martedì 27 febbraio 2018

Nuova vita da pendolare

Pochi giorni fa la mia azienda ha spostato gli uffici dal Bronx a Manhattan ed è iniziata la mia nuova vita da pendolare. In realtà ero un pendolare anche prima quando andavo in ufficio al Bronx con la macchina, ma ora questa opzione non ha più senso ed è preferibile prendere il treno dal Connecticut a New York.  La mia giornata inizia prima dell’alba, alle 5:30 am in punto, quando la sveglia, inesorabile, mi ricorda che è ora di alzarmi e non mi è concesso poltrire perché anche un solo minuto potrebbe farmi perdere il treno. Mi alzo con un occhio chiuso e l’altro aperto, mi faccio una doccia, preparo una colazione waffle e caffè, stiro camicia e pantaloni, mi vesto e mi fiondo in macchina. Devo arrivare alla stazione poco prima delle 7. Parcheggio la macchina e salto sul treno delle 7 e 05. Nelle carrozze il silenzio è irreale. C’è chi dorme, chi smanetta sull’iPhone, chi guarda un film sull’iPad e chi crea file Excel con il portatile sulle ginocchia. Il silenzio è interrotto dal “tickets please” e dal clic clac dell’obliteratrice del controllore. Tutti tirano fuori il biglietto, noi pendolari il mensile sull’app, i turisti il biglietto cartaceo. Noi pendolari guardiamo i turisti con un sorriso bonario. Non rivedremo le stesse facce domani perché siamo noi gli unici eroi della sveglia alle 5 am “monday to friday”. Alle 8 in punto arrivo a Grand Central, la stazione ferroviaria più grande al mondo, con i suoi 67 binari, il bandierone americano issato dopo l’11 settembre, e l’immenso atrio centrale immortalato in tantissimi film. Lo spettacolo è straordinario ed è un miracolo che si ripete ogni giorno: migliaia di persone di razze, etnie, religioni differenti entrano ed escono come formiche in un formicaio. E ogni volta mi chiedo come sia stato possibile riuscire a riunire in modo pacifico persone da ogni parte del mondo in questa unica, meravigliosa città di cui Grand Central è un simbolo importante. Pensando al multiculturalismo vado a prendere la metro che in pochi minuti mi porta alla 59th Street. Esco in strada e mi dirigo verso l’ufficio. È sulla Madison Avenue, a pochi passi dalla 5th Avenue e dal famoso rettangolo verde di Central Park. Durante il cammino c’è tutta New York che inizia a svegliarsi. Gli odori provenienti dai carretti di muffin e bagel pervadono le strade e si mescolano agli odori del caffè dei bar, di Starbucks e di Dunkin Donuts. Donne eleganti chiamano il taxi al volo, uomini in giacca e cravatta affrettano il passo e ascoltano musica con le cuffie colorate della Beats, turisti curiosi guardano in alto e ammirano l’imponenza dei grattacieli. Arrivo in ufficio, saluto i colleghi e inizio a lavorare. Fatture, documenti doganali, report sulle vendite e sull’inventario. In pausa pranzo esco con un collega ed esploriamo la zona. Dobbiamo comprare da mangiare e troviamo un food truck che prepara hamburger a pochi dollari. Ne compriamo due che mangiamo in ufficio e inaspettatamente sono davvero buoni. Generalmente porto il cibo da casa ma questi food trucks sono una valida alternativa quando non c’è tempo di prepararsi qualcosa. Alle 5 si esce e il percorso è all’inverso: camminata dall’ufficio alla metro, treno da Grand Central a Stamford, macchina per venti minuti dalla stazione a casa. Il venerdì, però, mi concedo una variante: non prendo la metro e faccio una piacevole passeggiata dalla lungo la 5th avenue, dall’ufficio a Grand Central. Passo vicino Central Park, davanti all’hotel Plaza, e scendo giù tra i negozi più rinomati al mondo come Cartier, Tiffany, Bulgari, Gucci, Armani, Valentino, Versace. E passo anche accanto a Rockfeller Center, alla cattedrale di San Patrick e alla ormai celebre Trump Tower, alla cui entrata molti poliziotti armati fino ai denti non disdegnano selfie con i turisti curiosi. E quando sono in treno c’è un’altra “tradizione”. Lavoratori in giacca e cravatta fanno capannello, socializzano e bevono birre da 50 cl. Silenziosi e composti durante la settimana, si lasciano andare il venerdì pomeriggi per sbronzarsi senza ritegno ben prima di arrivare a casa. Ma va bene così, è finita un’altra settimana e bisogna svagarsi. Chissà da quanti anni fanno la vita da pendolare. E magari si conoscono tutti. Io, novello, sono solo alla mia seconda settimana ma potrei già tirare le somme. Non è facile svegliarsi alle cinque ma va ogni giorno un po’ meglio. Devo solo prendere il ritmo. E se qualche giorno la stanchezza fa capolino, l’energia e la vitalità di New York mi aiuta a ricaricarmi. Tra poco arriveranno le belle giornate e potrò godermi la big apple anche dopo il lavoro. Potrebbe andar peggio, insomma, non è poi cosi male una vita da pendolare dal Connecticut a New York.

domenica 25 febbraio 2018

Il voto degli Italiani all'estero

Il 4 Marzo, come tutti sappiamo, ci saranno le elezioni politiche in Italia e anche noi Italiani all'estero, iscritti all'AIRE, abbiamo il diritto al voto, per corrispondenza. 
Come sempre in queste occasioni si accendono delle discussioni infuocate tra gli Italiani che vivono all'estero e quelli che vivono in Italia. E noi che viviamo all'estero dobbiamo ascoltare le solite domande e osservazioni:
Ma è giusto dare il diritto di voto a voi Italiani all'estero?
Cosa ne sapete voi dell'Italia? 
Siete andati via e non dovreste poter votare! 
Ma perché vi interessa ancora dell'Italia? 
Vivete all'estero? E allora votate per il vostro Paese ospitante! 

Di primo istinto rispondo che sono un cittadino italiano e finché non mi tolgono la cittadinanza, credo sia giusto che mi sia concesso questo diritto. Pensandoci bene per devo dire che alcune delle obiezioni non siano completamente sbagliate. Alcune, non tutte. 

Dunque, riflessioni personali.
Quando pensano che non sappiamo più niente dell'Italia non è vero. O è vero a metà. Conosco tanti italo americani che in effetti hanno il diritto al voto ma che sono emigrati qui da ragazzini e non ne sanno molto dell'Italia. Mi fanno spesso cadere le braccia quando fanno discorsi in cui dipingono l'Italia come un Paese arretrato, come fosse appena uscito dalla seconda guerra mondiale. Questi votano se vogliono e forse non dovrebbero averne il diritto. E forse non dovrebbero poter votare coloro che hanno preso la cittadinanza italiana solo grazie al nonno che viveva in Italia e non conoscono l'italiano e in Italia ci sono andati al massimo una volta per vacanza. Darei il diritto solo a chi è nato in Italia.
Ma ci sono anche tante persone che sono emigrate 10-20 anni fa e che grazie ad internet seguono tutte le notizie, le indagini giornalistiche (in realtà purtroppo non ce ne sono molte), i dibattiti politici, le trasmissioni come Le Iene, Striscia la notizia e tante altre. Ma ovviamente non vediamo l'Italia con il solo filtro della TV, sarebbe fuorviante. Tramite Facebook, Whatsapp, Messenger, Skype, FaceTime, siamo sempre in contatto con parenti e amici e conosciamo bene come si vive oggi in Italia, le loro difficoltà, le disfunzioni dei piccoli paesi e delle grandi città.
A volte stranamente, si arriva al paradosso che molti emigrati all'estero conoscono meglio l'Italia di chi ci vive e non si è mai mosso di lì.
Ad esempio conosciamo qualcosa in più di questi, che ne dite?
Un'obiezione tipica è che chi è all'estero non ha più niente a che fare con l'Italia, non ha più niente in Italia e quindi non dovrebbe votare. Beh potrebbe essere non vero perché molti Italiani all'estero hanno una casa in Italia (vuota o in affitto) e pagano le tasse ogni anno. Le tasse le pagano in Italia e non dovrebbero poter votare anche se vivono all'estero? 

Insomma un'idea che potrebbe essere accettabile è: sei nato in Italia e hai diritto al voto anche se sei all'estero. Se paghi le tasse all'Italia perché hai ancora proprietà in Italia magari il diritto lo mantieni fino a che non vendi casa. Se non hai niente il diritto te lo togliamo dopo chessò 10-15 anni e lo riacquisti se torni a vivere in Italia.

Ma a parte il voto e non voto ciò che mi stupisce è l'astio che si rivela in quelle frasi..
Ma perché dovete poter votare? 
Siete andati via e allora basta, non dovete poter votare!

Ecco a me queste frasi sembrano trasudare acidità. Quasi come a dire: ci hai ripudiato andandotene via dalla nostra tribù? E allora stai li e non ti occupare più di noi. Non ti vogliamo più.
Beh amici, se siamo andati via è perchè l'italia ci ha costretto ad andare via. E se le cose fossero state migliori molti di noi sarebbero rimasti. Non abbiamo ripudiato "la tribù". Amiamo sempre l'Italia e gli Italiani, amici e parenti rimasti li e all'estero siamo sempre orgogliosi di dire al mondo che siamo Italiani e vivevamo nel più bel Paese del mondo. E poi non è che all'estero ci godiamo la vita come potreste pensare, non è che qui qui sia sempre tutto rose e fiori. Insomma se vedessimo dei miglioramenti un giorno potremmo anche tornare in quell'Italia che ci ha spinto ad andare via. E un miglioramento può avvenire anche grazie al contributo di noi Italiani all'estero con il nostro voto.

L'altro aspetto che mi stupisce di queste obiezioni è che gli Italiani rimasti in Italia pensano che si possa tagliare il cordone ombelicale con l'Italia non appena saliamo su quell'aereo che ci porta in un altro Paese. Non è così semplice.
Se sei nato in Italia da genitori nati in Italia, con nonni nati in Italia, se hai avuto amici italiani, se hai studiato elementari, medie, liceo, università in Italia, se hai guardato la tv italiana, se hai respirato Italia per 20-30 anni della tua vita e sei all'estero da soli 10 anni o poco più come si fa a dimenticarsi dell'Italia, chiudere la porta e non pensarci più? C'è chi ci riesce ma non è facile per tutti. Scusateci se all'Italia ci pensiamo ancora. E spesso.

Comunque buone elezioni a tutti, popolo italiano all'estero e popolo italiano in Italia. Per molti siamo due popoli ormai distinti e separati e quasi in contrasto, e in effetti in Italia tutto si basa sulle divisioni in fazioni di ultras. A questa divisione tra Italiani all'estero e Italiani in Italia ancora non ci avevo ancora pensato. E' una che si aggiunge alle altre. Spero che un giorno diventeremo più uniti.
Buon voto a tutti! 


lunedì 19 febbraio 2018

E' tornato Stefano Spadoni

Molti Italiani che amano gli Stati Uniti oggi seguono YouTubers, imprenditori e giornalisti italiani che vivono in Usa e raccontano le propria vita quotidiana in America.
Ma forse non tutti conoscono quello che per me è stato il migliore di tutti: Stefano Spadoni. 10-15 anni fa Spadoni era una figura leggendaria tra gli Italiani a New York. Le sue feste erano memorabili e le sue trasmissioni in radio su Big Apple Radio erano un appuntamento da non perdere. 
Io lo seguivo durante i miei ultimi anni di università quando presi la decisione che appena laureato avrei tentato l'avventura americana e Spadoni era una voce amica in un'Italia che in quel periodo ai miei occhi stava diventando sempre più anti americana, o perlomeno alla mia università, un covo di professori e studenti che odiavano gli Usa e cercavano di creare tanti soldatini anti americani. 
Io all'epoca gli scrivevo molte email e lui le sempre leggeva tutte in radio. Poi lessi anche il suo libro Vado a vivere a New York e penso che non ci sia un libro più interessante e utile per capire davvero la mentalità e la cultura americana.
Quando arrivai a New York Stefano Spadoni mi invitò in radio e qualche giorno dopo ad una delle sue mitiche feste...piena di modelle by the way. 
Poi di Spadoni ho perso un pò le tracce perché termine le trasmissioni in radio e credo si sia dedicato ad altri progetti. Ma oggi mi è arrivata una sua email molto gradita in cui mi comunica che ha ripreso le sue trasmissioni radiofoniche o meglio non saranno proprio come quelle di Big Apple Radio ma qualcosa di simile, che è già qualcosa, due podcast a settimana ascoltabili in diretta su Radio Monte Carlo o in streaming via podcast sul suo sito. 
Io ve lo consiglio, poi mi direte se lo trovate interessante.
Attenzione: Spadoni non è politically correct. Ha le sue idee forti e originali che a molti potrebbero non piacere. Ma anche se anche politicamente doveste pensarla in modo diverso potreste sicuramente apprezzare le sue notizie, storie e curiosità sulla vita reale a stelle e strisce. 
E tra parentesi tempo fa Spadoni accettò una mia intervista per il blog e se ne avete voglia ci lascio il link: Intervista a Stefano Spadoni. 
E dedicai un post anche al suo libro: Vado a vivere a New York.
Cosa dire...bentornato Spadoni!

lunedì 12 febbraio 2018

Smart tv, libertà e schiavitù

Negli ultimi anni ho guardato poca tv. Solitamente quando arrivo a casa di sera sono stanco per la lunga giornata lavorativa e quindi cucino qualcosa, mi metto al pc, controllo le email, leggo qualche notizia, mi aggiorno su Facebook, guardo qualche video su YouTube o a volte un film e me ne vado a dormire. La mia TV è quindi stata praticamente spenta negli ultimi anni e poche settimane fa, ironia della sorte, ha anche deciso di abbandonarmi, rotta, niente segni di vita. Era una vecchia tv del padrone di casa e quindi l'ho buttata via e, dopo qualche settimana, ho deciso di comprarne una a mie spese. 
Mi sono informato online e ne ho comprata una di buona qualità, per l'esattezza una Roku Tv. Una smart tv.  Ero praticamente indietro di 5 anni sulle nuove tecnologie e non pensavo che ci fossero stati tanti cambiamenti. Sono rimasto colpito quando ho visto che sulla mia tv, sostanzialmente legata ad internet, è possibile digitare il nome di qualsiasi film, attore, regista e troverai sempre tutto ciò che cerchi, la lista dei canali che trasmettono il film gratis e quelli che lo trasmettono a pagamento. Un'immensa videoteca virtuale contenente tutti i film esistenti. 
Ma non vorrei parlare semplicemente di una tv. E' solo il mezzo che mi ha fatto riflettere su alcune frasi che ascolto e leggo sempre più spesso: 

Oggi la vera informazione non esiste!
Ma quale libertà? Siamo tutti schiavi. Ci guidano dall'alto come pecore!  
Ci fanno credere tutto ciò che vogliono...loro! 

Non si può certo negare che i mass media abbiano un grande potere nel condizionare le idee e influenzare l'opinione pubblica. E le bufale online riescono spesso a guidarci verso un'area politica piuttosto che un'altra. E gli algoritmi di Facebook, Amazon e Google conoscono bene tutte le nostre abitudini e ci propongono consigli per gli acquisti spaventosamente mirati. Non voglio negare tutto questo però voglio fare un discorso obiettivo che indirettamente anche la mia nuova tv ha aiutato a rafforzare.

Oggi c'è una mare di informazione. Con poca ricerca chiunque ha accesso a milioni di articoli, audio, video, su ogni singolo aspetto dello scibile umano.
E l'informazione è a portata di tutti. Niente più biblioteche, niente più grossi volumi di enciclopedie impolverate. Pochi clic e l'informazione arriva sullo schermo di un pc, un portatile un tablet o uno smartphone.

Esplorando il magico mondo della mia smart tv ho notato che a parte i milioni di film è possibile avere accesso a qualsiasi tipo di contenuto, migliaia e migliaia di canali tematici e quasi tutti gratis:  canali come TED e le sue interessantissime conferenze, The Great Courses con le sue lezioni  di livello universitario, canali di lingua, canali di cucina, canali in cui insegnano le tecniche degli scacchi. E vogliamo parlare di Wikipedia e YouTube? Il trionfo della condivisione del sapere umano. prendiamo YouTube. Più che i film e i documentari sono interessantissimi i canali delle persone comuni che da qualsiasi angolo del pianeta riescono a insegnarti qualcosa e farti condividere le loro esperienze. Tramite loro possiamo conoscere Paesi, culture e tradizioni, ma anche l'economia, la storia le regole degli sport, la letteratura, la mitologia. 
Pensate che tramite YouTube ho studiato per l'esame di Microsoft Excel 2013 specialist e lo ho superato a novembre! Grazie Hun Kim per le tue lezioni chiarissime e piene di esempi pratici.

Ora, come facciamo a dire che non esiste informazione? Come facciamo a dire che siamo schiavi?
Va bene un pò di sana critica sui media ma la mancanza di libertà è un'altra cosa. Giorni fa ho visto un documentario su YouTube (di nuovo grazie YouTube) in cui questi contrabbandieri rischiavano la vita per oltrepassare di notte il confine tra la Corea del Sud e la Corea del Nord per introdurre nel Paese dei pericolosissimi...dvd! Film, niente di che, canzoni, spettacoli, intrattenimento e libertà, cose proibite in un Paese in cui si rischia la vita a guardare ciò che non è approvato dal regime. 

E quindi mi chiedo: dove è questa privazione di libertà,  dove è questa censura?
Per conto mio mi reputo fortunato di vivere in un Paese in cui, come in Italia e in tutta Europa, tutto sommato la libertà è reale, con tutti i suoi difetti, ma la libertà è reale.
E quindi:
Grazie YouTube
Grazie Wikipedia
Grazie Netflix
Grazie Amazon
Grazie Smart TV

I complottisti possono farsi un viaggio in Corea del Nord.