte cose, tanto che molti dei miei amici di allora mi hanno detto che ero matto.

Avevi qualche contatto in Usa prima di partire?
Avevo solo un amico a New York, ma la decisione e il progetto sono partiti prima, quando ancora non sapevo di averlo. I contatti che poi mi hanno permesso di restare me li sono creati con un viaggio programmato proprio per quello.

E’ stato facile ambientarti negli Usa?
Facilissimo perchè l’ho sentito subito come il mio paese. Ma ho dovuto investire tempo e denaro per capire a fondo il diverso modo di vivere e soprattutto di pensare.

Quali sono state le differenze con l’Italia che hai percepito gia’ dopo le prime settimane?
Avere sogni in America non è una colpa, e almeno fino a qualche anno fa, essere un imprenditore non era una colpa, anzi era un merito perché si crea lavoro. Purtroppo adesso si sta diffondendo in una parte della popolazione una mentalità simile a quella europea, dove l’imprenditore è visto come un parassita evasore fiscale e chi fa successo e si arricchisce come un nemico della società da invidiare e non da emulare.

Come ho spiegato in vari post sul blog, prendere la decisione di andare a vivere America e’ solo l’inizio di un lungo cammino che non e’ per niente facile e senza una strategia, un po' di fortuna, tanta pazienza e non pochi risparmi le probabilita’ di riuscita sono molto esigue. Tu hai attuato una strategia particolare e quali consigli daresti a chi ha il sogno di trasferirsi in America?
Come dico nel mio libro “Vado a Vivere a New York, “L’america prende molto e da molto, nell’ordine”. Se non siete preparati ad investire emozionalmente e in termini di tempo e denaro, meglio stare a casa. Il mio consiglio è di svuotarsi la mente da tutto quello che avete imparato dai media sull’America perché al 90% sono informazioni distorte politicamente e sostanzialmente false, raccogliete invece più informazioni attendibili possibili, definite un budget anche se minimo, create contatti a distanza, venite qui per un paio di mesi per gettare le basi e tornate in Italia per ottenere un visto con già il piano di come evolvere quel visto in un altro se necessario. E naturalmente dovete essere disposti a prendervi rischi.
Ultimo consiglio: se ce la fate a trasferirvi negli USA non fate l’errore di rientrare in Italia pensando che in Italia potrete sostanzialmente fare quello che facevate negli USA. Non è vero e ritornare qui diventa poi molto difficile.
Se volete avere il polso di come si evolvono gli USA e di come muovervi per venirci, potete seguirmi sul mio sito www.stefanosnetwork.com

Cosa ne pensi della crisi italiana? Da cosa deriva? Ci sono altre cause oltre a quelle di natura economica?
Il cittadino in Italia non conta niente, lo Stato è padre padrone, il diritto di proprietà esiste solo sulla carta “come funzione sociale”, gli imprenditori sono giudicati ladri e farabutti e non si può nemmeno contestare veramente il sistema o si finisce in galera per vilipendio di qualche istituzione. Così la maggioranza della popolazione cerca un posto fisso e magari arrotonda in nero e gli imprenditori cercano una protezione politica per sopravvivere in un sistema che altrimenti li schiaccia. In queste condizioni chi può se ne va all’estero. E spesso sono i migliori.

Ci sono differenze in cui Italia e Usa stanno affrontando questo periodo di crisi economica mondiale?
L’approccio USA alla crisi è secondo me insostenibile. Qui si spende enormemente di più di quanto si incassa come gettito fiscale mentre aumenta il controllo dello Stato sull’economia, il numero dei regolamenti, il potere delle lobby, delle banche, il che finisce per soffocare i piccoli imprenditori e uccidere l’occupazione. Tutto per ora continua a funzionare finché qualcuno presenterà il conto. In Italia mi pare che sia successo quello descritto nel libro il Gattopardo, “tutto deve cambiare perché nulla cambi”.

In Italia sento dire spesso che la crisi economica mondiale deriva dal sistema bancario e in particolare dalla spregiudicatezza delle banche americane. Ancora una volta gli Stati Uniti sono la causa di tutti i problemi del mondo. Ma e’ proprio cosi’?
La crisi è scoppiata perchè le banche americane, pena essere accusate di razzismo, sono state costette a prestare soldi per comprare casa a chi non poteva permettersela. Sono stati i famosi prestiti sub prime imposti e garantiti dal Governo Federale che poi ha fatto pagare il conto ai contribuenti quando inevitabilmente è scoppiata la bolla. A questo si sono aggiunti finanzieri che hanno contato sul fatto che i controlli sugli imbrogli erano praticamente nulli e comunque le amicizie politiche li avrebbero protetti. Infine il Governo Federale è intervenuto dando tramite lo stimolo soldi a banche e aziende “amiche”, a mantenuti purché votino per il loro partito, a imprenditori fasulli che però fanno donazioni politiche, e come conseguenza adesso il debito nazionale è fuori controllo. Inoltre in America circa il 40% del bilancio va adesso in spese di assistenza, gli homeless possono citare in tribunale la città e vincere un risarcimento se non viene garantito loro un posto letto e si arriva a dare un cellulare con chiamate gratis a certe categorie di assistiti. Circa il 50% degli americani non paga tasse federali sul reddito e uno su 7 riceve buoni gratis per fare la spesa. Per molti è più conveniente stare a casa in assistenza pubblica che andare a lavorare.  Dall’altra parte tra tasse e regolamenti le aziende più piccole hanno smesso di assumere e la vera disoccupazione, mettendo da parte i dati ufficiali falsati, è enorme. Comunque l’America ha ancora le risorse naturali e la capacità di riprendersi se il governo non riuscirà a trasformare l’economia di tipo socialista portandola al fallimento.

Dove ti trovavi l’11 settembre e cosa hai pensato in quelle ore e nei mesi successivi?
Ero a casa anche se poi sono andato in giro per la città e ho quasi raggiunto Ground Zero. Da qui è nato il mio libro “New York, terrorismo e antrace”, il primo ad essere pubblicato in Italia dopo l’11 settembre.
In quei giorni ho pensato che c’era già stato un tentativo di distruggere le Twin Towers nel 1993 e che questa volta i terroristi c’erano riusciti. Visto che consigliavo sempre a tutti quelli che venivano a New York di andare in cima alle Twin Towers, la mattina dell’11 settembre ho avuto paura che qualcuno ci fosse andato, ma l’osservatorio apriva solo alle nove, per cui dopo l’attacco. Tra l’altro avrei dovuto fare uno dei miei eventi al sushi bar del ristorante in cima ad una delle due torri proprio la sera prima dell’attentato. Poi avevo deciso di non farlo più. Una delle persone con cui avevo parlato alcuni giorni prima è morta nell’attacco.

Cosa ne pensi delle teorie complottiste per cui si dice che l’11 settembre e’ stata solo una messinscena architettata da Bush e dalla CIA che avrebbe minato le Torri gia’ prima che venissero colpite dagli aerei?
Non credo che si possa avere una discussione seria su questo tema che è diventato qualcosa di molto simile al fanatismo, probabilmente alimentato per ragioni politiche e forse sostenuto dagli stessi terroristi.
In un paese come l’America dove i giornali pubblicano impunemente i piani segreti del Pentagono e wikileak rivela tutto, se ci fosse anche una sola prova o testimone di un complotto che, come nel caso di minare le Twin Towers con migliaia di cariche esplosive sotto gli occhi della security dell’edificio, coinvolgerebbe centinaia di persone, i media contrari a Bush (quasi tutti) avrebbero sbattuto la storia in prima pagina e il Congresso avrebbe lanciato una indagine ufficiale.
Ho anche incontrato Jeff Boss (vedi foto sul mio sito), che dice di avere centinaia di testimoni che però hanno paura a parlare. Prima se la prendeva con Bush, ora con Obama che sembra coprirebbe anche lui il complotto, non ci ho capito niente, va a sapere che magari un giorno qualcuno dice era Obama che ha piazzato le cariche esplosive!
Ma come ho detto prima, i complotti contro gli USA sono diventati una sorta di credo religioso, una fede, e discutere e mostrare la realtà a chi ha una fede non cambia le sue convinzioni. Senza considerare poi che c’è chi ha fatto milioni di dollari vendendo libri, video e tenendo conferenze su questi presunti complotti.

Come ti spieghi il fenomeno, mai spento, dell’antiamericanismo?
L’estrema sinistra ha sempre odiato l’America perché il modello comunista/socialista non ha funzionato (vedi Unione Sovietica) e quello capitalista sì. La dimostrazione è la crisi che attraversa ora l’America dovuta al fatto che negli ultimi anni ha progressivamente adottato un modello socialista di assistenza sociale invece di attenersi ad un modello capitalista.
Lo stesso vale per l’estrema destra con il suo modello di nazional socialismo (vedi Hitler e Mussolini) che sono state sconfitte militarmente dagli Stati Uniti ripristinando la democrazia.
Inoltre l’intellighenzia che spesso governa i media, odia una società dove un povero, come ad esempio Obama, può diventare presidente, o qualcuno può diventare ricco senza andare alle scuole giuste, avere la puzza sotto il naso, essere il figlio di qualcuno importante o dover ungere le ruote di un partito. Ancora di più odia un paese come gli USA dove chiunque può dire quello che vuole, aprire un giornale o candidarsi per una carica politica e avere possibilità di sconfiggere il candidato del partito sostenuto dai media.
In aggiunta, chi appoggia più o meno apertamente dittature o oligarchie di qualunque tipo ha sempre odiato la possibilità che l’America intervenga per ripristinare la democrazia.

Cosa pensi dei mass media italiani? Danno una immagine reale degli USA?
Ci sono sicuramente corrispondenti bravi e onesti, ma molti vengono qui già odiando gli Stati Uniti o semplicemente dicono quello che i loro direttori o referenti politici in Italia vogliono sentire. A molti non interessa capire questo paese o non lo vogliono capire, o non sono in grado. Questo spiega perché l’America sia spesso incompresa in quello che fa.

Torni spesso in Italia?
Torno in Italia per brevi periodi, massimo una settimana, dopo mi viene voglia di tornare a New York. La mentalità in Italia è soffocante, mi sembra di stare in un paese in coma senza voglia di fare nulla se non andare la sera a mangiare la pizza con gli amici. Non c’è speranza, voglia di fare.

Conosci molti Italo-americani? La mia impressione, avendone conosciuti molti che partirono dall’Italia molti decenni fa e’ che molti di essi descrivono l’Italia di oggi come se si fosse fermata a 50 anni fa, come quando la lasciarono loro. Questo loro atteggiamento e’ solo una mia impressione?
E’ chiaro che ciascuno, a meno che non  si tenga continuamente informato, cristallizza l’immagine del paese di origine al momento in cui se ne va. In realtà gli italo-americani sono segmentati in vari gruppi sempre più integrati nella società americana.

Politici italiani e americani sono diversi?
Credo che in ogni paese l’obiettivo principale di un politico sia di essere rieletto, in quello non ci sono differenze così come nel fatto che finiscono per fare gli interessi di gruppi che li supportano (oltre ai propri interessi). Però il politico americano è più in contatto e in balia degli elettori, meno del partito. Se non fa quello per cui l’hanno eletto di solito non vieni rieletto e si vota il candidato che si ritiene più valido. A volte in un distretto dove un partito ha il 70% di sostenitori vince il candidato del partito.

Cosa ti manca degli Usa quando sei temporaneamente in Italia?
Tutto.

Alcune volte leggo delle classifiche in cui gli Usa sono molto lontani dai Paesi che godono di una piena liberta’ di stampa. Avendo vissuto in Usa non mi e’ parso che la situazione sia cosi’ grave. Mi e’ parso che TV e giornali possano dire tutto di tutti senza censure. Ritieni che in Usa ci siano limitazioni alla liberta’ di stampa? Se no, come mai escono fuori queste strane classifiche?
Secondo me quelle classifiche sono stilate da organizzazioni spesso create appositamente per lo scopo di attaccare gli USA. Sono organizzazioni che odiano gli USA per ragioni politiche e di concezione sociale e non hanno problemi a falsare i dati pur di mettere gli USA in cattiva luce. Magari quelle stesse organizzazioni che parlano di libertà di stampa ti citano in tribunale se provi ad esprimere questi pareri in Italia.
Per fare un esempio in Finlandia (il paese giudicato primo per la libertà di stampa mentre gli Stati Uniti sarebbero al 47mo posto) un giornalista può essere processato per diffamazione e condannato fino a due anni di prigione. E nella maggioranza dei paesi europei puoi finire in galera per reati come il vilipendio di una religione se quello che scrivi viene interpretato in questo modo.
In America si può esprimere qualsiasi idea e i giornali non possono essere messi a tacere come ha dimostrato nel passato il fatto che un giornale ha fatto dimettere un presidente, Nixon.
E’ sempre la stessa storia. Chi odia l’America e la sua libertà non esista a propagandare bugie.

Vorrei chiederti di cosa ne pensi di 2 aspetti che sono generalmente considerati in Italia come difetti degli Usa: i costi molti alti per l’assistenza sanitaria e per l'iscrizione all'universita'.
Lo Stato non crea nulla, prende dai cittadini tramite le tasse, trattiene una parte per pagare i propri impiegati e la propria struttura, e poi ridistribuisce il tutto su basi che dovrebbero essere giuste, ma spesso sono “soldi agli amici e a chi mi vota”. Sempre poi che qualche soldo non resti attaccato alle mani di politici.
In generale negli Usa lo Stato toglie meno soldi ai cittadini tramite le tasse e quindi lascia al cittadino più soldi per pagare per i servizi.
In Italia molte cose sono considerate gratuite o a basso prezzo ma è perché lo Stato le fa pagare anticipatamente ai cittadini tramite le tasse.
I costi molto alti per l’assistenza sanitaria negli USA sono comunque dovuti a molti fattori. Uno è che una gran parte dei cittadini la riceve gratis, pagata naturalmente dagli altri contribuenti. Inoltre l’assistenza sanitaria funziona veramente e quindi costa, anche perché gli stipendi del personale sono maggiori che in Italia, poi ci sono le assicurazioni costosissime per difendersi dalle cause intentate per ragioni assurde e i medicinali che costano una follia per soddisfare le lobby farmaceutiche. I costi potrebbero essere tagliati se il sistema fosse liberalizzato, incluse le importazioni di medicinali.
Inoltre chi ha malattie dovute ad uno stile di vita sbagliato, come ad esempio la maggior parte di persone obese, dovrebbe essere costretto a scegliere: cambiare stile di vita e dimagrire, o pagare di più per l’assistenza sanitaria che invece oggi per queste persone è spesso sovvenzionata dallo Stato.
I costi molti alti per iscriversi all’Universita’sono dovuti al fatto che lo Stato paga per una gran parte di studenti, poi ci sono le borse di studio specie per le minoranze, per cui le Università aumentano i prezzi, tanto c’è chi paga. La mia osservazione personale è che le università con l’avvento di internet dovrebbero essere ridotte a luogo in cui si danno gli esami: i corsi dovrebbero essere tutti tenuti su internet con costi irrisori e acceso per tutti.

E cosa ne pensi di altri due aspetti molto controversi che sono generalmente considerati in Italia come difetti degli Usa come  la vendita diffusa delle armi e  la pena di morte?
Su questi temi si scontrano due concezioni. Quella del resto del mondo in cui il cittadino non è ritenuto in grado decidere che tipo di società vuole, ma sono giudici, politici e intellighenzia a decidere e quella americana che almeno nella sua Costituzione rispetta la volontà popolare.
Così ad esempio in Europa è vietato fare un referendum sulla pena di morte, in America i cittadini di uno Stato possono invece votare in proposito.
Su questi temi i media e molte forze sociali sono riusciti a fare un lavoro brillante di disinformazione e indottrinamento che ha creato dei dogmi che ormai molti non osano nemmeno discutere per non essere bollati da barbari o forcaioli.
E veniamo alla disinformazione: non è vero che negli USA si può entrare in un armeria e uscire con una mitragliatrice. In molti stati acquistare un’arma è più difficile che in Italia e per esempio a New York è praticamente impossibile ottenere il porto d’armi.
Anche dove si può più facilmente acquistare un’arma, prima di ottenerla viene fatto un controllo con l’FBI e criminali e malati di mente non possono acquistarla.
Naturalmente questo non vale per le armi illegali acquistate dai criminali che in America vanno in giro con fucili mitragliatori e non esitano a sparare anche nella folla uccidendo donne e bambini. Ma la maggioranza dei media seppellisce queste storie così come seppellisce le storie dei cittadini che grazie ad un’arma si salvano la vita.
Da notare che le città con leggi ferree contro le armi, come Washington DC e Chicago, dove quindi i cittadini onesti sono disarmati, hanno il più alto numero di omicidi.
Comunque negli USA il diritto a possedere un’arma sancito dalla Costituzione non deriva dal concetto di difendersi dai criminali ma da quello di difendersi dallo Stato che potrebbe diventare troppo tirannico. Questo almeno l’intento dei padri fondatori del paese. Non per nulla la prima mossa di ogni dittatura è di requisire le armi ai cittadini.
E veniamo alla pena di morte: anche qui la disinformazione è rampante. In Cina vengono giustiziate circa 5,000 persone all’anno (spesso per reati politici) negli USA meno di un centesimo di quella cifra e dopo anni di appelli, ma le dimostrazioni stranamente sono sempre contro gli USA. Di fatto negli USA è più facile per un omicida morire in un incidente stradale che per la pena di morte: pochissimi stati eseguono ormai le condanne perché i giudici hanno annullato la decisione popolare introducendo il concetto europeo che il cittadino non può decidere su cosa vuole ma sono i giudici che hanno il diritto di farlo.
Nello stato New York i cittadini avevano eletto un governatore perché aveva promesso che avrebbe istituito di nuovo la pena di morte. Pena di morte reintrodotta, ma i giudici poi hanno fatto in modo che non si eseguono più pene di morte nello stato di New York.
Tornando alle armi, personalmente credo che in un paese civile le armi non dovrebbero averle solo i criminali e che non sono le armi ad uccidere, ma le persone. Jack lo squartatore con un coltello è sicuramente più pericoloso del Dalai Lama con un carro armato. Bisogna togliere i criminali non le armi.
Sulla pena di morte per i criminali (per le vittime la pena di morte esiste in tutto il mondo) una semplice domanda: è meglio vivere in un paese che condanna a morte chi stupra e uccide un bambino o in un paese come l’Italia dove la legge stabilisce che chi stupra e uccide un bambino ha il diritto di rifarsi una vita, dopo aver “pagato il proprio debito” con qualche anno di carcere? E se il padre del bambino prende a pugni chi gli ha stuprato e ucciso il figlio, il padre finisce in prigione ed è bollato da criminale in nome della “giustizia”.
Molti recitano come un mantra “nessuno tocchi Caino” (anche se nella Bibbia qualche riga più sotto dice che gli omicidi vanno messi a morte), ma non credo si rendano conto che significa “Nessuno tocchi chi stupra e uccide un bambino”.

Cosa ne pensi di Obama?
E’ la prova che il sogno americano è possibile e che tutto questo razzismo diffuso dei bianchi contro i neri, sbandierato da molti media, in realtà non esiste.
Sul piano personale è un personaggio fantastico, esempio di buon padre di famiglia, ottimo oratore (soprattutto quando legge) e straordinariamente simpatico.
Il problema è che vuole portare il paese in direzione europea (alcuni dicono verso il comunismo), non capisce o non ama i piccoli imprenditori e il ritmo di spesa pubblica che ha imposto è vertiginoso. Se sarà rieletto, tra quattro anni gli Stati Uniti saranno irriconoscibili, o meglio saranno una brutta copia dell’Europa.

Cosa consigli di andare a visitare agli italiani in partenza per una vacanza a New York e negli Stati Uniti?
A New York, tutto e non solo la Fifth Avenue e strade limitrofe per fare shopping! Fuori New York sicuramente la Monument Valley. Mozzafiato. E fate il tour tra i canyon con i Navaho, una esperienza mistica.

Parliamo dei tuoi libri. Vado a vivere a New York e’ un libro che e’ stato importantissimo prima della mia decisione di partire per gli Stati Uniti. Mi ha dato molte notizie che non riuscivo a trovare altrove. Puoi parlarcene brevemente?
E’ nato da tutte le mie esperienze raccolte nel trasferirmi qui, inclusi tutti gli errori che ho fatto. La nuova edizione, completamente aggiornata, con oltre il 60% di testo in più, nuovi episodi, aneddoti ed esempi, è ancora la “Bibbia” per trasferirsi negli Stati Uniti, ma anche per capirli, trucchi compresi.
Questo libro è uno strumento indispensabile se volete venire qui, avere successo e raggiungere i vostri obiettivi evitando spese inutili, perdite di tempo, errori, stress e quant’altro potrebbe ritardare o, peggio, farvi arrendere e tornare in Italia con l’amaro in bocca.
Ci sono poi migliaia di Aziende italiane che potrebbero esportare con successo negli Stati Uniti se avessero una maggiore comprensione dei meccanismi del mercato e se sapessero come muoversi in un paese che può dare moltissimo ma che non perdona l’improvvisazione.

So che ora sei in onda su Radio Monte Carlo, ma chi ti conosce da molti anni seguiva i tuoi interventi su radio 105 New York e dopo le interessanti puntate di Big Apple Radio. So che molti fan vorrebbero sentirti di nuovo parlare dell’America in un programma dedicato. Hai in progetto qualcosa del genere in futuro?
Ho il progetto di fare a breve un programma in diretta dagli USA, purtroppo non posso dire di più per ora, ma “stay tuned” come dicono qui.

In bocca al lupo per la tua nuova avventura e grazie per la tua disponibilita'.
Ti ringrazio per l’intervista e spero di poterti rivedere a New York.

1 commento:

  1. Con un anno esatto di ritardo, ho scoperto questa bellissima intervista.

    Ero anch'io un fedele ascoltatore del mitico podcast "Big Apple Radio", prima del quale non avevo mai sentito parlare di Spadoni. Forse sono già trascorsi una decina d'anni, ma ancora non ho digerito il fatto che sia stato chiuso! Spero che le vere ragioni non fossero riconducibili a pressioni politiche, o censure di vario genere...

    Mi piace lo stile di Spadoni: deciso, controcorrente, senza peli sulla lingua, ma allo stesso tempo rispettoso. In ogni caso, indipendentemente dalle opinioni politiche (che chiunque è libero di condividere o meno), credo sia oggettiva l'impressionante quantità e qualità di informazioni che egli ci ha sempre inviato da New York.

    Non perdo mai la speranza che Big Apple Radio possa tornare, magari includendo collegamenti realizzati anche da altre parti degli USA.

    In bocca al lupo Stefano!

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