sabato 31 marzo 2018

Take your pills

Una delle prime cose che notai appena arrivato negli Stati Uniti fu la passione degli Americani  per pillole e vitamine. Durante le prime settimane  me ne andavo in giro ad esplorare i loro "monumenti commerciali": Walmart, Starbucks, Home Depot, McDonald's, Dunkin Donuts. Erano a me sconosciuti e quindi entravo per esplorare e capire cosa venisse venduto al loro interno. Tra questi negozi mi incuriosì uno un pò meno diffuso, ma comunque presente in molte città: Vitamin Shoppe. Entrai e c'erano  centinaia di scaffali pieni di barattolini di pillole e vitamine, di ogni tipo e per qualsiasi problema. Un tipo di negozio che non avevo mai visto in Italia nel lontano 2004. E mi stupì perché non riuscivo a capire come potesse sopravvivere un negozio dedicato a quei soli prodotti. Ma ero un ingenuo e non conoscevo bene la mentalità americana.
A parte il negozio, nei giorni successivi mi stupì il fatto che ogni mattina, conoscenti e parenti, assumevano pillole e vitamine in grande quantità. In Italia avevo al massimo preso delle aspirine per il mal di testa non avevo mai considerato di prendere vitamine ma qui tutti ma proprio tutti ne facevano un largo uso quotidiano.

Ma la cosa che mi ha incuriosì più di tutte fu l'ADD e l'ADHD. Non ne avevo mai sentito parlare prima in Italia ma qui ogni tanto tirava fuori queste due parole, in particolare modo l'ADD.
Un giorno, dopo aver dimenticato delle chiavi in casa, una zia per prendermi in giro mi disse: Mi sa che tu hai l'ADD! Al che le chiesi: Scusa zia, ma cosa è precisamente questa ADD di cui parlano tutti? E mi spiegò che è un disturbo dell'attenzione che hanno molti bambini e anche gli adulti.
Per la precisione l'ADD è un disturbo dell'attenzione (Attention Deficit Disorder) e l'ADHD è un disturbo dell'attenzione connesso all'iperattività (Attention Deficit Hyperactivity Disorder).
Pochi giorni dopo trovai a casa di questa zia un libro sull'ADD e mi misi a sfogliarlo.
La cosa che mi sorprese furono i sintomi di questo disturbo: Dimentichi le chiavi in casa? Potresti avere l'ADD. Dimentichi il nome di una persona conosciuta a una festa la sera prima? Potresti avere l'ADD. Dimentichi cosa hai mangiato a pranzo? Potresti avere l'ADD. Tuo figlio non ha voglia di fare i compiti e preferisce giocare a PlayStation? Potrebbe avere l'ADD.

Insomma sei un pò distratto? Non riesci a concentrarti bene? Hai il disturbo dell'attenzione e dovresti curarti...acquistando le pillole magiche che risolvono il problema. Quando iniziai a dire che io "non credevo" in questa malattia molti Americani mi guardavano male dicendo che l'ADD è una malattia seria, che ce l'hanno tanti bambini, e che dovrei essere più rispettoso verso questo problema.
Io rincaravo la dose dicendo che a me sembrava un disturbo creato da qualche ufficio marketing ma loro non la prendevano tanto bene. Insomma non c'era verso di fargli cambiare idea o per lo meno di fargli prendere in considerazione che forse in Usa le pillole vengono overprescribed, come dicono qui. Negli anni seguenti cercai di non toccare l'argomento perché gli Americani possono diventare molto suscettibili se contrasti alcune certezze. Ma pochi giorni fa mi è capitato di vedere il documentario Take your Pills e mi si è riaperto un mondo e tutto quello che ho sempre pensato mi è  finalmente apparso su uno schermo, ben documentato con dati interessanti.

Il documentario fa luce su come disturbi del genere siano stati se non proprio creati sicuramente "pompati" ed esagerati dai media. E ciò è stato possibile proprio grazie a una certa mentalità americana volta alla competitività estrema. Sono riusciti a fare il lavaggio del cervello a far passare il messaggio che una pillola può risolvere tanti problemi e questa pillola si chiama Adderal. E' uno stimolante e può creare dipendenza. Viene assunta regolarmente da atleti, ingegneri, artisti, impiegati di Wall Street, ragazzi delle superiori e delle università e il suo uso negli anni è salito alle stelle.

Diverse categorie di persone quindi assumono l'Adderal per un unico scopo: competere meglio, avere un vantaggio, aumentare le prestazioni fisiche e mentali. Una ragazza universitaria sostiene ad esempio che va a fare un test "senza aiuto" potrebbe prendere B. Ma se prende l'Adderal si concentra meglio e può prendere A e quindi perché no? Inoltre prenderla è quasi un obbligo per non rimanere indietro perché se tutti l'assumono è bene che lo faccia anche lei.
E gli effetti collaterali? Ci sono, certo, la dipendenza può provocare insonnia, perdita dell'appetito, paranoia ma è il prezzo da pagare per competere al meglio.  

Il documentario ha in sostanza confermato le mie tesi. Sembra esserci stato un lavaggio del cervello negli ultimi anni e ora milioni di Americani reputano normale assumere pillole per ogni problema e tra queste una delle più amate è l'Adderal che viene prescritta con troppa facilità dai medici.

La cosa curiosa è ascoltare molti ragazzi che fanno discorsi (giustamente) severi contro il fumo e i fumatori ma allo stesso tempo poi si distruggono il cervello con queste "pillole per la competizione". Forse un giorno vedranno queste pillole per ciò che sono davvero? Un facile e pericoloso surrogato, una scorciatoia di cui non avrebbero bisogno e che fa solo arricchire le case farmaceutiche.

Concludo con un paio di dialoghi di Take your Pills che mi hanno fatto sorridere e riflettere.
Il primo è tra una madre e sua figlia e il secondo tra un neurologo e l'intervistatrice.

Madre: Ora che andrai al college ti servirà una cassetta di sicurezza.
Figlia: Per cosa?
Madre: Per le tue pillole.
Figlia: Ma che dici, chi mi ruberebbe mai le pillole?
(Illuminante come la figlia non dica: Ma che dici, a cosa mi servono le pillole? ma Chi mi ruberebbe mai le pillole? Perché è normale, chiunque vada al college deve assumere le pillole).

Neurologo: A volte scherzo sul fatto che quando ero all'università le persone assumevano droghe per evadere e ora lo fanno per non farsi escludere. E questo la dice lunga sulla nostra cultura odierna.
Intervistatrice: E cosa ci dice? Io lo trovo un pò deprimente.
Neurologo: (Ride) Probabilmente ci sono dei farmaci apposta. 
(Per non provare sensazioni deprimenti)

sabato 24 marzo 2018

Ricerca di un'appartamento...ma non è così facile

Parallelamente alla ricerca di un nuovo lavoro, quasi un hobby a tempo perso, da qualche tempo sono alla ricerca di un nuovo appartamento o meglio un appartamento da acquistare. In realtà non sono ancora pronto all'acquisto ma sto prendendo informazioni.
Vivo in affitto da oltre 10 anni e non mi sono informato prima d'ora per vari motivi. Innanzitutto perché fino a non molto tempo fa non ero in possesso di green card e quindi non aveva senso  acquistare un appartamento non sapendo se gli Usa mi avrebbero consentito di restare qui a vita. In secondo luogo non avevo soldi da parte, mentre ora ho una discreta base da poter mettere giù, to put down come dicono qui, anche se per il resto dovrò ricorrere a un mutuo ovvero il mortgage.
E poi un terzo motivo che mi fa temporeggiare ancora oggi è la mia nuova vita da pendolare in treno dal Connecticut a New York.

Prima che la mia azienda spostasse gli uffici a Manhattan impiegavo solo un'ora in macchina per andare in ufficio mentre ora ne impiego quasi due (venti minuti di macchina da casa alla stazione, un'ora di treno, dieci minuti di metro e venti minuti a piedi).
La domanda che faccio a me stesso da mesi è: conviene vivere in Connecticut e fare questa vita da pendolare o dovrei avvicinarmi di più a NY?

Ho guardato per molto tempo i prezzi degli appartamenti in affitto in zona NY e sono molo più alti del Connecticut e quindi da scartare. Ma anche la situazione acquisto è molto simile e ho notato ad esempio che se per un piccolo, ma comodo, appartamento in Connecticut devo pagare almeno 200mila dollari, con la stessa cifra a NY (ovviamente non Manhattan ma almeno Queens o Brooklyn) si trovano dei buchi e anche molto distanti da Manhattan, addirittura a un'ora di metro.

Considerando che i lavori con stipendi più alti si trovano tutti a Manhattan, ho pensato a varie cose in questi mesi:
1) Conviene avvicinarmi a NYC ma vivere in un buco di appartamento? E comunque per il mio budget potrei permettermi qualcosa di non proprio vicino a Manhattan
2) Certo però che avvicinarmi a NYC mi farebbe comunque risparmiare un pò di tempo per il commuting più breve. E il tempo è salute.
3) Ma è anche vero che a me piace vivere in una casa comoda e sono disposto, per questo, a un computing più lungo
4) Alla fine in treno posso dedicarmi alla lettura, una mia grande passione, o dormire il che allevia di molto il peso del commuting
5) E poi molte persone vivono in Connecticut e vanno ogni giorno a NYC per lavoro e se lo fanno loro posso farlo anche io
6) E se cercassi lavoro in Connecticut? Casa e lavoro in Connecticut, sarebbe perfetto. Ok i salari sono un pò più bassi ma ne guadagnerei in  tempo e salute e vivrei in un appartamento accettabile. Non certo un buco newyorkese.
Insomma dopo tutti questi pensieri mi sono quasi convinto che la soluzione ideale sarebbe acquistare in Connecticut e poi magari col tempo, chissà, trovare un lavoro in Connecticut che è pur sempre uno Stato ricco e pieno di aziende.

Dopo la mia "quasi decisione" ho iniziato ad andare ogni giorno su Zillow e Trulia per vedere foto e prezzi degli appartamenti in vendita e faccio spesso simulazioni su costi, mutui, interessi, percentuali, tasse e spese condominiali. E qui viene il bello. Le differenze con l'Italia : TASSE e HOA.

TASSE
Le tasse sulla casa sono molto più alte. Per un appartamentino di 70 metri quadri si pagano in media 3000 dollari l'anno, circa 300 al mese. Ho capito che è una scelta strategica del comune: non tassare molto le aziende che creano posti di lavoro e fanno girare l'economia e tassare di più (rispetto all'Italia) i cittadini che però grazie a queste aziende e ai loro stipendi medio-alti possono permettersi di pagare tasse più alte sulla proprietà di una casa. Ovvio che non tutti hanno un reddito alto ma in media molti proprietari di case o appartamenti in città non se la passano male per usare un eufemismo. 

HOA
Le spese condominiali variano da 300 a oltre 600 dollari al mese per gli appartamenti che ho adocchiato e solitamente comprendono tutto tranne l'elettricità e quindi acqua e riscaldamento, e in alcuni casi il portiere 24 ore su 24, un posto macchina, la pulizia degli spazi comuni e della neve, lavanderia, piscina, palestra e in rari casi anche la navetta che porta alla stazione. Sono una bella cifra e c'è da considerare anche l'assicurazione sulla casa da pagare a parte e che si aggira sui 100 dollari al mese.

Dopo tutte queste considerazioni, la più importante è che le spese fisse mensili TASSE+HOA+ASSICURAZIONE si avvicina ai 1000 dollari che è sostanzialmente la stessa cifra che pago ora per l'affitto e che mi consente di mettere da parte qualche centinaio di dollari al mese. Se consideriamo il mutuo quindi quel risparmio mensile si assottiglierebbe e si avvicinerebbe a zero (a meno che non riesca a trovare un lavoro con uno stipendio più alto). Certo avrei comunque un appartamento di proprietà e volendo, un giorno, potrei provare a rivenderlo e farci un guadagno ma conviene fare questo grande passo? O è meglio temporeggiare ancora un pò? 


lunedì 12 marzo 2018

Ricerca di un nuovo lavoro...ma non è così facile

Ciao a tutti, è ormai da un paio di anni che ho chiesto un aumento al mio capo e dopo tante sue belle parole e la promessa di un aumento sostanziale, che però deve essere approvato dalla sede centrale italiana, non ho visto ancora niente. Come forse sapete fino a poco tempo fa non potevo cambiare lavoro perché ero in attesa della green card e l'avvocato mi ha consigliato di restare con la stessa compagnia almeno per qualche mese dopo aver ottenuto la green card ma ora il tempo è passato e sono libero di muovermi e di guardami attorno. 

E quindi da circa un mese ho iniziato a inviare il mio Resume e a fare applications online. Non che mi ci stia dedicando anima e corpo perché tra le 4 ore al giorno per andare e tornare dall'ufficio e le 8 ore di lavoro non mi resta molto tempo ma insomma qualcosa ho fatto e ora vi aggiorno. 

Il primo a contattarmi è stato un recruiter di NYC che mi ha mandato un'email per chiedermi un colloquio telefonico per una posizione che, a suo dire, è molto adatta al mio profilo. Il problema è che quando lavori non hai mai tempo di una telefonata anche perché sono sempre con il mio manager, anche a pranzo. Inoltre anche andando fuori con una scusa, una telefonata con i rumori di New York City in sottofondo non sarebbe molto comprensibile. Coì ho preso una giornata libera e sono andato direttamente al suo ufficio. Il colloquio è andato molto bene, mi è parso soddisfatto, e infatti il giorno seguente ha inviato il mio resume a questa compagnia molto rinomata, nel settore del lusso. Dopo qualche giorno però mi ha comunicato che la compagnia aveva deciso di fare un colloquio a un'altra persona, il cui profilo evidentemente interessava un pochino più del mio, che a quanto pare è stata assunta. Mi deve far sapere con certezza.

Pochi giorni dopo sono stato contattato da un'altra recruiter sempre di NYC. Anche lei voleva parlare per telefono ma non potevo, il mio manager è sempre a due metri da me. Mi ha chiesto anche di andare da lei in pausa pranzo ma questa era una richiesta assurda. Come avrei potuto andare all'altro capo di NY fare il colloquio e tornare in ufficio, tutto nel giro di un'ora?  E quindi sono andato da lei all'uscita dal lavoro anche perché voleva proprio sentirmi in quel giorno per una posizione che poteva fare per me. E' stata gentile a ricevermi dopo le 5 ma allo stesso tempo mi è parsa avere un pò fretta di andare a casa. Altro punto negativo per me era che quel giorno non ero vestito in modo elegante, pantalone casual e un maglione e non credo di aver fatto una buona impressione. Si dice che non hai una seconda possibilità per fare una buona prima impressione. Inoltre ho avuto l'impressione che questa ragazza fosse del tipo "Americans first!", infatti quando ha capito che ero italiano e lo ha notato anche dal mio accento italiano, non so, ha cambiato un pò atteggiamento. Comunque su questo colloquio ci metto la croce sopra. E' uno di quelli che vanno male, no matter what. 

Dopo un'altra settimana mi ha contattato un'altra recruiter per una posizione molto interessante per una posizione con uno stipendio altissimo, oltre 30 mila dollari in più rispetto al mio stipendio attuale per una posizione con poche responsabilità in più. Questa recruiter mi viene incontro e mi chiama alle 7pm mentre è a casa con la nipotina e sta cucinando mentre parla al telefono. Il colloquio va molto bene, parliamo anche dell'Italia e delle sue vacanze e mi dice che girerà il mio resume alla azienda.  Però insomma non mi fido molto. Mi dice che la compagnia vende porte e finestre ed è una start up con 5-6 impiegati. La sede non è a NY ma a 20 minuti da casa (ottimo) ma neanche lei riesce a contattare il titolare che viaggia molto e che non le ha ancora dato molti dettagli sulla compagnia e sulla figura professionale che stanno cercando. Questa recruiter deve ancora farsi sentire ma pensandoci bene non dovrei rischiare e proseguire per questa strada. Le start up possono fallire dall'oggi al domani e non vorrei lasciare un'azienda con oltre 100 anni di storia per un salto nel buio con un'azienda semi sconosciuta. 

Poi mi ha contattato una ragazza delle risorse umane di Barnes n Noble. Quindi non una recruiter ma direttamente l'azienda. I libri sono la mia passione e quindi mi si sono illuminati gli occhi quando ho letto la sua email. Ho preso un altro giorno di vacanza per svolgere alcune faccende e fare questo colloquio telefonico e devo dire che è andato benino. Alcune domande erano molto formali (perché potresti essere migliore di altri per questa posizione? Quali sono i tuoi punti di forza?), altre più intelligenti e volte a capire la mia passata esperienza lavorativa. Purtroppo mi ha comunicato oggi che i suoi manager hanno deciso di fare il colloquio e assumere un'altra persona. 
Devo dire che avevo qualche titubanza. Se mi avessero assunto, lo stipendio sarebbe stato di poco superiore al mio stipendio attuale però avrei lavorato con dei prodotti che amo: i libri. 
Poteva andare bene ma ho letto che il loro competitor, più debole, Borders è fallito tempo fa e ora anche loro sono a rischio. Barnes n Nobles ha oltre 600 librerie in tutti gli Usa, sono il rivenditore di libri più importante ma potrebbe finire come Blockbusters, la catena di noleggio DVD che ha chiuso i battenti qualche anno fa. Ormai tutti comprano su Amazon e il rischio fallimento per queste catene non è da sottovalutare. 

Quattro giorni fa mi ha contattato un signore delle risorse umane di Tiffany al quale avevo inviato il resume. Cercano una figura professionale molto simile alla mia solo che...cercano un TEMP, una persona da impiegare per uno specifico periodo di tempo, probabilmente pochi mesi e quindi nonostante il prestigio della compagnia non posso certo lasciare un lavoro sicuro a tempo indeterminato per uno temporaneo. 

Insomma per ora molto si è mosso e poco si è mosso ma continuo a cercare, tempo permettendo. Alcune considerazioni.

 - Non mi sto dedicando full time a questa ricerca lavoro, come quando ero tornato in Italia e inviavo resume a raffica ad aziende in Usa. Però la media di chi è interessato al mio resume sembra essere soddisfacente.

 - Essere italiani non sempre aiuta.
Ho avuto l'impressione che un paio di recruiter, quando hanno capito che ero italiano e lo hanno notato anche dal mio accento, abbiano messo tra me e loro un piccolo muro trasparente. Sempre meglio mandare un americano alle aziende che non uno straniero, avranno pensato inconsciamente.

- Siamo a New York City e la concorrenza è feroce.
New York è davvero competitiva e se pensi di essere bravo e di avere esperienza devi anche considerare che per un posto di lavoro ci sono decine di candidati al tuo stesso livello che magari sono anche più giovani, americani, e laureati in prestigiose università americane.
E quindi devi già considerarti fortunato e in un certo senso lusingato se già ti contattano per un primo colloquio telefonico. Se poi ti fissano un colloquio anche in azienda, allora è quasi fatta.

 - Molte aziende usano i recruiter e quindi i passaggi sono 3: colloquio telefonico con il recruiter, colloquio telefonico con le risorse umane dell'azienda, colloquio vero e proprio in azienda. Se riesci a contattare e a interessare direttamente l'azienda, hai già saltato un passaggio.

Per concludere, la mia intenzione era ed è quella di sganciarmi dalle compagnie italiane, perché risentono della mentalità italiana, compresa la lentezza con cui puoi fare carriera, e pagano meno soprattutto quando impiegano una persona che ha bisogno del visto o della carta verde e quindi difficilmente può "scappare" e cambiare lavoro. 

Realisticamente però forse devo ritirare la mia ricerca perché è vero che ho ormai oltre 10 anni di esperienza e so usare bene molti programmi ma al mio stesso livello ci sono migliaia di ragazzi appena usciti dall'università, disposti a iniziare con poco o comunque impiegato della mia stessa età ma americani born and raised e per molte aziende questo è pur sempre un plus. Un'azienda italiana assumerebbe davvero un francese, un tedesco o uno spagnolo in gamba se si presentasse un americano con le stesse capacità? 

Insomma cosa ho io che mi distingue e mi darebbe un vantaggio? Semplice, la conoscenza della lingua italiana, madre lingua.  Quindi dovrei continuare a cercare  tra le compagnie italiane con sede in Usa che abbiano bisogno non solo di comunicare con una rete vendita americana ma anche con gli uffici centrali italiani? Probabilmente è l'idea migliore ma deciderò in questi giorni se abbandonare completamente la pista americana per dedicarmi solo a quella italiana. Voi cosa dite? 

Vi tengo aggiornati.

Stay tuned for more updates.