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mercoledì 31 maggio 2017

Le video-interviste: Americano

Non sono molti i canali YouTube di Italiani che vivono in America e raccontano le proprie esperienze di vita quotidiana. Uno di questi è Valter, noto ai più come Americano, una new entry che in pochi mesi ha conquistato centinaia di iscritti, sempre interessati a scoprire e seguire nuovi personaggi assieme ai già noti MirkoJax, Claudio il texano, Gio on the Road e Vivere in America (che si sono tutti gentilmente prestati alle mie domande per questo blog. Alla sezione Interviste). 
Valter vive in California con la moglie e due figlie gemelle simpaticissime (che sono anche apparse  in alcuni show televisivi). Lavora nel campo nautico come comandante di yacht ed è un personaggio solare e scherzoso che mette sempre il buonumore. E' uno di quegli Italiani che, potremmo dire, "ce l'ha fatta", conquistando un certo successo e, credo, una buona stabilità economica ma come sa chi vive in America, se è vero che in questo Paese esiste la meritocrazia è anche vero che qui nessuno ti regala niente e qualsiasi successo va conquistato con l'immancabile gavetta e tanti ma tanti sacrifici. Di Valter mi piace la sua umiltà e semplicità e il grande valore che dà all'amicizia come è evidente dal rapporto che è riuscito a creare ad esempio con Gio on the Road prendendolo sotto la sua protezione quasi come fosse un figlio o un fratello minore. In questa intervista Valter si è dimostrato una persona sensibile, soprattutto quando ha parlato della famiglia rimasta in Italia e sappiamo tutti come non sia facile parlare di questi aspetti personali. Lo ringrazio pubblicamente per aver risposto alle mie domande e spero un giorno di andare a fargli visita a Los Angeles. Un giro in yacht non sarebbe  niente male. 





domenica 5 marzo 2017

Intervista...a me stesso (seconda parte)

6. Cosa hanno detto parenti e amici quando hai detto che saresti andato a vivere in Usa? E cosa dicono quando li senti oggi?
Amici e parenti non hanno detto niente di particolare quando partii per gli Usa oltre 13 anni fa perché a quel tempo non avevo ancora deciso che avrei cercato di trasferirmi qui permanentemente.  Oggi alcuni amici mi chiamano lo zio d'America e credo siano contenti per la vita abbastanza serena che sono riuscito a conquistare in questo Paese. Credo siano anche contenti per il traguardo della green card per il quali le ho aggiornati passo dopo passo e sanno quanto sia stato importante per me riuscire finalmente ad ottenerla. Per quanto riguarda i parenti, ovviamente a loro avrebbe fatto piacere se fossi rimasto in Italia ma hanno capito bene che lì non avevo molte opportunità in ambito lavorativo e quindi hanno accettato la mia vita oltreoceano. Ci sentiamo spesso via WhatsApp, Facebook, Messenger, Skype. Con i mezzi moderni sembra di non essere mai partito. Per fortuna non è come una volta quando si aspettava per mesi una lettera dalla famiglia.

7. Cosa ami e cosa non ami degli Stati Uniti? Come ti sembrano gli Americani (amici, conoscenti, colleghi)?
Amo la gentilezza delle persone,  l'efficienza, il mondo del lavoro, la meritocrazia. Non amo la sanità e il mondo delle assicurazioni, i costi esorbitanti per l'istruzione e il patriottismo estremo di alcuni Americani che pensano di essere sempre i buoni e giusti, i migliori del pianeta e guardano gli altri popoli con un velo di superiorità e anzi a volte non sentono neanche l'esigenza di conoscere ciò che accade fuori dai loro confini. 
E' difficile definire cosa sia un americano perché qui convivono centinaia di razze ed etnie differenti. In generale gli Americani sono persone gentili, semplici e rispettose. Si entusiasmano e si divertono con poco. Non molti hanno la cultura generale, umanistica, di noi europei e a volte non si possono fare conversazioni molto profonde ma sono persone di buon cuore, curiose, genuinamente interessate alle altre culture. E la cosa che mi piace di più è che percepisco che, tranne alcune eccezioni, si sentono tutti allo "stesso livello di dignità umana", dal barbone che dorme sotto ai ponti al Presidente degli Stati Uniti. E' difficile da spiegare ma qui non percepisco quel fastidioso atteggiamento italico del "mi porti rispetto, lei non sa chi sono io", " Io sono io e tu non sei nessuno". I miei colleghi ad esempio sono tutti simpatici e alla mano, alcuni "American born and raised" (nati e cresciuti in America), altri provenienti dai luoghi più disparati del pianeta e diventati cittadini americani solo in età adulta e mi hanno accolto benissimo sin dal primo giorno. Sembra quasi di essere in una famiglia e la giornata lavorativa trascorre in modo piacevole anche quando c'è tantissimo da fare.

8. Uno o piu' episodi curiosi che ti hanno fatto dire: siamo proprio in America! 
Ce ne sono tantissimi. Ne racconto tre.
Episodio 1: la mia prima ricerca di lavoro.
Ero arrivato da pochi giorni in America e avevo appena iniziato a frequentare il college. Sapevo che con il visto da studente mi era concesso lavorare solo part time e solo all'interno del college. Così decisi di andare ufficio per ufficio per lasciare il resume. Poiché in Italia non avevo mai lavorato, il Resume era  scarno: diploma e laurea in Italia, certificazione Office e una breve esperienza studio-lavoro in Irlanda.
Figurati se hanno bisogno di me che sono arrivato da meno di una settimana - pensavo - Sicuramente i pochi studenti che lavorano negli uffici del college sono amici degli amici dei professori. Lasciai il resume in due uffici e al terzo c'era un professore che stava attaccando un annuncio di lavoro in bacheca, per un assistente. Gli dissi che cercavo un lavoro part-time e che mi ero da poco iscritto al college, mi fece accomodare nel suo ufficio, parlammo per 10 minuti, poi andò a prendere l'annuncio in bacheca, lo getto nel cestino e mi disse: puoi iniziare domani? Come? Ero appena stato assunto? Neanche mezz'ora di ricerca, 10 minuti di colloquio e...puoi iniziare domani? E' così facile trovare un lavoro in America? Telefonai subito i parenti per dargli la lieta notizia.
Episodio 2: Fourth of July in spiaggia.
Era uno dei miei primi 4th of July e andai con alcuni amici in spiaggia a vedere i fuochi d'artificio. Alla fine dei fuochi centinaia di persone si dirigevano al parcheggio verso le loro macchine.  Alcuni poliziotti, che avevano vigilato discretamente al buon esito della serata erano in piedi ai lati delle strade per essere sicuri che il deflusso avvenisse senza problemi. A un certo punto la scena per me inimmaginabile: Molti andavano dai poliziotti per stringergli la mano, o semplicemente per augurargli un 4th of July o dirgli Thank you. La mia mente tornò indietro a qualche mese prima quando in Italia assistetti per strada a uno scontro tra  manifestanti e poliziotti. I manifestanti bruciarono cassonetti e lanciarono di tutto ai poliziotti, anche i pericolosissimi sampietrini. Ecco perché un Grazie a un poliziotto mi è sembrato davvero un (piacevole) aspetto tipicamente americano.
Episodio 3: Barbecue del 4 Luglio a casa dei vicini.
Una coppia di vicini mi invitarono un 4 luglio al loro barbecue sul grande prato di casa. Lei è preside in una scuola, lui è un fisioterapista. Immaginavo fossero benestanti perché hanno una bella ma non mi sarei mai aspettato un simile barbecue. Era stato tutto organizzato nei minimi dettagli e senza badare a spese. Eravamo una cinquantina di invitati. Sul prato fuori casa avevano posizionato grossi tavoli di legno, sedie, e dei grandi gazebo gazebo per chi avesse voluto mangiare più al fresco. E poi scivoli, piscine e altri giochi per i bambini. E un'abbondanza di cibo mai vista: un intero maiale allo spiedo, hot dog, hamburger, bistecche, pasta, dolci e centinaia di birre in dei grossi contenitori con ghiaccio. Nel pomeriggio il karaoke e poi un gruppo di cantanti a cappella professionisti (qui li chiamano barbershop quartet) che ci allietarono per un paio di ore. E a fine serata, appena fece scuro...i fuochi d'artificio. Non due razzi o due fiammelle. Dei fuochi spettacolari, che durarono almeno mezz'ora per la gioia di tutti gli invitati. Credo che abbiano speso almeno 20-30mila dollari per un barbecue che non dimenticherò mai.

9. Cosa ti mancava e cosa ancora ti manca dell'Italia? 
Gli amici di lunga data con i quali potevo uscire ogni volta che volevo, almeno una volta a settimana, solitamente il sabato. Qui anche se hai degli amici, causa lavoro o distanze, generalmente li vedi una volta ogni 2-3 settimane, e bisogna organizzarsi per tempo, altrimenti puoi trascorrere molti weekend senza vedere nessuno. Per fortuna ho tanti hobby ed interessi e mi piace stare anche  da solo e quindi non mi pesa quando restare a casa un weekend, ci sono abituato e anzi nei periodi più freddi mi piace molto. Un episodio che fa capire come è più difficile costruire amicizie in America. Qualche anno fa cercai di formare un gruppo rock con dei ragazzi americani. Eravamo in quattro e la cosa sembrava promettere bene ma poi  dopo poche settimane...uno trovò un secondo lavoro e doveva lavorare al weekend, un altro venne trasferito dalla sua compagnia in un altro stato e quindi il progetto fallì in poche settimane. Ci perdemmo di vista e ognuno per la sua strada, per la sua vita casa-lavoro e qualche svago ogni tanto. In Italia non sarebbe mai successo e ricordo infatti che quasi ogni sabato andavo a suonare con i miei amici in una casa di campagna. Lo abbiamo fatto per anni e non ci siamo mai persi di vista.
Ovviamente mi manca anche il cibo italiano anche se qui se cerchi (e spendi di più) puoi trovare di tutto.
E mi manca a volte anche la famiglia e non poter essere con loro a condividere gli eventi importanti o i periodi difficili che caratterizzano tutte le famiglie ma con Skype e social media vari riusciamo sempre a tenerci in contatto.

10. Pensi che rimarrai a vita in USA o un giorno tornerai a vivere in Italia?
Ho già fatto l'errore di tornare in Italia dopo aver vissuto oltre sei anni in Usa ma è stato un tentativo che volevo fare perché era ora di cambiare aria e non me ne sono pentito perché alla fine è comunque servito a convincermi che la mia vita è qui in America e non potrei vivere in nessun altro luogo al mondo. L'Italia è sempre nel cuore e per questo penso che tornerò a godermi lì gli anni della pensione. Per ora mi tengo il lavoro, l'efficienza e la meritocrazia. Tra una trentina d'anni mi terrò le bellezze, le atmosfere e la genuinità del Paese più bello del mondo.

lunedì 27 febbraio 2017

Intervista...a me stesso (prima parte)

Ciao a tutti, dopo le interviste ai cinque amici YouTuber che vivono in Usa, qualcuno mi ha chiesto di rispondere alle stesse domande. Ci avevo già pensato e poiché non sono un famoso YouTuber e prediligo la forma scritta, lo faccio volentieri sul blog, in due post. 

1. Raccontaci la storia che ti ha portato dall'Italia agli Usa.
Mi sono innamorato degli Stati Uniti sin da bambino quando i miei genitori portavano tutta la famiglia qui in vacanza, ogni 4-5 anni, in visita ai parenti italo-americani. Sono rimasto subito incantato dalle luci di New York, dal dinamismo della città e dalla mescolanza di diverse etnie. Un semplice giro serale in macchina con gli zii, con lo sfondo della magica skyline di Manhattan, o una passeggiata sulla 5th Avenue mi suscitavano forti emozioni ed erano in grado di darmi energia anche perché avendo vissuto in un piccolo paese del sud Italia, il contrasto era incredibile e infatti ogni volta che tornavo in Italia provavo un forte senso di  nostalgia per gli Stati Uniti.  Per anni però ho considerato l'America solo  un luogo per fare vacanza ma le cose cambiarono l'11 settembre 2001. In quel periodo studiavo all'università e mancavano pochi esami alla laurea. Sin dai primi anni di corsi non sopportavo molti miei professori che nonostante fossero preparati, e spiegavano argomenti interessantissimi, erano palesemente anti-americani e ci facevano studiare argomenti che ridicolizzavano gli Stati Uniti e lo stile di vita degli Americani. Nel giro di pochi corsi vidi cambiare molti studenti, miei amici, da ragazzi equilibrati ad antiamericani sfegatati, e molti di loro si rivelarono addirittura contenti l'11 settembre quando migliaia di innocenti morirono sotto uno degli attacchi più vigliacchi e sanguinari nella storia dell'umanità. Nei giorni successivi notai anche che non era solo l'anti-americanismo che mi circondava a darmi fastidio ma molti di quelli che mi stavano attorno erano cinici, lagnosi, pessimisti, pigri, disfattisti. Respiravo, insomma, un clima opprimente che mi spegneva ogni energia e io avevo il bisogno di cambiare aria.  Cosi dissi a me stesso: appena mi laureo mi regalo una vacanza e me ne vado in America per qualche mese. Non avevo un progetto preciso, volevo solo vivere in America per qualche mese, prendere informazioni, guardarmi attorno, e capire se davvero mi sarebbe piaciuto vivere per qualche tempo, magari un anno o due, in questo Paese. Non avevo progetti a lungo termine ma le cose cambiarono in fretta e a  13 anni di distanza sono ancora qui.

2. Cosa fai qui in USA? Di cosa ti occupi? Hai cambiato più lavori?
Mi occupo di import-export.
Come tutti ho cambiato lavoro più volte. Appena arrivato ho trovato lavoro, part time, nell'ufficio ESL del college che ho frequentato. Poi ho iniziato anche a dare lezioni private di italiano, chitarra, matematica. Poi ho lasciato il lavoro al college e ho trovato lavoro come  cassiere in una farmacia-supermercato e allo stesso tempo, al weekend, facevo le pulizie in un palazzo a tre piani, pieno di uffici. Il primo periodo in America insomma sembrava un film: non potevo permettermi una macchina e correvo da una parte all'altra della città e  nei paesi limitrofi muovendomi con i mezzi, facendo lunghi tratti a piedi con il vento gelido che mi tagliava le mani e mi faceva lacrimare gli occhi. Seguivo i corsi al college, facevo gli homework, andavo a dare lezioni private, poi scappavo per fare il turno al supermercato, poi al weekend facevo le pulizie in quel palazzo (aspirapolvere, vetri, pavimenti e cessi compresi) come un vero Cenerentolo. Due anni durissimi senza un attimo di tregua ma poi, dopo la laurea biennale, le cose sono iniziate a cambiare. Trovai subito dopo il mio primo vero lavoro full time nel settore import-export, per un'azienda, e poi qualche anno dopo ho trovato lavoro nello stesso settore ma per una compagnia più importante che mi da più benefits e uno stipendio più alto. E sono ancora qui.

3. Quale e' stato il tuo percorso per rimanere qui in termini di visti, green card?
Dopo i primi tre mesi da turista mi sono iscritto a un community college in modo da ottenere uno student visa della durata di due anni e avere così più tempo per guardarmi attorno, perfezionare la lingua e  prendere una utile laurea biennale americana (investendo  tutti i miei pochi risparmi). In realtà mi ero appena laureato in Italia e non avevo  voglia di rimettermi a studiare ma era  parte di una strategia a lungo termine per cercare di trasferirmi qui permanentemente e quindi ho seguito i corsi con entusiasmo e dopo due anni ho finalmente preso il famoso "pezzo di carta" americano. 
Dopo i due anni di college, l'immigration mi ha concesso di lavorare full time per un anno, per qualsiasi employer, sotto OPT. Durante quell'anno sono stato assunto da una compagnia di import-export che mi ha fatto ottenere un visto di lavoro H1B, della durata di tre anni. Poi sono tornato in Europa per tre anni ma è stato un errore e quindi ho deciso di tornare di nuovo qui in cerca di lavoro. Il blog come sapete nasce proprio da quella decisione. Chi mi ha seguito sa che sono stato fortunato e sono stato assunto da un'azienda che mi ha fatto un altro visto di lavoro H1B e poi mi ha anche sponsorizzato per la green card che ho ottenuto pochi mesi fa, raggiungendo un traguardo che solo pochi anni fa pensavo fosse irraggiungibile. 

4. Farai domanda per la cittadinanza americana? (se non sei gia' cittadino)
Penso di si. So che molti italiani decidono di fermarsi alla green card, chi perché non ha tempo o voglia di studiare per l'esame per la cittadinanza, chi per un questione di fedeltà alla bandiera italiana, chi per altri motivi, ma io non ho problemi perché è concesso mantenere la cittadinanza italiana e poi la mia vita è qui in un Paese che mi ha accolto più volte a braccia aperte regalandomi un futuro e una vita serena. Probabilmente richiederei la cittadinanza americana anche se mi dicessero che dovrei rinunciare a quella italiana. 
Qualche nota su green card e cittadinanza: si può richiedere la cittadinanza dopo 5 anni con la Green Card. Green Card e cittadinanza hanno poche differenze. Con la cittadinanza americana si può votare ma bisogna andare al jury duty quando si viene sorteggiati, solitamente ogni 3-4 anni. Con la green card non si può votare ma si viene esonerati dal jury duty. La green card va rinnovata ogni 10 anni ma se si ottiene la cittadinanza americana  non ce ne è più bisogno perché la cittadinanza di fatto "assorbe" la green card.

5. Le prime impressioni di un Italiano in Usa. Differenze con l'Italia?
Ho notato subito la gentilezza delle persone. Le persone che dicevano sorry o thank you per ogni minima cosa e mi salutavano per strada anche se non mi conoscevano. La prima volta ho pensato: Ma chi è questo e perchè mi ha salutato? Io non lo conosco. Al mio paese in Italia succede il contrario, una sorta di duello in cui due che camminano si incrociano  e pensano fino all'ultimo secondo: Vediamo se mi saluta lui. Io di certo non lo saluto per primo. E poi i due passano oltre e nessuno saluta l'altro. Mi hanno anche stupito le macchine che si fermavano all'improvviso appena mettevo un piede sulle strisce pedonali. E poi nei negozi e negli uffici pubblici erano tutti cordiali e gentilissimi e tenevano la porta aperta se stavano entrando e vedevano che stavo per entrare anche io dietro di loro, magari a molti metri di distanza ma, per gentilezza, non entravano nel negozio fino a quando non mi fossi avvicinato a loro per entrare subito dopo di loro. In confronto all'Italia questa gentilezza mi faceva sentire come in un film di Mary Poppins ma mi ci abituai presto e oggi non potrei più farne a meno.
L'altro aspetto che ho notato subito nei primi giorni è che qui tutto funziona in modo efficiente. Ad esempio a volte dicevo a me stesso: l'Inglese non è la mia prima lingua e in teoria dovrei entrare in un ufficio pubblico o una banca con un minimo di preoccupazione  perché non so se riuscirò a spiegare perfettamente ciò di cui ho bisogno e invece sono sereno e addirittura mi sento meno a mio agio e sono più preoccupato prima di entrare in un ufficio  italiano perché a differenza degli usa, in Italia potrebbero dirmi di ritornare perché manca un impiegato, manca una pratica, manca un timbro, c'è una fila di 3 ore, un computer non funziona, la titolare è in vacanza.
Mi ha stupito vedere tantissime donne al volante, tutte dinamiche e tutte in carriera. Moltissime alla guida di giganteschi 4 x 4. Certo in Italia non siamo più negli anni 50 ma a me sembrava proprio che  il 100% delle donne fossero lavoratrici e che non esistessero casalinghe.
La differenza più lampante comunque è il dinamismo delle persone. L'ho notata dai primi giorni. Qui nessuno si piange addosso o resta fermo ad aspettare gli aiuti di un amico, di un politico o dello Stato. Le persone rischiano di più e si mettono in gioco perché sanno che il loro destino dipende solo e unicamente da loro stessi. Ipotecano anche la casa pur di aprire una arrività in cui credono e pazienza se falliscono. Non è grave. Fa parte della natura delle cose. Bisogna vergognarsi se non provano, non se provano e poi falliscono. Perchè da un fallimento si può imparare e ci si può rialzare per provarci un'altra volta. 

giovedì 23 febbraio 2017

Le video-interviste: Gio on the road

Ciao a tutti, oggi vi presento Gioele, meglio noto come Gio on the Road alla comunità YouTuber. Siamo amici da qualche anno, quando ho iniziato a seguire il suo (vecchio) canale Mr.Romoletto88 e lui ha iniziato a seguire il mio blog.  Gli feci un'intervista già qualche anno fa e potete leggerla qui. Lo ho perso un pò di vista negli ultimi tempi perché credo che abbia deciso di staccare con i social media  per un certo periodo (lo ho fatto anche io recentemente) ma  poi lo ho ritrovato non tempo fa con il suo nuovo canale Gio on the Road. Gioele è uno di quegli italiani che si è trasferito in Usa per amore, dopo aver conosciuto e sposato una ragazza americana, Laura, e ha iniziato così la sua nuova avventura americana prima a Nashville, poi a Washington e ora a Los Angeles. Come ricorda spesso, stava molto bene in Italia, tra famiglia, amici, un buon lavoro ma quando l'amore chiama...bisogna prendere quell'aereo e partire  senza pensarci anche se ciò vuol dire trasferirsi dall'altra parte dell'oceano. Gioele ha cambiato più lavori e ora è molto occupato con la sua nuova sfida: aprire un ristorante-pizzeria a Los Angeles con il suo migliore amico Luigi. Mi piace Gioele perché è un ragazzo semplice, umile, spontaneo, che racconta gli States in modo sincero e distaccato con tutti i loro pregi ma anche i difetti. Lo ringrazio pubblicamente per l'intervista e gli faccio il mio in bocca al lupo per l'apertura del suo ristorante dove spero di andare presto. E anche voi, se andrete a Los Angeles dovete fare tappa fissa da Gioele. Ditegli che vi ho mandato io! Ecco la sua intervista.



Potete seguire Gioele sul suo canale: Gio on the Road.

mercoledì 22 febbraio 2017

Le video-interviste: Claudio il Texano

Ciao a tutti, chi si trasferisce in America solitamente sceglie di vivere a New York, Los Angeles, Miami o Chicago o comunque in uno degli stati della East o della West Coast. E' meno probabile trovare un italiano in uno stato più interno ma ce ne è uno che vive in Texas ed è molto seguito su YouTube: Claudio...il Texano.
Conosco Claudio da molto tempo, se non ricordo male iniziò a seguirmi sul blog anni fa e poi ci scambiammo alcune email. Mi diede delucidazioni su visti e green card e ricordo bene che qualche anno fu talmente gentile da registrare un video, che mi mandò per email, per spiegarmi meglio alcuni dettagli sul procedimento per la green card poiché lui la ha ottenuto seguendo lo stesso percorso, tramite sponsorizzazione di lavoro, ma molti anni prima di me.
Mi piace seguirlo perché racconta la vita vera, spesso dura e faticosa che solitamente vive una persona normale in uno stato come il Texas. Non se la passa male ma la sua vita è sicuramente diversa da quella che potrebbero immaginare gli Italiani che sognano gli States: molto lontana dal glamour e dalle luci scintillanti di New York o Los Angeles. Claudio fa il camionista e alza polvere ogni giorno con il suo camion macinando chilometri tra paesaggi aridi e desertici. E' un gran lavoratore che fa tutto per la moglie e il figlio e sogna un giorno di vederlo iscritto ad una ottima università americana.  E' un tipo umile e tenace che ha capito bene che in Usa nessuno ti regala niente, la vita non è tutta rose e fiori ma con un pò di sacrificio in questo Paese puoi ancora prenderti molte soddisfazioni e vivere una vita serena, con poche preoccupazioni.  Godetevi l'intervista e grazie Claudio!


martedì 21 febbraio 2017

Le video-interviste: Mirko e Marta

Rieccoci alla video intervista degli YouTuber Italiani in America. Oggi vi presento Mirko e Marta.
Vivono a Jacksonville in Florida. Pochi giorni fa gli ho inviato le domande per la video intervista, suggerendogli di fare un'intervista doppia, in stile Iene, ma non mi sarei mai immaginato di vedere cio' che hanno combinato ma da loro ci si puo' aspettare di tutto. Sono molto simpatici e spesso ridiamo e scherziamo anche con loro pero' a distanza, via social media. E' questo il destino delle amicizie, virtuali, quando si vive a miglia di distanza.
Mirko e' un graphic designer un po' pazzoide, con centinaia di interessi e passioni di cui ci racconta nei suoi percorsi in macchina casa-lavoro. Marta, sua moglie, e' simpaticissima e non si ferma un attimo. Studia Health Information Technology e insegna, come tutor al college e privatamente, italiano, spagnolo e francese. 

Poiche' gli hanno fatto gia' tante interviste, piu' o meno con le stesse domande, per scherzo hanno pensato di far rispondere altri due membri della famiglia, delle vere star note a chi li segue sui loro canali: il gatto Ciuski e il cane Pepita. (E' evidente da questo video la creativita' di Mirko...un'intervista con lo stile grafico identico a quelle delle Iene!).
Se volete leggere un'intervista meno goliardica vi lascio il link di quella, scritta, a Mirko di qualche anno fa: Intervista a Mirkojax.
Potete seguire Mirko e Marta sui loro canali:

venerdì 17 febbraio 2017

Le video-interviste: Matteo Bertoli

Rieccomi amici! Chiedo scusa per la mia assenza ma negli ultimi mesi sono stato molto impegnato con il lavoro e un breve viaggio in Italia e inoltre ho deciso di staccare la spina per qualche tempo da internet e i social media e per forza di cose ho dovuto, purtroppo, trascurare anche il blog ma ora sono tornato con qualche nuova idee che spero vi possa piacere.
Chi mi segue da tempo avrà letto le interviste che feci ad alcuni Italiani che vivono negli Stati Uniti  (e anche una ad un mio caro amico americano che vive in America ma viaggia spesso in Italia).
Sono tutte alla sezione Le Interviste del blog.
Oggi inauguro una nuova sezione più "visiva": Le video-interviste agli YouTuber italiani in America. Si tratta di interviste a YouTuber molto seguiti che raccontano ogni giorno le loro esperienze quotidiane in America e ci portano per le strade, gli uffici, le case, i negozi, i pub, i fast food e tanti altri luoghi di questo Paese o molto spesso più semplicemente ci raccontano la loro America nel percorso in macchina tra casa e lavoro.
Con alcuni di loro, tramite Facebook, WhatsApp, Messenger, siamo diventati grandi amici e ci sentiamo quotidianamente; si ride, si scherza, si parla anche spesso con animosità e ci raccontiamo le nostre giornate di emigrati con la testa tra due continenti. Per ora il tutto avviene virtualmente perché  ognuno vive in uno stato diverso a migliaia di Km di distanza ma magari un giorno ci incontreremo tutti. 

Iniziamo oggi con Matteo Bertoli, filmmaker di Brescia con molta esperienza alle spalle, che ha vissuto in California e si è da poco trasferito in Utah con sua moglie Corinna che lo affianca in questa nuova avventura americana. Ultimamente si è dovuto scontrare con una certa severità (o forse un cambio di politica?) dell'Immigration, ed è stato, credo, anche un pò sfortunato, come potrete sentire dalle sue parole, ma non si è perso d'animo e grazie alla sua tenacia è riuscito a tornare in America dove è un artista affermato e sono sicuro, che presto prenderà il volo anche perché qui basta un attimo, un colpo di fortuna, la conoscenza magari casuale del contatto giusto e la tua vita può cambiare da un giorno all'altro. Io gli faccio il mio in bocca al lupo via blog...anche se già adesso non se la passa certo male! Ecco le sue risposte alle mie 10 domande:


Potete seguire Matteo sul suo canale YouTube: Vivere in America 
Enjoy e...stay tuned for more updates!

martedì 18 giugno 2013

Intervista a Vincenzo Tettamanti: blogger di Vivere in Usa



Vincenzo Tettamanti e' uno dei tanti giovani italiani che qualche anno fa ha deciso di andare a vivere negli Stati Uniti. Lo ho conosciuto tramite il suo blog VivereinUSA.com, pieno di informazioni utili e curiosita' sul modo di vivere americano. Anche la sua esperienza in Usa e' molto interessante e gli ho quindi chiesto un'intervista per TornoavivereinAmerica e ha gentilmente accettato. 

Ciao Vincenzo, da quanto tempo sei in Usa? Eri gia’ stato in USA in passato?
Ciao Luca. Sono in USA dal 2009, Maggio 2009 precisamente. Prima non avevo mai messo piede negli States, ma avevo comunque viaggiato molto in Europa, studiato in Spagna per un anno e vivevo gia’ a Milano per lavoro.

Quali motivi ti hanno spinto a lasciare l’Italia?
Principalmente la mia ragazza. Conosciuta a Milano e Americana del NJ. Senza di lei non avrei mai pensato, all’epoca (2008), di lasciare l’Italia in pianta stabile. Se adesso invece fossi ancora in Italia e con la crisi che c’e’ magari ci penserei, ma forse opterei per un altro paese europeo.

Raccontaci le tue prime impressioni appena arrivato negli Usa. Ti sei sentito spaesato? E’ stato facile ambientarsi?
Appena sono arrivato negli USA sono sbarcato all’eroporto di Newark, NJ – per chi non l’avesse mai usato non e’ proprio nell’area piu’ bella degli USA.  Considera anche che non ero mai stato negli USA prima. Mi ricordo ancora il viaggio in auto dall’aeroporto a casa, le autostrade giganti, i quartieri residenziali tutti uguali, e’ stato un impatto decisamente strano, quasi da film.
Per il resto, mi sono sentito molto spaesato: non conosci nulla, non sai dove andare, hai pochissimi contatti locali, non hai un cellulare, niente amici. Secondo me, se si viene da soli ci vuole un po’ di tempo ad ambientarsi, a capire come funziona il tutto, a orientarsi e conoscere l’area. Gli USA sono enormi, e soprattutto il Nord Jersey e’ un’area molto popolata: tutt’ora quando torno su dai parenti della ragazza e passo dalla Pennsylvania (che e’ grande come mezza Italia) al NJ e’ davvero tutt’un altro mondo: troppa gente, congestionato, un paesino sopra l’altro, poco spazio.

Di cosa ti occupi?
Lavoro nel Marketing, come Marketing Manager. Sono laureato in Economia e in Italia lavoravo nel marketing messaggi in Vodafone: hai presente Christmas/Summer card? Infinity SMS e via dicendo? Ecco io e altri due product managers decidevamo le promozioni e tariffe varie.

E’ stato facile trovare lavoro e ottnenere un Visa? Hai attuato una strategia particolare per trovare lavoro che consiglieresti ai lettori?
Ci ho messo un’estate intera a trovare lavoro. C’e’ anche da dire che vivevo in NJ e cercavo lavoro a Philadelphia, perche’ dopo l’estate ci saremmo trasferiti li (quasi 2 ore di auto). Appena arrivato a Philadelphia sono riuscito ad andare a una job fair locale e li ho trovato l’azienda che poi mi ha assunto. All’inizio le job fairs sono ottime opportunita’ per incontrare i recruiters di persona. Mandare solo CV in giro non basta, soprattutto per non americani. Anche se non possono per legge “discriminare” un Americano da un non-Americano, restano comunque molto scettici all’inizio – ma se fossi un immigrate in Italia sarebbe ancora peggio, non avrei avuto speranze.

Quali sono le differenze tra il mondo del lavoro italiano e americano?
Tante, troppe. Qua si lavora di piu’, e in genere a ritmi piu’ alti. Hai pochissime ferie, permessi nulli, giorni di malattia contati e i contratti sono totalmente diversi. Il posto fisso, I sindacati, la maternita’ – tutto questo in genre non esiste (a meno di lavorare in certe categorie protette). Il mercato del lavoro e’ molto piu’ flessibile e proprio per questo ora gli USA si stanno rialzando dalla crisi molto piu’ rapidamente dell’Italia. In generale il lavoratore non e’ molto protetto, questo fa anche si che la gente si dia piu’ da fare e lavori meglio. Tutto il mondo e’ paese comunque, e gli impiegati pubblici ad esempio anche in USA sono molto simili a quelli nostrani! Comunque, in genere se lavori bene e ti dai da fare, non hai da temere per il posto, a meno che non succeda qualcosa di molto grave (se l’azienda chiude o va male e deve tagliare personale).

In generale quali sono le maggiori differenze che hai riscontrato tra Italia e Stati Uniti?
Differenze di abitudini, di idee e di vita. Cose che avevo anche gia’ riscontrato vivendo all’estero in Europa, ma che secondo me in USA diventano ancora piu’ estreme. In generale poi gli Americani sono molto alla mano, easy going come dicono loro, ma sto facendo davvero molta fatica ad ottenere una relazione piu’ profonda e sincera. Ho letto che molti altri Italiani hanno questo problema, e non capisco se derivi dal fatto che siamo stranieri, o proprio perche’ qua e’ cosi’.  In generale comunque a me sembrano molto “finti” e esagerati nell’esternare emozioni, ma puo’ benissimo essere che sia strano io.

Ci sono differenze sostanziali nel modo di pensare tra Italiani e Americani?
Sicuramente, noi Italiani siamo secondo me piu’ abituati ad uscire dagli schemi, ad arrangiarci e ad improvvisare. Gli Americani in genere sono molto metodici, non prendono sempre l’iniziativa e sono molto rispettosi delle regole (che non e’ necessariamente una cosa negativa).

Hai conosciuto Italo-Americani? Come si rapportano verso l’Italia e gli Usa?
In quest’area c’e’ pieno. In genere si sentono piu’ italiani di te, credono di sapere tutto e sono molto legati alla patria e all’idea di essere “Italiani”. Che poi in genere non visitano mai e restano attaccati a tradizioni e idee vecchie di decenni. E la cosa mi fa spesso incavolare, perche’ non hanno idea della vera cucina italiana, delle vere abitudini (o quanto meno di quelle del dopoguerra), ma nonostante tutto parlano come se fossero tornati ieri da una vita spesa nel bel paese. In generale c’e’ un’ignoranza sull’Italia e l’Europa che fa paura.

Torni spesso in Italia? C’e’ qualcosa che ti manca degli Usa quando torni in Italia?
In Italia sono rientrato due volte da quando sono qua, purtroppo non ho molte ferie a preferisco esplorare questo nuovo Paese per ora. Oramai vivo qua, quindi in Italia mi sento in vacanza, mi sento di non appartenere piu’ alla quotidianita’. Torno alla mia citta’ e vedo cose nuove, la gente e gli amici di sempre che crescono e cambiano, e’ una sensazione strana anche perche’ ancora non mi sento radicato in USA al 100% - e’ una sorta di limbo..

E invece cosa ti manca dell’Italia quando sei in Usa?
Il cibo, la famiglia, gli amici e la bellezza del nostro Paese – tutte cose che in genere si danno per scontate.

Ci sono molti giovani italiani, anche tra i lettori del blog, che sognano di trasferirsi in America. Tuttavia molti non hanno idea di quanto sia difficile riuscirci. Cosa consiglieresti a questi ragazzi?
Il mio consiglio e’ pianificare, pianificare e organizzarsi..e informarsi. Sono finiti gli anni in cui si arrivava e si sperava. Quelli erano gli anni ’20, ora e’ tutto diverso. Inoltre bisogna essere forti, essere pronti a ripartire da zero (piu’ facile a dirsi che farsi poi davvero), essere pronti a sentirsi soli e magari incompresi, essere pronti a fallire, ma tirarsi su subito. Non e’ da tutti, ma non e’ nemmeno andare al patibolo ecco! Per i giovani, il consiglio migliore e’ quello di prendere una laurea specialistica che valga al di fuori dell’Italia (Economia, marketing, pubbliche relazioni – qua in USA tira parecchio – relazioni internazionali, ingegneria, medicina). Se si hanno invece disponibilita’ economiche, studiare in USA facilita sicuramente l’inserimento sul lavoro – senza dubbio.

Sappiamo che gli stipendi in Usa sono mediamente molto piu’ alti che in Italia. Ma come e’ il costo della vita?
Mah, paragonare i due Paesi a livello di costo della vita e salari e’ impossibile, ci sono troppe differenze. Alcune cose qua costano meno, altre no, le tasse sono piu’ basse, ma poi paghi molte altre cose che in Italia diamo per scontate (la sanita’ pubblica su tutte).  Io trovo che gli affitti sono in genere molto piu’ alti a parita’ di location, fare la spesa costa molto (soprattutto se si comprano cose sane e di qualita’), la benzina e l’auto in generale (a parte l’assicurazione) costa meno, fare shopping e’ piu’ economico e in generale tutto e’ sempre in saldo. Anche andare fuori a cena e’ piu’ economico in genere, ma la qualita’ del cibo e’ molto scadente. Qua in USA tutti vanno sempre in pubs, catene e fast food, per quello spendono poco, ma la qualita’ del prodotto e’ appunto scadente. I ristoranti seri si fanno pagare anche qua e poi in piu’ sei obbligato a lasciare le mancie – una vera tassa!

Il tuo website VivereinUsa.com ha un grandissimo successo. Raccontaci come e’ nata l’idea e quali sono le richieste piu’ frequenti che ricevi tramite il sito.
Grandissimo successo no – ehehe, pero’ cresce continuamente e c’e’ una community molto attiva e partecipe. L’idea e’ nata dopo essermi trasferito, e non aver trovato un solo sito italiano che desse consigli e dicesse per filo e per segno cosa fare. Se avessi avuto qualcuno come me all’epoca – avrei risparmiato un sacco di tempo e soldi e ricerche online: un servizio pero’ che gli Italiani non capiscono al 100% - vogliono tutto gratis e subito...sono abituati bene. Non sai quanta gente mi scrive e pretende risposte, aiuto senza nemmeno ringraziare. Le richieste piu’ comuni: Come posso venire in USA? Come posso aprire qualcosa in USA? – proprio cosi’, richieste molto generiche che ti dimostrano come nonostante tu metta loro a disposizione moltissime info utili e gratis, comunque non le leggono :)

Tornerai a vivere in Italia o cercherai di restare in Usa?
Per ora, rimango in USA. Sto cercando di mettermi in proprio, magari aprire qualcosa di mio e sviluppare VivereinUsa.com ancora di piu’. Abbiamo gia’ collaborazioni e alcuni progetti interessanti che sto sviluppando. Non escludo comunque un giorno di rientrare, e magari fare avanti e indietro. Avere due famiglie in due continenti separati non e’ comodissimo purtroppo.

Ho scritto un post intitolato 100 delle cose che ho imparato in America.
Quali sono le prime "cose che ho imparato in America" che ti vengono in mente? (curiosita’,  modi di pensare, differenze culturali…)
  • Ho cambiato idea sugli hamburgers – mai mangiato un buon hamburger a casa (certo c’e’ altro di meglio)
  • Ho imparato ad essere piu’ solidale col prossimo, qua in USA (almeno all’apparenza) la gente e’ piu’ interessata ad aiutare, a fare volontariato e carita’
  • Ho avuto conferma del fatto che, come si mangia in Italia non si mangia da nessun’altra parte.
  • Ho imparato che non serve spendere 50mila$ all’anno al college per essere piu’ bravo o sveglio a lavoro – ma spesso qua il nome della scuola conta piu’ di quanto si immagini (alla faccia della famosa meritocrazia USA)
  • Ho imparato che come gli altri hanno preconcetti e stereotipi su noi italiani, noi li abbiamo sugli americani, ma in genere li conosciamo meglio di quanto loro conoscano noi
  • Ho imparato quanto siano “ingoranti” (nel vero senso della parola, che ignorano) del mondo che li circonda al di fuori del loro paese (geografia, storia, cultura).
  • Vedendo l’Italia da fuori, ho imparato che e’ davvero un miracolo che ancora non sia scoppiata una guerra civile e che dopotutto siamo un paese membro del G8.
Grazie Vincenzo per aver accettao la mia intervista e in bocca al lupo! 


sabato 8 giugno 2013

Intervista a Giovanni Vincenti: tornare a vivere in Italia?

Qualche giorno fa vagando su internet ho trovato questa interessante testimonianza di Giovanni Vincenti, un italiano che dopo aver vissuto per molti anni negli Stati Uniti a un certo punto decide di tornare in Italia per poi fare marcia indietro e tornare di nuovo negli Stati Uniti. La sua storia e' molto simile alla mia anzi a dire il vero la sua decisione e' maturata in modo molto piu' veloce perche' come sapete io ci ho impiegato oltre due anni per decidermi a tornare in America. Ad ogni modo ho contattato Giovanni Vincenti, gli ho chiesto un'intervista ed ha gentilmente accettato.
Prima delle domande per l'intervista vi segnalo il link alla sua storia e una breve intervista che gli venne fatta da Repubblica TV.

Ciao Giovanni, da quanto tempo sei negli Usa? Dove vivi? Di cosa ti occupi?
Sono negli USA dal luglio 1995 per frequentare il quarto anno di liceo all'estero. Per il primo anno ho vissuto a Rockville, una cittadina del Maryland a nord di Washington. Nel gennaio 1997 sono venuto a Towson, sempre nel Maryland, ma questa volta a nord di Baltimora. Il trasferimento e' dovuto all'inizio degli studi universitari presso la Towson University, dove ho conseguito laurea, master e dottorato. Una volta concluso il dottorato nel campo di tecnologie informatiche applicate ho iniziato a lavorare sempre presso la Towson University come docente. Se tutto va bene a partire da agosto passerò alla University of Baltimore come Assistant Professor.

Come sono stati i primi mesi negli Usa? Hai riscontrato differenze con l’Italia?
Avendo lasciato l'Italia a 16 anni i primi mesi sono stati molto difficili. Ho lasciato l'Italia non tanto per fare l'esperienza di quarto anno all'estero, ma più per prepararmi al mondo universitario americano. Quindi l'anno che ho passato al liceo e' stato più un anno di transizione e preparazione che un anno di divertimento. Ovviamente ad un'età cosi giovane tutto sembrava diverso. Col passare degli anni ho iniziato a cogliere le somiglianze tra la realtà italiana e quella americana. Ma all'inizio soprattutto mi sembrava di vivere in un universo parallelo.

Come e’ il mondo accademico americano? Differenze con l’Italia?
Non ho mai vissuto il mondo accademico italiano sulla mia pelle, quindi non potrei fare paragoni diretti e soprattutto con cognizione di causa e tanto di nomi, cognomi ed eventi. Devo dire però che ascoltando le esperienze di amici e collaboratori che hanno vissuto o che attualmente vivono nel mondo accademico italiano queste due realtà sono davvero universi completamente separati. Anche se il sistema accademico americano non e' perfetto, per lo meno si può sperare in un accenno di meritocrazia. A quanto sembra l'Italia invece vive di un meccanismo opposto. Sicuramente esistono casi di eccellenza e soprattutto di persone che hanno fatto carriera in base al merito, ma fino a circa un anno fa i giornali riportavano quasi settimanalmente di casi di professori che vengono rimpiazzati dai figli. Forse i tagli di budget non permettono agli atenei di rimpiazzare le targhette sulle porte, e sono costrette ad assumere persone con lo stesso cognome dei professori uscenti? Nella sua irrazionalità, questa forse e' una soluzione più sensata della promozione di una persona con l'esperienza di un trentenne al posto di primario: La carriera del primario che operava i manichini. Come avrai capito dall'ironia non tanto velata questa cosa mi fa arrabbiare al solo pensarci. Se davvero dovessi dipendere dal sistema accademico italiano mi troverei a portare avanti battaglie contro i mulini a vento dalla mattina alla sera. Ovviamente non credo che il sistema cambierà, dato che coloro che possono cambiarlo sono i primi ad essere responsabili della situazione in cui si trova. E che non si giustifichino dicendo “il sistema funziona cosi” perché se riceviamo in eredità un campo che e' sempre stato coltivato a zucchine non dobbiamo mica continuare a piantare sempre e solo zucchine. Il mondo accademico italiano e' fertile, i cervelli e l'inventiva sono le stesse che ci hanno portato all'invenzione del telefono, alla scoperta delle onde radio, alle opere del rinascimento. Ce l'abbiamo nel DNA, e le persone che stanno soffocando l'accademia italiana non sono solo assassini delle carriere di altri esseri umani, ma sono assassini del potenziale progresso che un gruppo di ricerca “figlio di nessuno” avrebbe potuto portare all'umanità intera. E invece devono fare un favore a questa o quella persona, quindi quel posto in teoria e' vacante, ma in pratica e' già stato assegnato al figlio di... E qui c'è anche da dire che il sistema svaluta i figli che si impegnano. Se i figli di una persona che si e' meritata il posto riescono, tramite sudore, fatica e lavoro ben fatto, a meritare anch'essi lo stesso posto di lavoro o comunque posti in vista, vengono automaticamente declassati a “assunti perché figli di”.

Come e’ il mondo lavorativo americano? Differenze con l’Italia?
Il mondo lavorativo americano non e' perfetto. Anche qui esistono casi di nepotismo, anche qui “l'amico dell'amico” può dare una mano, ma l'incapacità della persona quasi sempre porta all'isolamento e molto spesso alla perdita del lavoro. Soprattutto i collaboratori non hanno paura di denunciare l'incapacità o l'ostruzionismo di colleghi, quindi cerchiamo sempre tutti di dare il meglio. Purtroppo per noi internazionali ci sono anche problemi di visto, quindi anche dopo aver passato 18 anni in questo paese devo rinnovare il visto periodicamente. Come dicevo prima, il mondo lavorativo americano non e' perfetto.

Quali sono stati i motivi che ti hanno spinto al ritorno in Italia?
Per ragioni famigliari.

Una volta tornato in Italia cosa e’ successo?
Avendo passato così tanti anni all'estero, ho deciso di prendermi qualche mese di relax. (S)fortunatamente sono tornato in Italia nel settembre 2008, quindi proprio all'inizio della crisi che ancora oggi sembra attanagliare il mondo intero. Quando ho iniziato a cercare lavoro non ne ho trovato, o per lo meno non ne ho trovato nell'ambito dell'informatica. Ho iniziato ad insegnare inglese presso un centro polifunzionale di zona, dove poi sono riuscito ad entrare in contatto con delle persone che poi mi hanno offerto un lavoro nell'informatica. Questo e' successo a circa 9 mesi dal rientro. Questo posto di lavoro era dall'altra parte di Roma, quindi un'ora di viaggio la mattina ed uno la sera. Mi sono presentato il primo giorno, che ho passato a guardare lo schermo di un computer perché nessuno mi ha dato del lavoro da fare. Il secondo giorno e' passato nello stesso modo. Visto che non mi avevano neanche fatto firmare un contratto, quindi in pratica andavo li a fare niente e senza retribuzione, il terzo giorno non mi sono presentato. Ho chiamato il mio vecchio dipartimento in America e mi hanno fatto pervenire il contratto praticamente immediatamente. C'è anche da dire che ho provato a fare l'equipollenza dei titoli che ho conseguito all'estero (diploma di liceo, laurea, master e dottorato) ma senza successo. Dopo l'anno di liceo sono tornato in Italia per pochi mesi, quindi non ho completato il liceo “in patria”. C'è una legge italiana per cui l'equipollenza della maturità può essere data solo se lo studente era all'estero per motivi di lavoro dei genitori, e dato che io ero li da solo, quindi per motivi miei, avrei dovuto dare la maturità da privatista. Poi c'è da dire che per i cittadini italiani e' necessario avere la maturità anche quando si partecipa a concorsi per docenti universitari, quindi ero pronto ad iscrivermi a corsi per colmare questa lacuna burocratica, anche se avevo 29 anni. Poi sono andato ad informarmi per quello che riguarda l'equipollenza dei titoli più importanti (quindi laurea ecc.), e ho scoperto che per quei titoli bisogna iscriversi ai corsi di laurea, presentare programmi e voti dei corsi già completati, e poi completare i corsi rimasti. Quindi la prospettiva per tornare a fare il lavoro che avevo in America (docente) era questa: maturità da privatista, corso di laurea da completare, corso di master da completare, dottorato da completare, e poi, solo allora, avrei potuto entrare nel caos dominato da nepotismi e conoscenze. L'opzione B invece era quella di andare a Fiumicino, prendere il primo aereo in partenza per gli USA, e tornare alla “normalità” che mi ero guadagnato in questo paese. Fortunatamente le ragioni per cui ero tornato si erano nel frattempo attenuate, quindi sono ripartito appena ho potuto.

Cosa ti manca dell’Italia quando sei in Usa?
La famiglia e gli amici. Una volta mi mancava anche la possibilità di fare una passeggiata nella storia. Essendo nato e cresciuto a Roma, un paese la cui storia arriva solo a 200 anni e spicci lascia quasi indifferenti. Ma da qualche anno a questa parte anche le passeggiate a Trastevere o ai Fori Imperiali sono diventate quasi antipatiche. Forse a causa della crisi, forse perché non me ne sono mai accorto prima, tra la sporcizia e la maleducazione della gente che si incontra per strada (e non parlo dei turisti) non riesco davvero a gustarmi quei due passi nell'antichità.

Cosa ti manca degli Usa quando vai in Italia per vacanza?
Francamente niente. Certo, la gente e' molto più cordiale in America. Ma questo si trova anche in Svizzera o in molti paesi anglosassoni. Sicuramente mi sono costruito tutta la mia vita qui, ma dopo quell'anno di Italia ho imparato a vivere i miei successi come elementi interni della mia vita. Intendo dire che la docenza universitaria non e' solo un contratto di lavoro, ma un modo d'essere, quindi un qualcosa che ho sempre con me. La mia compagna e' polacca, e se anche lei e' in Europa o magari proprio in Italia, non ho nessuna ragione perché gli USA mi manchino. Se invece non fossi ripartito, e quindi se fossi in Italia non per vacanza ma in pianta stabile, mi mancherebbe la professionalità accademica (e non solo) che esiste in questo paese. Un po' mi mancherebbero anche gli spazi aperti e la natura, che caratterizzano questo paese.

Nonostante la tua esperienza passata, pensi che tornerai un giorno a vivere in Italia?
Me lo auguro. Ad oggi sto cercando di adeguare anche il mio lavoro alla mia prospettiva mentale. Quindi vorrei essere in gradi di portarmi il lavoro con me, senza dover essere per forza collegato ad una scrivania o a quattro mura. Per fortuna l'informatica lo permette, quindi sto cercando di mettere in piedi una situazione lavorativa di consulenza e servizi, che sia indipendente dal paese in cui esercito o dalle sue realtà accademiche, sociali o lavorative. Quando ci riuscirò allora potremo tornare in Italia (o comunque in Europa).

In bocca al lupo, Giovanni.

martedì 13 novembre 2012

Intervista a Marty: un americano "born and raised"

Cari lettori, dopo aver intervistato alcuni italiani che si sono trasferiti con successo negli Usa ho pensato che puo' essere interessante intervistare anche degli Americani e cosi' ho pensato al mio amico Marty, un americano "born and raised" ovvero nato e cresciuto in Usa.
Ho conosciuto Marty alcuni anni fa dopo aver messo in giro un annuncio per fare delle lezioni private di italiano. Lui ha risposto all'annuncio e cosi' una volta a settimana abbiamo iniziato ad incontrarci in qualche caffe' per una piacevole ora di conversazione. Con il tempo siamo diventati buoni amici e ora mi invita spesso ad andare ad assistere con lui e sua moglie ad eventi culturali come presentazioni di libri, dibattiti tra politici americani o anche per visitare musei e mostre particolari, insomma grazie a lui vedo l'America vera, differente dall'America per turisti. Tra l'altro e' una delle poche persone che mi stanno dando un aiuto in questi tre mesi della mia seconda avventura americana ed e' soprattutto una persona molto colta che ha la passione per l'arte e la cultura italiana.
Ecco  a voi la sua intervista. Tra parentesi gli ho fatto queste domande prima della rielezione di Obama ma un po' a causa dell'uragano un po' per il nuovo lavoro, o meglio training-prova che mi tiene impegnato dal lunedi' al venerdi', sono riuscuto a metterla online solo oggi.

Ciao Marty, sei un americano “born and raised”, nato e cresciuto negli Stati Uniti. Ti ho conosciuto in Connecticut. Hai sempre vissuto qui?
Sono nato a Brooklyn, NY. I miei genitori sono emigrati dalla Russia e dalla Polonia.
In quegli anni Brooklyn era un posto meraviglioso per crescere. Giocavamo sempre per le strade.
Ho vissuto a Brooklyn fino a quando mi sono laureato alla Columbia University. Dopo essermi laureato, mi sono trasferito a Cambridge, in Massachussetts, dove ho studiato al MIT. Mi sono sposato, e dopo aver ricevuto il mio dottorato, ho trovato lavoro a Stamford, Connecticut, con una grande azienda chimica.

Molti lettori di questo blog sono accomunati dal sogno americano e desidererebbero tanto vivere negli Stati Uniti. Secondo te perche’ gli Stati Uniti hanno da sempre suscitato questa forte attrazione? Esiste il sogno americano per un americano? Se si, in cosa consiste?
Secondo me, la forte attrazione degli Stati Uniti e’ stata la possibilita’ e l’opportunita’  per quasi tutti  di costruire un  buon futuro per se stessi e la propria famiglia. Dico “quasi” tutti perche e’ sempre difficile per i piu’ nuovi immigrati. Sono spesso trattati male da coloro che sono già qui. Ma pensavano che la vita sarebbe potuta essere migliore per la prossima generazione; e di solito era cosi’. Sfortunamente, una eccezione lampante è costituita dagli Afro-Americani.
Anche gli Americani si aspettano che ogni generazione vada meglio di quella dei loro genitori. Sfortunatamente, questo potrebbe non essere piu' così a causa della economia e, piu importante, perche' le legge ora favorisce chi ha già molto. Le possibilta’ per avanzamento sono diminuite.

Cosa vuol dire per te essere americano? Sei patriottico?
Sono patriottico nel senso che capisco che gli Stati Uniti in cui sono cresciuto erano il posto migliore in cui vivere in quel periodo e, forse, in qualsiasi altro periodo. Non sventolo la bandiera, ma apprezzo la mia buona fortuna.

Ci sono alcuni valori o caratteristiche specifiche degli Americani?
Dato che tutti gli americani sono immigrati, o discendono da immigrati, forse siamo più tolleranti con gli altri, ma certamente ci sono anche molti che sono molto chiusi mentalmente.

Cosa stavi facendo l’11 settembre 2001 e cosa hai pensato in quei momenti e nei giorni successivi?
Eravamo in California per le nozze di nostro figlio qualche giorno prima. A causa della differenza di tre ore con l’orario di New York, dormivamo ancora quando le due torri sono crollate. Quando ci siamo alzati tutto era successo. Ero molto a disagio e molto triste. E’ stato l’evento più triste della mia vita dalla seconda guerra mondiale.

Cosa consiglieresti di visitare a un turista italiano negli Stati Uniti?
Certamente, se possible, ogni turista deve visitare New York, San Francisco, Washington, e Boston. Ma si devono anche visitare luoghi diversi, come qualche piccola citta’ nel mezzo del paese, per esempio in Iowa, South Dakota, Wisconsin, ecc.

E in particolare cosa consiglieresti di visitare a New York?
A New York, va a piedi il piu’ possible e esplora quartieri differenti. Non andare all’Apple Store e non andare a fare shopping. Certamente si deve andare a vedere uno spettacolo di Broadway, il museo Frick, e Central Park.

Pur amando gli Stati Uniti molti Italiani sono critici verso alcuni aspetti considerati difetti americani. In particolare mi piacerebbe sapere cosa ne pensi dei seguenti aspetti:

La sanita’ e l’assicurazione medica. Credi che il sistema sanitario debba essere modificato?
Medicare (finanziato dal governo) e’ un sistema eccellente per fornire assistenza medica ai pensionati. Ma sfortunatamente gli altri dipendono dall’assicurazione privata e troppe persone non hanno assicurazione. Il nuovo sistema di Obama e’ un buon miglioramento, ma sarebbe meglio estendere Medicare a tutti. E’ anche necessario diminuire il costo per l'assistenza medica. Forse facciamo troppe prove.

Sei favorevole o contrario alla pena di morte?
Sono favorevole. Non perche' credo che riduca omicidi. Credo che come societa’ civilizzata, dobbiamo fare una dichiarazione in cui l'omicidio è assolutamente inaccettabile, e se si fa un omicidio premeditato, lo si paga con la vita. Certamente e’ sempre necessario assicurarsi che non ci sia assolutamente alcun dubbio sulla colpevolezza.

Quale e’ la tua opinione sulla facilita’ con cui si possono ottenere armi da fuoco?
Ridicolo, pazzesco.

L’istruzione universitaria ha dei costi esorbitanti. Frequentare universita’ come Yale o Harvard puo’ costare 50 mila dollari l’anno o piu’. L’impressione dall’Italia e’ che solo le persone molto benestanti o ricche possano permettersi di frequentare dei college prestigiosi. E’ davvero cosi’?
Si, e’ molto difficile, ma ci sono molte buone universita’ che non sono cosi’ costose. Anche per quelli che non hanno molto e’ possible ricevere aiuti finanziari.

A proposito, potresti parlarci brevemente della tua esperienza al MIT di Boston?
Ho potuto studiare a MIT perche ho ricevuto una borsa di studio e ho anche lavorato come assistente di un professore.

Si avvicinano le elezioni. Obama o Romney: chi voteresti?
Ho gia votato (perche’ saro’ in California il 6 novembre) con convinzione per Obama, senza dubbi.

Quali sono per te le maggiori differenze tra Obama e Romney?
I due candidati hanno idée molto diverse riguardo alle tasse, al bilancio, al ruolo del governo,  al ruolo della religione nel governo, al rispetto per il sapere e la scienza, e sono io d’accordo con Obama su tutti questi punti.

Cosa ti e’ piaciuto e cosa non ti e’ piaciuto di questi quattro anni di Obama?
Ma, sono deluso dai risultati di Obama.  Penso che sia stato troppo debole nel promuovere il suo programma e anche che non ha voglia di dire la verità quando pensa qualcosa che al popolo non piace.

Cosa dicono i media americani dell’Italia? E della nostra situazione politica degli ultimi anni?
I media americani non fanno molta attenzione all’Italia eccetto per le cose da mangiare, i vini,  gli scioperi e la criminalita’.

E’ cambiata la nostra imagine dal passaggio tra Berlusconi e Monti?
Da Berlusconi a Monti si e’ passato da un buffone ad un uomo serio.

In generale cosa pensano gli Americani degli Italiani?
      Agli Americani piace la spensieratezza degli Italiani.

Cosa pensi che pensino invece gli Italiani degli Americani?
Non lo so bene, ma forse pensano che siamo troppo ingenui e che lavoriamo troppo.

Sei mai stato in Italia?
Sono stato in Italia forse dieci volte, in quasi tutte le regioni.

Cosa ti piace in particolare dell’Italia?
Mi piacciono molto gli Italiani e l’Italia, il cibo ed i vini, le citta’ e la campagna, la lingua e la musica.

Cosa invece non ti piace?
Non c’e niente che non mi piace.

C’e’ qualcosa in particolare che ti manca degli Usa quando sei in vacanza in Italia?
Non mi manca niente quando sono in Italia.

Ci sono delle citta’, momumenti, artisti, piatti tipici, scrittori italiani che ti piacciono in particolare?
Mi piace molto l’arte del Rinascimento e la citta’ di Firenze, ma sfortunamente  la citta’ è diventata troppo affollata per godersela. Mi piace anche l’opera, specialmente quelle di Puccini e di Verdi.

Farai un altro viaggio in Italia? Cosa vorresti visitare?
Continuero’ di andare il piu spesso possible.

Preferisci…
Fox News o Cnn:
Non guardo mai la TV.
Starbucks o Dunkin Donuts:
Preferisco le piccole caffetterie independenti.
Yankees o Mets:
Brooklyn Dodgers che sono scomparsi piu’ di cinquanta anni fa.
New York o San Francisco:
Le due citta' migliori.
Monti o Berlusconi:
Stai scherzando
David Letterman o Jay Leno:
Ripeto; Non guardo mai la TV.
Pizza o hamburger:
Uguale.
Birra o vino:
Vino.
Barbecue o ristorante:
Ristorante.

Se vuoi, hai l’occasione di dire qualcosa ai miei amici italiani, cioe’ ai lettori del mio blog. Cosa gli diresti?
Ho detto tutto!

domenica 7 ottobre 2012

Intervista-video di Mr. Romoletto88

Ciao ragazzi, molti di voi avranno letto su questo blog l'intervista che ho fatto a Gioele, Mr. Romoletto88, il ragazzo che si e' trasferito in Usa e che dopo aver sposato la sua ragazza americana e' riuscito ad ottenere la Green Card. Il caro Mr. Romoletto88, molto noto su Youtube, ha avuto una bella idea: riportare in video la mia intervista leggendo le mie domande e le risposte che mi diede, aggiungendo qualche commento interessante.
Colgo l'occasione per ringraziarlo pubblicamente per la stima che ha nei miei confronti soprattutto quando accenna a me all'inizio e alla fine del video.
Vi consiglio di seguire i suoi video su Youtube perche' sono molto utili soprattutto per chi vuole capire meglio come si vive in America.


giovedì 30 agosto 2012

Intervista a Stefano Spadoni

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Quando tempo fa, nel lontano 2001, inizio' a maturare in me la decisione di andare a vivere negli Stati Uniti la scoperta di Stefano Spadoni fu importantissima. All'epoca trasmetteva quotidianamente delle puntate dedicate a New York e agli Stati Uniti da una piccola internet radio con sede a New York: Big Apple Radio. Ogni puntata era un appuntamento fisso e potevo ascoltare ospiti americani e italiani con le loro esperienze a New York, e poi le notizie e le curiosita' piu' svariate condite dalle idee molto particolari di Spadoni con le quali mi trovavo quasi sempre daccordo.  Quel contatto quotidiano con l'America rese ancora piu' forte in me il desiderio di trasferirmi oltreoceano. Quando arrivai a New York fui anche ospite di Spadoni in una delle puntate e poi ebbi modo di partecipare ad una delle sue memorabili feste con modelle stupende e molti altri personaggi interessanti. Credo che il maggiore contributo di Spadoni per chi come noi ama gli States sia il suo libro Vado a Vivere a New York (al quale ho gia dedicato un post): una vera e propria miniera di informazioni su New York e gli Stati. Ma facciamoci raccontare tutto da lui. Ecco a voi l'intervista.

Ciao Stefano, vivi negli Usa da molto tempo e sei diventato un punto di riferimento per molti Italiani che sognano di trasferirsi negli Stati Uniti e in particolare a New York.
Ma facciamo un passo indietro. Prima di tutto questo, quando vivevi ancora in Italia, cosa facevi e come e’ nata la decisione di partire per gli Usa?
Mi occupavo di marketing e pubblicità, ma l’Italia mi stava stretta e soprattutto mi sentivo fuori posto per le mie idee e concezione della vita. Ho cercato di trovare una strada per andare negli USA, l’ho trovata, ci ho investito sopra e sono partito anche se ho lasciato molte cose, tanto che molti dei miei amici di allora mi hanno detto che ero matto.

Avevi qualche contatto in Usa prima di partire?
Avevo solo un amico a New York, ma la decisione e il progetto sono partiti prima, quando ancora non sapevo di averlo. I contatti che poi mi hanno permesso di restare me li sono creati con un viaggio programmato proprio per quello.

E’ stato facile ambientarti negli Usa?
Facilissimo perchè l’ho sentito subito come il mio paese. Ma ho dovuto investire tempo e denaro per capire a fondo il diverso modo di vivere e soprattutto di pensare.

Quali sono state le differenze con l’Italia che hai percepito gia’ dopo le prime settimane?
Avere sogni in America non è una colpa, e almeno fino a qualche anno fa, essere un imprenditore non era una colpa, anzi era un merito perché si crea lavoro. Purtroppo adesso si sta diffondendo in una parte della popolazione una mentalità simile a quella europea, dove l’imprenditore è visto come un parassita evasore fiscale e chi fa successo e si arricchisce come un nemico della società da invidiare e non da emulare.

Come ho spiegato in vari post sul blog, prendere la decisione di andare a vivere America e’ solo l’inizio di un lungo cammino che non e’ per niente facile e senza una strategia, un po' di fortuna, tanta pazienza e non pochi risparmi le probabilita’ di riuscita sono molto esigue. Tu hai attuato una strategia particolare e quali consigli daresti a chi ha il sogno di trasferirsi in America?
Come dico nel mio libro “Vado a Vivere a New York, “L’america prende molto e da molto, nell’ordine”. Se non siete preparati ad investire emozionalmente e in termini di tempo e denaro, meglio stare a casa. Il mio consiglio è di svuotarsi la mente da tutto quello che avete imparato dai media sull’America perché al 90% sono informazioni distorte politicamente e sostanzialmente false, raccogliete invece più informazioni attendibili possibili, definite un budget anche se minimo, create contatti a distanza, venite qui per un paio di mesi per gettare le basi e tornate in Italia per ottenere un visto con già il piano di come evolvere quel visto in un altro se necessario. E naturalmente dovete essere disposti a prendervi rischi.
Ultimo consiglio: se ce la fate a trasferirvi negli USA non fate l’errore di rientrare in Italia pensando che in Italia potrete sostanzialmente fare quello che facevate negli USA. Non è vero e ritornare qui diventa poi molto difficile.
Se volete avere il polso di come si evolvono gli USA e di come muovervi per venirci, potete seguirmi sul mio sito www.stefanosnetwork.com

Cosa ne pensi della crisi italiana? Da cosa deriva? Ci sono altre cause oltre a quelle di natura economica?
Il cittadino in Italia non conta niente, lo Stato è padre padrone, il diritto di proprietà esiste solo sulla carta “come funzione sociale”, gli imprenditori sono giudicati ladri e farabutti e non si può nemmeno contestare veramente il sistema o si finisce in galera per vilipendio di qualche istituzione. Così la maggioranza della popolazione cerca un posto fisso e magari arrotonda in nero e gli imprenditori cercano una protezione politica per sopravvivere in un sistema che altrimenti li schiaccia. In queste condizioni chi può se ne va all’estero. E spesso sono i migliori.

Ci sono differenze in cui Italia e Usa stanno affrontando questo periodo di crisi economica mondiale?
L’approccio USA alla crisi è secondo me insostenibile. Qui si spende enormemente di più di quanto si incassa come gettito fiscale mentre aumenta il controllo dello Stato sull’economia, il numero dei regolamenti, il potere delle lobby, delle banche, il che finisce per soffocare i piccoli imprenditori e uccidere l’occupazione. Tutto per ora continua a funzionare finché qualcuno presenterà il conto. In Italia mi pare che sia successo quello descritto nel libro il Gattopardo, “tutto deve cambiare perché nulla cambi”.

In Italia sento dire spesso che la crisi economica mondiale deriva dal sistema bancario e in particolare dalla spregiudicatezza delle banche americane. Ancora una volta gli Stati Uniti sono la causa di tutti i problemi del mondo. Ma e’ proprio cosi’?
La crisi è scoppiata perchè le banche americane, pena essere accusate di razzismo, sono state costette a prestare soldi per comprare casa a chi non poteva permettersela. Sono stati i famosi prestiti sub prime imposti e garantiti dal Governo Federale che poi ha fatto pagare il conto ai contribuenti quando inevitabilmente è scoppiata la bolla. A questo si sono aggiunti finanzieri che hanno contato sul fatto che i controlli sugli imbrogli erano praticamente nulli e comunque le amicizie politiche li avrebbero protetti. Infine il Governo Federale è intervenuto dando tramite lo stimolo soldi a banche e aziende “amiche”, a mantenuti purché votino per il loro partito, a imprenditori fasulli che però fanno donazioni politiche, e come conseguenza adesso il debito nazionale è fuori controllo. Inoltre in America circa il 40% del bilancio va adesso in spese di assistenza, gli homeless possono citare in tribunale la città e vincere un risarcimento se non viene garantito loro un posto letto e si arriva a dare un cellulare con chiamate gratis a certe categorie di assistiti. Circa il 50% degli americani non paga tasse federali sul reddito e uno su 7 riceve buoni gratis per fare la spesa. Per molti è più conveniente stare a casa in assistenza pubblica che andare a lavorare.  Dall’altra parte tra tasse e regolamenti le aziende più piccole hanno smesso di assumere e la vera disoccupazione, mettendo da parte i dati ufficiali falsati, è enorme. Comunque l’America ha ancora le risorse naturali e la capacità di riprendersi se il governo non riuscirà a trasformare l’economia di tipo socialista portandola al fallimento.

Dove ti trovavi l’11 settembre e cosa hai pensato in quelle ore e nei mesi successivi?
Ero a casa anche se poi sono andato in giro per la città e ho quasi raggiunto Ground Zero. Da qui è nato il mio libro “New York, terrorismo e antrace”, il primo ad essere pubblicato in Italia dopo l’11 settembre.
In quei giorni ho pensato che c’era già stato un tentativo di distruggere le Twin Towers nel 1993 e che questa volta i terroristi c’erano riusciti. Visto che consigliavo sempre a tutti quelli che venivano a New York di andare in cima alle Twin Towers, la mattina dell’11 settembre ho avuto paura che qualcuno ci fosse andato, ma l’osservatorio apriva solo alle nove, per cui dopo l’attacco. Tra l’altro avrei dovuto fare uno dei miei eventi al sushi bar del ristorante in cima ad una delle due torri proprio la sera prima dell’attentato. Poi avevo deciso di non farlo più. Una delle persone con cui avevo parlato alcuni giorni prima è morta nell’attacco.

Cosa ne pensi delle teorie complottiste per cui si dice che l’11 settembre e’ stata solo una messinscena architettata da Bush e dalla CIA che avrebbe minato le Torri gia’ prima che venissero colpite dagli aerei?
Non credo che si possa avere una discussione seria su questo tema che è diventato qualcosa di molto simile al fanatismo, probabilmente alimentato per ragioni politiche e forse sostenuto dagli stessi terroristi.
In un paese come l’America dove i giornali pubblicano impunemente i piani segreti del Pentagono e wikileak rivela tutto, se ci fosse anche una sola prova o testimone di un complotto che, come nel caso di minare le Twin Towers con migliaia di cariche esplosive sotto gli occhi della security dell’edificio, coinvolgerebbe centinaia di persone, i media contrari a Bush (quasi tutti) avrebbero sbattuto la storia in prima pagina e il Congresso avrebbe lanciato una indagine ufficiale.
Ho anche incontrato Jeff Boss (vedi foto sul mio sito), che dice di avere centinaia di testimoni che però hanno paura a parlare. Prima se la prendeva con Bush, ora con Obama che sembra coprirebbe anche lui il complotto, non ci ho capito niente, va a sapere che magari un giorno qualcuno dice era Obama che ha piazzato le cariche esplosive!
Ma come ho detto prima, i complotti contro gli USA sono diventati una sorta di credo religioso, una fede, e discutere e mostrare la realtà a chi ha una fede non cambia le sue convinzioni. Senza considerare poi che c’è chi ha fatto milioni di dollari vendendo libri, video e tenendo conferenze su questi presunti complotti.

Come ti spieghi il fenomeno, mai spento, dell’antiamericanismo?
L’estrema sinistra ha sempre odiato l’America perché il modello comunista/socialista non ha funzionato (vedi Unione Sovietica) e quello capitalista sì. La dimostrazione è la crisi che attraversa ora l’America dovuta al fatto che negli ultimi anni ha progressivamente adottato un modello socialista di assistenza sociale invece di attenersi ad un modello capitalista.
Lo stesso vale per l’estrema destra con il suo modello di nazional socialismo (vedi Hitler e Mussolini) che sono state sconfitte militarmente dagli Stati Uniti ripristinando la democrazia.
Inoltre l’intellighenzia che spesso governa i media, odia una società dove un povero, come ad esempio Obama, può diventare presidente, o qualcuno può diventare ricco senza andare alle scuole giuste, avere la puzza sotto il naso, essere il figlio di qualcuno importante o dover ungere le ruote di un partito. Ancora di più odia un paese come gli USA dove chiunque può dire quello che vuole, aprire un giornale o candidarsi per una carica politica e avere possibilità di sconfiggere il candidato del partito sostenuto dai media.
In aggiunta, chi appoggia più o meno apertamente dittature o oligarchie di qualunque tipo ha sempre odiato la possibilità che l’America intervenga per ripristinare la democrazia.

Cosa pensi dei mass media italiani? Danno una immagine reale degli USA?
Ci sono sicuramente corrispondenti bravi e onesti, ma molti vengono qui già odiando gli Stati Uniti o semplicemente dicono quello che i loro direttori o referenti politici in Italia vogliono sentire. A molti non interessa capire questo paese o non lo vogliono capire, o non sono in grado. Questo spiega perché l’America sia spesso incompresa in quello che fa.

Torni spesso in Italia?
Torno in Italia per brevi periodi, massimo una settimana, dopo mi viene voglia di tornare a New York. La mentalità in Italia è soffocante, mi sembra di stare in un paese in coma senza voglia di fare nulla se non andare la sera a mangiare la pizza con gli amici. Non c’è speranza, voglia di fare.

Conosci molti Italo-americani? La mia impressione, avendone conosciuti molti che partirono dall’Italia molti decenni fa e’ che molti di essi descrivono l’Italia di oggi come se si fosse fermata a 50 anni fa, come quando la lasciarono loro. Questo loro atteggiamento e’ solo una mia impressione?
E’ chiaro che ciascuno, a meno che non  si tenga continuamente informato, cristallizza l’immagine del paese di origine al momento in cui se ne va. In realtà gli italo-americani sono segmentati in vari gruppi sempre più integrati nella società americana.

Politici italiani e americani sono diversi?
Credo che in ogni paese l’obiettivo principale di un politico sia di essere rieletto, in quello non ci sono differenze così come nel fatto che finiscono per fare gli interessi di gruppi che li supportano (oltre ai propri interessi). Però il politico americano è più in contatto e in balia degli elettori, meno del partito. Se non fa quello per cui l’hanno eletto di solito non vieni rieletto e si vota il candidato che si ritiene più valido. A volte in un distretto dove un partito ha il 70% di sostenitori vince il candidato del partito.

Cosa ti manca degli Usa quando sei temporaneamente in Italia?
Tutto.

Alcune volte leggo delle classifiche in cui gli Usa sono molto lontani dai Paesi che godono di una piena liberta’ di stampa. Avendo vissuto in Usa non mi e’ parso che la situazione sia cosi’ grave. Mi e’ parso che TV e giornali possano dire tutto di tutti senza censure. Ritieni che in Usa ci siano limitazioni alla liberta’ di stampa? Se no, come mai escono fuori queste strane classifiche?
Secondo me quelle classifiche sono stilate da organizzazioni spesso create appositamente per lo scopo di attaccare gli USA. Sono organizzazioni che odiano gli USA per ragioni politiche e di concezione sociale e non hanno problemi a falsare i dati pur di mettere gli USA in cattiva luce. Magari quelle stesse organizzazioni che parlano di libertà di stampa ti citano in tribunale se provi ad esprimere questi pareri in Italia.
Per fare un esempio in Finlandia (il paese giudicato primo per la libertà di stampa mentre gli Stati Uniti sarebbero al 47mo posto) un giornalista può essere processato per diffamazione e condannato fino a due anni di prigione. E nella maggioranza dei paesi europei puoi finire in galera per reati come il vilipendio di una religione se quello che scrivi viene interpretato in questo modo.
In America si può esprimere qualsiasi idea e i giornali non possono essere messi a tacere come ha dimostrato nel passato il fatto che un giornale ha fatto dimettere un presidente, Nixon.
E’ sempre la stessa storia. Chi odia l’America e la sua libertà non esista a propagandare bugie.

Vorrei chiederti di cosa ne pensi di 2 aspetti che sono generalmente considerati in Italia come difetti degli Usa: i costi molti alti per l’assistenza sanitaria e per l'iscrizione all'universita'.
Lo Stato non crea nulla, prende dai cittadini tramite le tasse, trattiene una parte per pagare i propri impiegati e la propria struttura, e poi ridistribuisce il tutto su basi che dovrebbero essere giuste, ma spesso sono “soldi agli amici e a chi mi vota”. Sempre poi che qualche soldo non resti attaccato alle mani di politici.
In generale negli Usa lo Stato toglie meno soldi ai cittadini tramite le tasse e quindi lascia al cittadino più soldi per pagare per i servizi.
In Italia molte cose sono considerate gratuite o a basso prezzo ma è perché lo Stato le fa pagare anticipatamente ai cittadini tramite le tasse.
I costi molto alti per l’assistenza sanitaria negli USA sono comunque dovuti a molti fattori. Uno è che una gran parte dei cittadini la riceve gratis, pagata naturalmente dagli altri contribuenti. Inoltre l’assistenza sanitaria funziona veramente e quindi costa, anche perché gli stipendi del personale sono maggiori che in Italia, poi ci sono le assicurazioni costosissime per difendersi dalle cause intentate per ragioni assurde e i medicinali che costano una follia per soddisfare le lobby farmaceutiche. I costi potrebbero essere tagliati se il sistema fosse liberalizzato, incluse le importazioni di medicinali.
Inoltre chi ha malattie dovute ad uno stile di vita sbagliato, come ad esempio la maggior parte di persone obese, dovrebbe essere costretto a scegliere: cambiare stile di vita e dimagrire, o pagare di più per l’assistenza sanitaria che invece oggi per queste persone è spesso sovvenzionata dallo Stato.
I costi molti alti per iscriversi all’Universita’sono dovuti al fatto che lo Stato paga per una gran parte di studenti, poi ci sono le borse di studio specie per le minoranze, per cui le Università aumentano i prezzi, tanto c’è chi paga. La mia osservazione personale è che le università con l’avvento di internet dovrebbero essere ridotte a luogo in cui si danno gli esami: i corsi dovrebbero essere tutti tenuti su internet con costi irrisori e acceso per tutti.

E cosa ne pensi di altri due aspetti molto controversi che sono generalmente considerati in Italia come difetti degli Usa come  la vendita diffusa delle armi e  la pena di morte?
Su questi temi si scontrano due concezioni. Quella del resto del mondo in cui il cittadino non è ritenuto in grado decidere che tipo di società vuole, ma sono giudici, politici e intellighenzia a decidere e quella americana che almeno nella sua Costituzione rispetta la volontà popolare.
Così ad esempio in Europa è vietato fare un referendum sulla pena di morte, in America i cittadini di uno Stato possono invece votare in proposito.
Su questi temi i media e molte forze sociali sono riusciti a fare un lavoro brillante di disinformazione e indottrinamento che ha creato dei dogmi che ormai molti non osano nemmeno discutere per non essere bollati da barbari o forcaioli.
E veniamo alla disinformazione: non è vero che negli USA si può entrare in un armeria e uscire con una mitragliatrice. In molti stati acquistare un’arma è più difficile che in Italia e per esempio a New York è praticamente impossibile ottenere il porto d’armi.
Anche dove si può più facilmente acquistare un’arma, prima di ottenerla viene fatto un controllo con l’FBI e criminali e malati di mente non possono acquistarla.
Naturalmente questo non vale per le armi illegali acquistate dai criminali che in America vanno in giro con fucili mitragliatori e non esitano a sparare anche nella folla uccidendo donne e bambini. Ma la maggioranza dei media seppellisce queste storie così come seppellisce le storie dei cittadini che grazie ad un’arma si salvano la vita.
Da notare che le città con leggi ferree contro le armi, come Washington DC e Chicago, dove quindi i cittadini onesti sono disarmati, hanno il più alto numero di omicidi.
Comunque negli USA il diritto a possedere un’arma sancito dalla Costituzione non deriva dal concetto di difendersi dai criminali ma da quello di difendersi dallo Stato che potrebbe diventare troppo tirannico. Questo almeno l’intento dei padri fondatori del paese. Non per nulla la prima mossa di ogni dittatura è di requisire le armi ai cittadini.
E veniamo alla pena di morte: anche qui la disinformazione è rampante. In Cina vengono giustiziate circa 5,000 persone all’anno (spesso per reati politici) negli USA meno di un centesimo di quella cifra e dopo anni di appelli, ma le dimostrazioni stranamente sono sempre contro gli USA. Di fatto negli USA è più facile per un omicida morire in un incidente stradale che per la pena di morte: pochissimi stati eseguono ormai le condanne perché i giudici hanno annullato la decisione popolare introducendo il concetto europeo che il cittadino non può decidere su cosa vuole ma sono i giudici che hanno il diritto di farlo.
Nello stato New York i cittadini avevano eletto un governatore perché aveva promesso che avrebbe istituito di nuovo la pena di morte. Pena di morte reintrodotta, ma i giudici poi hanno fatto in modo che non si eseguono più pene di morte nello stato di New York.
Tornando alle armi, personalmente credo che in un paese civile le armi non dovrebbero averle solo i criminali e che non sono le armi ad uccidere, ma le persone. Jack lo squartatore con un coltello è sicuramente più pericoloso del Dalai Lama con un carro armato. Bisogna togliere i criminali non le armi.
Sulla pena di morte per i criminali (per le vittime la pena di morte esiste in tutto il mondo) una semplice domanda: è meglio vivere in un paese che condanna a morte chi stupra e uccide un bambino o in un paese come l’Italia dove la legge stabilisce che chi stupra e uccide un bambino ha il diritto di rifarsi una vita, dopo aver “pagato il proprio debito” con qualche anno di carcere? E se il padre del bambino prende a pugni chi gli ha stuprato e ucciso il figlio, il padre finisce in prigione ed è bollato da criminale in nome della “giustizia”.
Molti recitano come un mantra “nessuno tocchi Caino” (anche se nella Bibbia qualche riga più sotto dice che gli omicidi vanno messi a morte), ma non credo si rendano conto che significa “Nessuno tocchi chi stupra e uccide un bambino”.

Cosa ne pensi di Obama?
E’ la prova che il sogno americano è possibile e che tutto questo razzismo diffuso dei bianchi contro i neri, sbandierato da molti media, in realtà non esiste.
Sul piano personale è un personaggio fantastico, esempio di buon padre di famiglia, ottimo oratore (soprattutto quando legge) e straordinariamente simpatico.
Il problema è che vuole portare il paese in direzione europea (alcuni dicono verso il comunismo), non capisce o non ama i piccoli imprenditori e il ritmo di spesa pubblica che ha imposto è vertiginoso. Se sarà rieletto, tra quattro anni gli Stati Uniti saranno irriconoscibili, o meglio saranno una brutta copia dell’Europa.

Cosa consigli di andare a visitare agli italiani in partenza per una vacanza a New York e negli Stati Uniti?
A New York, tutto e non solo la Fifth Avenue e strade limitrofe per fare shopping! Fuori New York sicuramente la Monument Valley. Mozzafiato. E fate il tour tra i canyon con i Navaho, una esperienza mistica.

Parliamo dei tuoi libri. Vado a vivere a New York e’ un libro che e’ stato importantissimo prima della mia decisione di partire per gli Stati Uniti. Mi ha dato molte notizie che non riuscivo a trovare altrove. Puoi parlarcene brevemente?
E’ nato da tutte le mie esperienze raccolte nel trasferirmi qui, inclusi tutti gli errori che ho fatto. La nuova edizione, completamente aggiornata, con oltre il 60% di testo in più, nuovi episodi, aneddoti ed esempi, è ancora la “Bibbia” per trasferirsi negli Stati Uniti, ma anche per capirli, trucchi compresi.
Questo libro è uno strumento indispensabile se volete venire qui, avere successo e raggiungere i vostri obiettivi evitando spese inutili, perdite di tempo, errori, stress e quant’altro potrebbe ritardare o, peggio, farvi arrendere e tornare in Italia con l’amaro in bocca.
Ci sono poi migliaia di Aziende italiane che potrebbero esportare con successo negli Stati Uniti se avessero una maggiore comprensione dei meccanismi del mercato e se sapessero come muoversi in un paese che può dare moltissimo ma che non perdona l’improvvisazione.

So che ora sei in onda su Radio Monte Carlo, ma chi ti conosce da molti anni seguiva i tuoi interventi su radio 105 New York e dopo le interessanti puntate di Big Apple Radio. So che molti fan vorrebbero sentirti di nuovo parlare dell’America in un programma dedicato. Hai in progetto qualcosa del genere in futuro?
Ho il progetto di fare a breve un programma in diretta dagli USA, purtroppo non posso dire di più per ora, ma “stay tuned” come dicono qui.

In bocca al lupo per la tua nuova avventura e grazie per la tua disponibilita'.
Ti ringrazio per l’intervista e spero di poterti rivedere a New York.