Ogni anno i ragazzi americani all'ultimo anno di high school aspettano con ansia le risposte delle università alle quali hanno mandato la domanda di accettazione.
Rejected, Waitlisted, Accepted: queste sono le 3 parole sempre nei loro discorsi, nei loro sogni e dei loro incubi, in quel periodo.
Solitamente ogni ragazzo fa domanda a più università, che qui chiamano comunemente college, anche 15-20, e poi vanno a controllare le varie decisioni sui vari siti, facendo il login con il loro account personale.
Come sapete in Usa quasi tutti i college sono a numero chiuso e per venire accettati bisogna conquistarli mandando documenti, relazioni, superando test, elencando tutte le attività extra curriculari e, se non erro, anche sostenendo brevi colloqui o mandando dei video presentazione di alcuni minuti.
Solitamente i ragazzi fanno domanda alle università più prestigiose in cui è molto difficile essere accettati, ma anche a università più "reachable" ossia con percentuali di accettazione più alte e altre considerate "safety college" in cui dovrebbe essere più facile venire accettati, ma ovviamente sono anche le meno prestigiose.
Si può quindi capire il periodo di suspence che vivono i ragazzi americani quando arriva il periodo dell risposte soprattutto l'Ivy Day ovvero il giorno, a fine Marzo, in cui vengono pubblicate le decisioni degli 8 college più prestigiosi, della Ivy League:
Brown
Columbia
Cornell
Darthmouth
Harvard
Penn
Princeton
Yale
Ecco alcuni video sulle reazioni alle decisioni dei college:
College Decision Reaction 1
College Decision Reaction 2
I college americani sono molto costosi, anche 50-60 mila dollari l'anno, e infatti molti genitori iniziano a risparmiare per il college dei figli...il giorno dopo la loro nascita. Se sono ricchi ovviamente potranno pagare tutti gli anni del college altrimenti un bel gruzzoletto aiuta comunque e per il resto si spera in una delle tantissime borse di studio.
Oppure, come la maggior parte dei comuni mortali, i ragazzi devono ricorrere ai prestiti bancari i cosiddetti student loans.
Prestiti bancari per pagarsi l'università? A noi può sembrare strano ma qui è considerato normale.
E ovviamente ci sono pro e contro.
Se ti laurei ad un college rinomato probabilmente a 23-24 anni avrai già un ottimo lavoro con uno stipendio abbastanza alto ma devi essere consapevole che per una decina d'anni una parte del tuo guadagno deve essere usato per ripagare il prestito bancario.
Le banche prestano soldi con una certa facilità perchè, a parte i genitori degli studenti che spesso fanno da garante, le banche sanno che un laureato di un college rinomato probabilmente troverà un ottimo lavoro e potrà ripagare il prestito con gli interessi.
In definitiva però se vieni accettato in questi college sai già che avrai una vita economica più serena e poi è anche questione di prestigio tra gli amici e di riconoscimento delle tue capacità.
Sono stato accettato a Yale, Harvard e Princeton! Sono un tipo in gamba! E nel Paese delle competitività estrema essere accettato da un college importante vuol dire partire con un passo in più rispetto a chi non viene accettato.
Un aspetto curioso dal mio punto di vista italiano è che il giorno in cui di benvenuto alle matricole nel college ci sono ovunque striscioni con Welcome class of... e la data di quattro anni più avanti. Se siamo nel 2019 sugli striscioni ci sarà scritto Welcome class of 2023: Benvenuti laureati del 2023. Il college dura 4 anni, non esiste il fenomeno del fuori corso e quindi ti laurei in 4 anni esatti dal giorno di benvenuto. E a 22 anni potrai già cercare lavoro. Forse le cose ora sono cambiate anche in Italia ma ai miei tempi l'età media dei laureati era 25-27 anni, e molti andavano anche oltre i 30 a causa di vari anni fuori corso, complici spesso anche dei prof che ti facevano perdere anni per un esame.
L'altro aspetto interessante è la certezza dei ragazzi americani sul loro futuro.
Mi viene in mente una scena del film My Name is Tanino in cui Tanino scappa dall'Italia per evitare il servizio militare (aveva sostenuto pochi esami e non poteva fare più il rinvio) e va negli Stati Uniti dove fa una visita a sorpresa a Sally, la studentessa americana di cui si era innamorato durante una breve vacanza italiana di Sally. Quando il padre di Sally chiede a Tanino: Cosa studi? lui risponde: Regia. E quando gli chiede cosa vuoi fare dopo? Tanino è dubbioso, come se non ci avesse ancora pensato e farfuglia: Di preciso preciso non lo so, who will live will see, chi vivrà vedrà.
Sa già che i sogni in Italia non sono facili da realizzare, quindi meglio non sognare troppo. Prima pensiamo a laurearci e poi chi vivrà vedrà.
domenica 8 settembre 2019
sabato 31 agosto 2019
Io odio il sistema sanitario americano - Parte 5
Pochi giorni dopo dallo studio oculistico mi mandano gratis e a sorpresa i risultati delle due visite. E le mandano anche al mio medico. Leggo tutto e sostanzialmente c'è solo qualcosa da tenere sotto controllo, e mi suggeriscono di tornare dopo qualche mese per degli altri controlli e mi suggeriscono di nuovo di fare l'ecografia alla carotide al più presto possibile.
Per curiosità, rispondo via email e chiedo il costo dell'ecografia. Non chiedo la cifra che dovrei pagare di tasca mia perché quello è determinato dall'assicurazione dopo varie valutazioni ma chiedo proprio "How much will you bill my insurance?" (Quanto chiederete alla mia assicurazione?)
E rispondono, poiché verresti visitato tramite 3 macchinari da $600 l'uno il totale è $1,800.
Assurdo, faccio una breve ricerca su Google e scopro che in Italia costa sui 100 euro o anche meno.
Mi viene da ridere e rispondo che per il momento non voglio fare questa ecografia.
Mi telefonano dallo studio e mi dicono che se proprio ho deciso di non farla devo firmare un hai deciso che non la vuoi fare? Devi firmare un'autorizzazione di negazione delle cure.
Cioè?
La dottoressa ha ordinato che fai questa ecografia per motivi di salute e quindi se hai deciso di non farla devi firmare il Denial of treatment form.
Non ho deciso di non farla, sto dicendo che forse la faccio in futuro o forse la faccio in Italia.
Non conta, la dottoressa ha ORDINATO che devi fare questa visita for medical reasons e devi firmare questo modulo in cui dichiari di non voler proseguire con il treatment.
Inizia a salirmi l'orticaria e rispondo: scusa non ne capisco la necessità. Il dottore ha SUGGERITO di fare questa ecografia (voglio farle capire che il suo verbo ORDINATO va cambiato con SUGGERITO) e ho deciso di non seguire per ora questo SUGGERIMENTO. Perché devo firmare una carta? E mentre scrivo penso che sono io che decido del mio corpo. Non voglio farla non la faccio. Non siete voi a poter disporre del mio corpo a vostro piacimento.
Ma faccio pace col cervello, firmo e gliela mando indietro.
E cerco di capire la ragione di questa ridicola burocrazia e arrivo alla conclusione che lo fanno solo per tutelarsi. In un sistema in cui ogni visita è un business, i soldi chiamano soldi e i soldi chiamano le cause. Quante volte si sente dire di medical malpractice!
Se un paziente ha qualche problema può citare il medico primo perché un errore medico costa soldi al paziente e secondo perché dove girano soldi qualche paziente potrebbe anche provarci a guadagnarci qualcosa. Il mio ex padrone di casa, ad esempio, è sempre sul piede di guerra contro medici e dentisti, primo perché effettivamente gli chiedono sempre migliaia di dollari e poi perché quando dimostra un loro errore effettivo può sempre ricavarci qualcosa. Ma che io sappia non è mai riuscito a ottenere granché anche quando aveva ragione perché è semplicemente un pesce piccolo in un mare di squali.
Comunque, tornando a me, pochi giorni dopo il denial of treatment vado dal mio medico per il checkup annuale e parliamo anche delle mie visite oculistiche. E mi dice che spesso fanno firmare il denial of treatment solo per spaventarti così magari ci ripensi e continui con il treatment suggerito.
Poi mi controlla con attenzione anche il collo e mi fa: non ti preoccupare non ci sono problemi alle arterie altrimenti avrei sentito qualcosa.
Ah bene, tutto bene allora? Lo studio oculistico mi ha fortemente consigliato o meglio ordinato, come dicono loro, di fare un'ecografia, che dice la faccio comunque per sicurezza, magari in Italia?
Non ha senso che spendi questi soldi - risponde - credimi, va tutto bene. Non c'è bisogno.
Per curiosità, rispondo via email e chiedo il costo dell'ecografia. Non chiedo la cifra che dovrei pagare di tasca mia perché quello è determinato dall'assicurazione dopo varie valutazioni ma chiedo proprio "How much will you bill my insurance?" (Quanto chiederete alla mia assicurazione?)
E rispondono, poiché verresti visitato tramite 3 macchinari da $600 l'uno il totale è $1,800.
Assurdo, faccio una breve ricerca su Google e scopro che in Italia costa sui 100 euro o anche meno.
Mi viene da ridere e rispondo che per il momento non voglio fare questa ecografia.
Mi telefonano dallo studio e mi dicono che se proprio ho deciso di non farla devo firmare un hai deciso che non la vuoi fare? Devi firmare un'autorizzazione di negazione delle cure.
Cioè?
La dottoressa ha ordinato che fai questa ecografia per motivi di salute e quindi se hai deciso di non farla devi firmare il Denial of treatment form.
Non ho deciso di non farla, sto dicendo che forse la faccio in futuro o forse la faccio in Italia.
Non conta, la dottoressa ha ORDINATO che devi fare questa visita for medical reasons e devi firmare questo modulo in cui dichiari di non voler proseguire con il treatment.
Inizia a salirmi l'orticaria e rispondo: scusa non ne capisco la necessità. Il dottore ha SUGGERITO di fare questa ecografia (voglio farle capire che il suo verbo ORDINATO va cambiato con SUGGERITO) e ho deciso di non seguire per ora questo SUGGERIMENTO. Perché devo firmare una carta? E mentre scrivo penso che sono io che decido del mio corpo. Non voglio farla non la faccio. Non siete voi a poter disporre del mio corpo a vostro piacimento.
Ma faccio pace col cervello, firmo e gliela mando indietro.
E cerco di capire la ragione di questa ridicola burocrazia e arrivo alla conclusione che lo fanno solo per tutelarsi. In un sistema in cui ogni visita è un business, i soldi chiamano soldi e i soldi chiamano le cause. Quante volte si sente dire di medical malpractice!
Se un paziente ha qualche problema può citare il medico primo perché un errore medico costa soldi al paziente e secondo perché dove girano soldi qualche paziente potrebbe anche provarci a guadagnarci qualcosa. Il mio ex padrone di casa, ad esempio, è sempre sul piede di guerra contro medici e dentisti, primo perché effettivamente gli chiedono sempre migliaia di dollari e poi perché quando dimostra un loro errore effettivo può sempre ricavarci qualcosa. Ma che io sappia non è mai riuscito a ottenere granché anche quando aveva ragione perché è semplicemente un pesce piccolo in un mare di squali.
Comunque, tornando a me, pochi giorni dopo il denial of treatment vado dal mio medico per il checkup annuale e parliamo anche delle mie visite oculistiche. E mi dice che spesso fanno firmare il denial of treatment solo per spaventarti così magari ci ripensi e continui con il treatment suggerito.
Poi mi controlla con attenzione anche il collo e mi fa: non ti preoccupare non ci sono problemi alle arterie altrimenti avrei sentito qualcosa.
Ah bene, tutto bene allora? Lo studio oculistico mi ha fortemente consigliato o meglio ordinato, come dicono loro, di fare un'ecografia, che dice la faccio comunque per sicurezza, magari in Italia?
Non ha senso che spendi questi soldi - risponde - credimi, va tutto bene. Non c'è bisogno.
sabato 24 agosto 2019
Io odio il sistema sanitario americano - Parte 4
E veniamo alla Parte 4 di questa "mini-serie" dedicata alle mie esperienze recenti con il sistema sanitario americano.
Durante la visita oculistica, che ho raccontato nel post precedente, l'oculista mi consiglia di fare anche un controllo per il glaucoma che puo' fare lei stessa in un altro studio in un paese vicino.
Prenoto la visita e quando vado li, questa volta, a scanso di equivoci, chiedo di pagare in anticipo e non a fine visita che non sai mai se poi c'e' qualche altro costo a sorpresa.
Pago $60, vero? Ecco la mia carta di credito.
La signora al desk mi guarda strano, forse un po' spiazzata, ma conferma i $60 e accetta il pagamento.
Entro nello studio e prima di iniziare il tecnico dell'oculista, una ragazza simpatica, mi chiede di firmare un foglio. E' quasi buio perché ha già spento alcune luci per la visita ma mi dice che è solo per dare loro l'autorizzazione di mandare il conto all'assicurazione dopo la visita. L'assicurazione pagherà al 99% - dice. In sostanza è una formalità quindi leggo velocemente, ci sono le cifre che chiederanno per ogni macchinario che utilizzeranno, e firmo.
Alla fine della visita chiedo: Allora cosa mi dici, come stanno i miei occhi? E' tutto ok o c'e' qualche problema?
Devo mandare i risultati alla titolare, - risponde - oggi non c'è e io sono solo un tecnico. Valuta tutto, un pò come i pezzi di un puzzle.
Va bene - rispondo - ma può già dirmi qualcosa?
Ma non si sbilancia. Da un macchinari - dice - sembra che sia tutto ok ma non so bene per gli altri.
Non si preoccupi, analizzerà tutto la titolare e ti faremo sapere. So già per certo però - aggiunge - che per un determinato valore che ho notato la titolare consiglia sempre di fare un'ecografia alle arterie della carotide per vedere se ci sono blocchi nelle arterie. Dobbiamo assicurarci che il sangue fluisca bene al cervello. L'ecografia puoi farla qui nello studio a fianco.
Mi spavento un pò e chiedo: E non e' possibile farla ora, come parte di questa visita?
No, lo specialista oggi non c'è e comunque è una visita a parte. E o il nostro studio o il tuo medico curante deve informare e fare richiesta all'assicurazione.
Le dico per per ora non la prenoto e attendo prima i risultati della visita di oggi.
Passano i giorni ma non mi telefonano. E divento impaziente. ma quanto ci vuole per dirmi come e' andata la visita? Nel frattempo scopro che oltre ai $60 che hanno già preso da me hanno mandato il resto da pagare alla mia assicurazione: $1,150! MILLEECENTOCINQUANTA.
Dopo qualche giorno ricevo una telefonata dal tecnico e mi chiede se ho deciso per l'ecografia. Rispondo che potrei farla in futuro o magri in Italia ma le ricordo che sto ancora aspettando i risultati... allora questo glaucoma?
Mi dice che con l'ecografia si avrebbe un quadro completo ma un pò spazientito le dico che ecografia o non ecografia possono comunque già dirmi i risultati del glaucoma. Sono andato da loro per quello. Mi volete dire o no cosa hanno i miei occhi?
Mi richiama il giorno seguente e inizia a dirmi i risultato in modo generico: da quel macchinario risulta che c'è un valore un po alto, ti ricordi quell'altro? Quello va bene. E poi invece quell'altro ha rilevato un valore un pò borderline...
La fermo e le dico: scusami un attimo, mi stai dando i risultati della visita al telefono. Potrei anche dimenticarmi. Vorrei vedere il cartaceo. Potete mandarmi i risultati via email?
Ma non è così facile...
E mi dice: Se vuoi puoi fissare un appuntamento con la titolare che ti spiega nel dettaglio ma sta andando in vacanza, magari quando torna le puoi fare un colpo di telefono.
E chiedo: Potete mandali via email? Anche per posta va bene.
Ma mi spiega che i risultati sono office material e che possono mandarmeli solo se faccio richiesta scritta compilando un modulo e specifica che comunque hanno un costo.
Coooosa? Io ho fatto una visita per cui ho pagato $60, avete anche mandato una fattura di $1,150 alla mia assicurazione (che in quel momento non aveva ancora deciso quanto pagare), e per avere i risultati su carta devo anche pagare? Praticamente ho pagato la visita per non avere niente in mano, solo delle vaghe parole al telefono?
Mi dice che al tuo medico curante o qualsiasi altro specialista, in caso in futuro decidessi di cambiare oculista, possono mandarli gratis.
Ma è ridicolo - penso - fossero pochi dollari ma e' il principio che è assurdo. Al mio medico li mandate gratis ma io dovrei pagare? E cosa e' una casta segreta che ha libero accesso a tutti i miei dati. Ed è un pò come se comprassi una TV ma per vederla io devo pagare ma altri medici possono accomodarsi a casa mia e guardarla gratis.
Comunque per curiosità chiedo di mandarmi va email il modulo per richiedere i risultati e leggo che che se firmo accetto di pagare 65 centesimi a pagina più varie e imprecisate spese amministrative.
E allora chiedo: Quindi quanto dovrei pagare esattamente?
Ma non lo sa di preciso. Dice che prima devo mandare il modulo firmato e poi fanno i conti.
Ma io voglio prima sapere quando devo pagare anche perchè che no so che quelle vaghe spese amministrative non ammontano a 50 dollari o più.
La situazione è snervante ma sono stufo di fare domande e per non rischiare spese sorpresa chiedo di mandare tutto al mio medico perchè andrò da lui a giorni per il controllo annuale. Li leggerà da lui i risultati.
Ma vi rendete conto? Qui fanno una visita ma tengono in ostaggio i tuoi risultati e te li danno solo se firmi una richiesta e paghi una cifra che viene svelata solo dopo la firma.
Ma continuo. Al prossimo post...
Durante la visita oculistica, che ho raccontato nel post precedente, l'oculista mi consiglia di fare anche un controllo per il glaucoma che puo' fare lei stessa in un altro studio in un paese vicino.
Prenoto la visita e quando vado li, questa volta, a scanso di equivoci, chiedo di pagare in anticipo e non a fine visita che non sai mai se poi c'e' qualche altro costo a sorpresa.
Pago $60, vero? Ecco la mia carta di credito.
La signora al desk mi guarda strano, forse un po' spiazzata, ma conferma i $60 e accetta il pagamento.
Entro nello studio e prima di iniziare il tecnico dell'oculista, una ragazza simpatica, mi chiede di firmare un foglio. E' quasi buio perché ha già spento alcune luci per la visita ma mi dice che è solo per dare loro l'autorizzazione di mandare il conto all'assicurazione dopo la visita. L'assicurazione pagherà al 99% - dice. In sostanza è una formalità quindi leggo velocemente, ci sono le cifre che chiederanno per ogni macchinario che utilizzeranno, e firmo.
Alla fine della visita chiedo: Allora cosa mi dici, come stanno i miei occhi? E' tutto ok o c'e' qualche problema?
Devo mandare i risultati alla titolare, - risponde - oggi non c'è e io sono solo un tecnico. Valuta tutto, un pò come i pezzi di un puzzle.
Va bene - rispondo - ma può già dirmi qualcosa?
Ma non si sbilancia. Da un macchinari - dice - sembra che sia tutto ok ma non so bene per gli altri.
Non si preoccupi, analizzerà tutto la titolare e ti faremo sapere. So già per certo però - aggiunge - che per un determinato valore che ho notato la titolare consiglia sempre di fare un'ecografia alle arterie della carotide per vedere se ci sono blocchi nelle arterie. Dobbiamo assicurarci che il sangue fluisca bene al cervello. L'ecografia puoi farla qui nello studio a fianco.
Mi spavento un pò e chiedo: E non e' possibile farla ora, come parte di questa visita?
No, lo specialista oggi non c'è e comunque è una visita a parte. E o il nostro studio o il tuo medico curante deve informare e fare richiesta all'assicurazione.
Le dico per per ora non la prenoto e attendo prima i risultati della visita di oggi.
Passano i giorni ma non mi telefonano. E divento impaziente. ma quanto ci vuole per dirmi come e' andata la visita? Nel frattempo scopro che oltre ai $60 che hanno già preso da me hanno mandato il resto da pagare alla mia assicurazione: $1,150! MILLEECENTOCINQUANTA.
Dopo qualche giorno ricevo una telefonata dal tecnico e mi chiede se ho deciso per l'ecografia. Rispondo che potrei farla in futuro o magri in Italia ma le ricordo che sto ancora aspettando i risultati... allora questo glaucoma?
Mi dice che con l'ecografia si avrebbe un quadro completo ma un pò spazientito le dico che ecografia o non ecografia possono comunque già dirmi i risultati del glaucoma. Sono andato da loro per quello. Mi volete dire o no cosa hanno i miei occhi?
Mi richiama il giorno seguente e inizia a dirmi i risultato in modo generico: da quel macchinario risulta che c'è un valore un po alto, ti ricordi quell'altro? Quello va bene. E poi invece quell'altro ha rilevato un valore un pò borderline...
La fermo e le dico: scusami un attimo, mi stai dando i risultati della visita al telefono. Potrei anche dimenticarmi. Vorrei vedere il cartaceo. Potete mandarmi i risultati via email?
Ma non è così facile...
E mi dice: Se vuoi puoi fissare un appuntamento con la titolare che ti spiega nel dettaglio ma sta andando in vacanza, magari quando torna le puoi fare un colpo di telefono.
E chiedo: Potete mandali via email? Anche per posta va bene.
Ma mi spiega che i risultati sono office material e che possono mandarmeli solo se faccio richiesta scritta compilando un modulo e specifica che comunque hanno un costo.
Coooosa? Io ho fatto una visita per cui ho pagato $60, avete anche mandato una fattura di $1,150 alla mia assicurazione (che in quel momento non aveva ancora deciso quanto pagare), e per avere i risultati su carta devo anche pagare? Praticamente ho pagato la visita per non avere niente in mano, solo delle vaghe parole al telefono?
Mi dice che al tuo medico curante o qualsiasi altro specialista, in caso in futuro decidessi di cambiare oculista, possono mandarli gratis.
Ma è ridicolo - penso - fossero pochi dollari ma e' il principio che è assurdo. Al mio medico li mandate gratis ma io dovrei pagare? E cosa e' una casta segreta che ha libero accesso a tutti i miei dati. Ed è un pò come se comprassi una TV ma per vederla io devo pagare ma altri medici possono accomodarsi a casa mia e guardarla gratis.
Comunque per curiosità chiedo di mandarmi va email il modulo per richiedere i risultati e leggo che che se firmo accetto di pagare 65 centesimi a pagina più varie e imprecisate spese amministrative.
E allora chiedo: Quindi quanto dovrei pagare esattamente?
Ma non lo sa di preciso. Dice che prima devo mandare il modulo firmato e poi fanno i conti.
Ma io voglio prima sapere quando devo pagare anche perchè che no so che quelle vaghe spese amministrative non ammontano a 50 dollari o più.
La situazione è snervante ma sono stufo di fare domande e per non rischiare spese sorpresa chiedo di mandare tutto al mio medico perchè andrò da lui a giorni per il controllo annuale. Li leggerà da lui i risultati.
Ma vi rendete conto? Qui fanno una visita ma tengono in ostaggio i tuoi risultati e te li danno solo se firmi una richiesta e paghi una cifra che viene svelata solo dopo la firma.
Ma continuo. Al prossimo post...
domenica 18 agosto 2019
Io odio il sistema sanitario americano - Parte 3
Continuiamo, siamo nel mondo della sanità USA, un acquitrino malsano e puzzolente dal quale affiorano personaggi furbetti, con cose dette e non dette, foglietti poco chiari da firmare, clausole e contro-clausole. Se non state attenti potete cadere in quelle acque putride nelle grinfie di quegli zombie del sistema sanitario che possono sfilarti centinaia di dollari.
Un paio di anni fa prenotai una visita oculistica da uno specialista.
Con la mia assicurazione pago ogni visita specialistica $60 ma è solo il mio copay perché le visite specialistiche costano molto di più. In poche parole io pago $60 ma dopo la visita lo specialista manda il resto del conto alla mia assicurazione, può essere $300-400, a me neanche lo dicono al momento perché devono preparare i dettagli, e poi l’assicurazione valuta quanto pagare e spesso avvalendosi di commi e sotto commi cerca di pagare il meno possibile.
Torniamo alla visita oculistica. Non so in Italia ma qui in USA gli oculisti adottano una piccola furbata. Considerano la visita per le lenti a contatto qualcosa di diverso dalla visita regolare agli occhi. Se vuoi sapere quali lenti a contatto vanno bene per te, devi pagare per un'altra visita.
Durante la visita, l'oculista mi chiede se voglio fare anche il controllo per le lenti a contatto. Va bene, dico. So già che il controllo per le lenti a contatto è qualcosa di separato e mi aspetto di pagare altri $60. La visita è molto accurata con macchinari avanzati ma la visita per le lenti a contatto in cosa consiste?
Semplice, l'oculista mi da due lenti a contatto e me le fa provare. Osserva gli occhi tramite un macchinario e mi fa: Si queste lenti a contatto ti stanno proprio bene. Fine della visita per le lenti a contatto.
A fine visita vado dalla ragazza al desk per pagare. Sono 190 dollari, mi dice. 190? - chiedo- mi aspettavo di pagare 120. Ma lei mi spiega che il controllo per le lenti a contatto non è considerata una visita vera e propria ma un extra non coperto dall'assicurazione e costa $130 e quindi $60 per la visita agli occhi più $130 per la “visita” per le lenti a contatto, totale $190. Si può pagare $130 così per indossare due lenti a contatto e farsi osservare a un macchinario per 10 secondi?
Mettiamo da parte le lenti a contatto. Due giorni dopo la visita, mi accorgo che avrei dovuto fare la visita con il referral, ovvero l'impegnativa, del mio medico curante. Poche settimane prima, infatti, la mia compagnia aveva cambiato il piano dell'assicurazione di noi impiegati e se prima potevamo prenotare visite specialistiche senza impegnativa, ora l'impegnativa è necessaria.
La ragazza al desk dell'oculista prima della visita mi ha chiesto il tesserino della mia assicurazione, ne ha fatto una copia ma non ha controllato o non mi ha chiesto se per fare la visita avevo bisogno del referral. Diciamo che è anche colpa mia non saperlo (maledette compagnie che per risparmiare cambiano sempre qualcosa alla tua assicurazione...) anche se non capisco perché mai per ogni visita specialistica le ragazze al desk fanno sempre una copia della tua tesserino sanitario ma non controllano o non ti chiedono mai niente. Comunque vado dal mio medico e mi faccio fare l'impegnativa. Tra parentesi per farmi l'impegnativa mi fa comunque pagare 30 dollari di copay, la cifra che devo pagare ogni volta che vado dal mio medico curante e lui dopo avermi fatto un breve controllo, peso, pressione e due domande tanto per far vedere che ha fatto una visita manda il conto di $150 alla mia assicurazione che tra parentesi gliene da solo $30. Ma andiamo avanti.
Mando l'impegnativa alla mia assicurazione con la speranza che l'accettino anche se due giorni dopo la visita.
Nel frattempo vado online sul sito della mia assicurazione, faccio il login e scopro che l'oculista ha mandato $440 di conto all'assicurazione. Cioè tralasciando i $130 per le lenti a contatto che non rientrano in questi conti, hanno preso $60 da me ma per loro il totale della visita agli occhi è $440 e li chiedono all'assicurazione. Una cifra astronomica, sono in shock quando lo leggo. La stessa visita in Italia costerebbe non più di $150. Dopo qualche giorno la mia assicurazione prende la decisione: di quei $440 pagherà...zero! Spiegano che non hanno ricevuto l'impegnativa del mio dottore dal mio dottore o dall'oculista e anche se l'hanno ricevuta da me due giorni dopo la visita, sostanzialmente non vale.
Mi chiama lo studio dell'oculista e mi dice che quei $440 quindi li devo pagare io. Cosa? Devo pagare altri $440? Ma l'errore è anche vostro che mi avete fatto fare la visita senza assicurarvi che servisse l'impegnativa e comunque, errore mio o errore vostro, non potete chiedere una cifra così alta per una visita oculistica. Inoltre se avessi avuto l'impegnativa del mio medico, l'assicurazione avrebbe pagato meno di $440, quindi perché da me volete tutti i $440 ma con l'assicurazione vi sareste messi a cuccia e avreste come sempre accettato qualsiasi cifra? Ma niente da fare.
Contatto la mia assicurazione e spiego la situazione. Non sapevo ci fosse bisogno dell'impegnativa, la mia compagnia ha cambiato piano assicurativo poche settimane fa ma sono comunque andato dal medico per l'impegnativa due giorni dopo la visita, ce l'ho, ve l'ho mandata via email. Potete riconsiderare la vostra decisione? Mi dicono che mi avrebbero fatto sapere in due settimane.
Nel frattempo leggo che nello stato del Connecticut non è permesso il balance billing ovvero se lo specialista è nel network della tua assicurazione (e l'oculista è in network), allora deve accettare la cifra che paga l'assicurazione e nel caso pagasse meno di quanto richiesto, come avviene praticamente sempre, non può mandare il resto da pagare al paziente. Bene, ma poiché ci sono sempre cavilli continuo a lottare con la mia assicurazione, tra email e telefonate, per non rischiare di dover pagare io i $440. Come è finita?
Due settimane dopo la visita, con mia grande sorpresa, l'assicurazione dice che ha accettato l'impegnativa anche se l'ho mandata in ritardo e di quei $440 ne pagheranno solo circa $100 all'oculista, io dovrò pagare altri $10 e l'oculista non può chiedermi altro. Ottimo! Pericolo scampato e un sospiro di sollievo.
L'oculista ha incassato molto meno della cifra richiesta però a pensarci bene non ha esitato un istante a girare a me quei $440 non appena ha temuto che l'assicurazione non avrebbe tirato fuori un dollaro.
La cosa che ancora non concepisco è che gli specialisti (i medici, gli ambulatori, gli ospedali) mandano sempre cifre astronomiche all'assicurazione sapendo già che riceveranno molto meno. Ma quindi perché lo fanno? Forse perché' sperano in qualche errore o cavillo e in quel caso possono rifarsi direttamente sul paziente che non ha il potere contrattuale delle potenti assicurazioni. Insomma sono deboli coi forti e forti coi deboli.
Ma si può vivere con questa angoscia dopo ogni visita? Aspettare di vedere sempre come finisce il duello tra medici e assicurazione? Con l'ansia che può arrivare un medical bill anche a distanza di mesi? Magari ti dimentichi della visita ma all'improvviso ti arriva una lettera a sorpresa: bill da pagare! Se sei sano come un pesce ti fanno ammalare tutti questi stress, queste angosce e queste attese.
Ma veniamo alla seconda visita oculistica, nel prossimo post...
mercoledì 7 agosto 2019
Io odio il sistema sanitario americano - Parte 2
Altro episodio. Dieci mesi fa circa vado dal dentista. Oltre all'assicurazione medica, la mia compagnia paga anche quella dentistica che include due pulizie gratis all'anno gratis. Vado quindi per una pulizia regolare e durante quella visita mi dicono che avrei dovuto curare alcune carie, fare un paio di devitalizzazioni e forse una corona e poi mi consigliano di fare anche una deep cleaning, pulizia profonda. Dicono che è necessaria per la salute dell'osso sotto le gengive. Ok, va bene, mi fanno firmare un foglio in cui sono elencate dente per dente la cifra che avrebbe pagato l'assicurazione e la cifra che avrei dovuto pagare io (la mia assicurazione copre infatti alcune cose al 50% altre all'80%, altre al 100% e altre allo 0%). Una quindicina di righe tra cui anche quelle per la pulizia profonda per la quale è scritto che l'assicurazione avrebbe pagato 0 e il costo totale sarebbe stato a mio carico: $448. Quando chiedo chiarimenti mi dicono che quel che quel foglio è solo indicativo e che poiché la pulizia profonda è necessaria l'assicurazione avrebbe quasi sicuramente pagato. Non dovevo preoccuparmi per quello. Ok firmo. Faccio la pulizia profonda nel giro di due settimane e mi fanno pagare solamente $80 dollari. Bene, penso, il resto lo pagherà l'assicurazione.
Dopo qualche mese il dentista mi dice che l'assicurazione non ha pagato. Non ha reputato necessaria la pulizia profonda perché dai raggi sembra tutto ok. Dico al mio dentista che sono sorpreso ma che non reputo giusto dover pagare quando mi avevano praticamente assicurato che la pulizia era necessaria e che la mia assicurazione avrebbe pagato. Io pensavo che lo studio dentistico avesse telefonato all'assicurazione per avere certezza ma apparentemente non è così. Comunque il tipo che si occupa delle fatture è un pà in difficoltà e forse un pò in imbarazzo per avermi fatto fare una pulizia praticamente non necessaria e mi dice: ehm si va bene non devi pagare.
Così passano i mesi e mi dimentico di quella visita ma pochi giorni fa, 10 MESI dopo la visita, mi arriva una lettera da parte della sede centrale dello studio dentistico (hanno varie sedi) e mi dicono che hanno notato che per quella pulizia profonda ho pagato solo $80 ma c'è ancora un balance di $368. Cosa??? Li contatto spiegando che non devo pagare, che il dentista mi ha fatto fare qualcosa di non necessario e che mi hanno anche detto che potevo non pagare ma...mi fu detto a voce. Alla fine c'è sempre un foglio di carta sul quale ho firmato per carie e altre cose tra cui la pulizia profonda sui cui è scritto che l'assicurazione pagherà 0. Le parole volano al vento ma le carte restano. Errore mio firmare anche se mi dissero che era solo un foglietto indicativo ma insomma sto aspettando una loro risposta. Situazione kafkiana.
Dopo qualche mese il dentista mi dice che l'assicurazione non ha pagato. Non ha reputato necessaria la pulizia profonda perché dai raggi sembra tutto ok. Dico al mio dentista che sono sorpreso ma che non reputo giusto dover pagare quando mi avevano praticamente assicurato che la pulizia era necessaria e che la mia assicurazione avrebbe pagato. Io pensavo che lo studio dentistico avesse telefonato all'assicurazione per avere certezza ma apparentemente non è così. Comunque il tipo che si occupa delle fatture è un pà in difficoltà e forse un pò in imbarazzo per avermi fatto fare una pulizia praticamente non necessaria e mi dice: ehm si va bene non devi pagare.
Così passano i mesi e mi dimentico di quella visita ma pochi giorni fa, 10 MESI dopo la visita, mi arriva una lettera da parte della sede centrale dello studio dentistico (hanno varie sedi) e mi dicono che hanno notato che per quella pulizia profonda ho pagato solo $80 ma c'è ancora un balance di $368. Cosa??? Li contatto spiegando che non devo pagare, che il dentista mi ha fatto fare qualcosa di non necessario e che mi hanno anche detto che potevo non pagare ma...mi fu detto a voce. Alla fine c'è sempre un foglio di carta sul quale ho firmato per carie e altre cose tra cui la pulizia profonda sui cui è scritto che l'assicurazione pagherà 0. Le parole volano al vento ma le carte restano. Errore mio firmare anche se mi dissero che era solo un foglietto indicativo ma insomma sto aspettando una loro risposta. Situazione kafkiana.
venerdì 2 agosto 2019
Risposte ai vostri commenti
Ragazzi/e, non riesco più a rispondere ai vostri commenti come TornoavivereinAmerica. Non so perché. C'è qualche esperto di blogger? Riesco comunque a pubblicare post. Grazie
mercoledì 31 luglio 2019
Io odio il sistema sanitario americano - Parte 1
Ciao a tutti, lo so...non scrivo da molto tempo ma sono tornato e nei prossimi post vorrei parlarvi di due argomenti ovvero le mie esperienze recenti con il sistema sanitario americano e le fasi dell'acquisto del mio appartamento. Solo vita reale nel mio blog, quotidianità americana, non un blog da turisti, ma vita vissuta.
Ma a parte gli scherzi, procediamo con ordine.
Partiamo dalla sanità con una premessa: per le visite mediche di cui vi parlerò ho commesso io alcuni errori di inesperienza ma voglio raccontare tutto ugualmente per farvi capire il funzionamento del sistema in sé che genera stress, ansie, incertezze e incazzature.
Circa 8 mesi fa mi accorgo che ho una piccola macchia rossa in un occhio. Prenoto una visita dal mio medico che il giorno dopo mi riceve al suo studio. Come di consueto prima di entrare, la signora dell'accettazione mi chiede la tessera dell’assicurazione, fa una copia e mi chiede i soliti 30 dollari di copay. E' la cifra che devo pagare di tasca mia per ogni visita dal mio medico, tutto il resto è tra il dottore e la mia assicurazione, che si accordano dopo la visita. Entro nello studio e l'assistente del dottore mi misura il peso e la pressione (ce ne è proprio bisogno?). Poi entra il dottore, gli dico del problema all'occhio, lo osserva per pochi secondi e dice di non fare niente perché la macchia scomparirà in breve tempo. Durata della visita: 5 minuti.
Poche settimane fa, ben sei mesi dopo la visita, ricevo una lettera dallo studio medico in cui mi si comunica che devo pagare altri $105 dollari! Ma come, io ho pagato come sempre i miei $30, perché se ne escono fuori con questi altri $105?
Telefono alla mia assicurazione e allo studio medico e scopro il motivo. Al momento della visita il mio medico non faceva più parte del network dell'assicurazione. Ogni assicurazione ha infatti una rete di dottori associati, in network. Se vai da uno di loro, paghi una piccola cifra e l'assicurazione paga tutto il resto. Se vai da dottori out of network devi pagar tutto di tasca tua.
Poiché nessuno mi aveva avvisato io sono andato tranquillamente dal mio medico, come facevo da tanti anni, non sapendo che a un certo punto è uscito fuori dal network della mia assicurazione. E la signora dell'accettazione non mi ha detto niente. Cosa controllano a fare la tessera assicurativa? E perché prima né l'assicurazione, né lo studio del dottore mi ha avvisato? Se lo avessi saputo non sarei andato da lui, e avrei trovato un altro medico, in network.
Ma a quanto pare sei tu, il paziente, a doverti informare periodicamente se il tuo medico è ancora nel network. E così sostanzialmente ho fatto inconsapevolmente una visita da paziente out of network che deve pagare tutto di tasca sua.
La cosa che mi ha più contrariato è che ho capito che per ogni visita il medico manda sempre un conto di circa 100-150 dollari all'assicurazione che non paga mai tutto. Al massimo 30-40 dollari perché hanno un contratto con l'assicurazione e in pratica accettano quello che viene pagato. Solo che quando c'è un cavillo e l'assicurazione non paga, quando possono chiedono al paziente...e dal paziente vogliono tutta la cifra, non una piccola parte. In poche parole con l'assicurazione si mettono a cuccia, ma col paziente sono avvoltoi. E tu ti senti abbastanza impotente, perché non hai potere contrattuale, sei solo un pesce piccolo e paghi, se non vuoi perdere tempo in lamentele o inutili cause.
Ma veniamo alla prossima visita. Ve ne parlo in un prossimo post.
sabato 29 settembre 2018
Italiani che emigrano all'estero, Italiani che restano in Italia
Italiani che emigrano all'estero, Italiani che restano in Italia. Tutti Italiani ma due popoli apparentemente diversi che si criticano a vicenda:
Voi non avete avuto il coraggio di emigrare! E' comodo stare a casa dei genitori e non dover pagare vitto e alloggio!
Voi siete scappati dall'Italia! Noi siamo rimasti qui a lottare per migliorare le cose!
Dopo tanti anni all'estero queste polemiche le ho lasciate alle spalle anche se ogni tanto rispuntano fuori. Per me sono semplicemente scelte di vita. Cosa penso degli Italiani rimasti in Italia? Li rispetto e li ho sempre rispettati. Alcuni avrebbero voluto andare all'estero ma gli è mancato il coraggio, altri senza un euro o senza un appoggio all'estero hanno dovuto rinunciare a partire. Molti altri non hanno mai voluto emigrare, non tutti abbiamo lo stesso desiderio, e profondamente legati al proprio paese o alla propria città hanno deciso di restare nonostante la situazione economica degli ultimi anni sia molto difficile. Sono scelte di vita e rispetto tutti.
Spesso, però, chi è rimasto in Italia tira fuori dal cilindro una frase ben nota a noi che siamo all'estero:
Troppo facile andare all'estero, noi siamo rimasti in Italia a lottare!
Vorrebbero farti sentire in colpa, come se tu fossi un egoista ingrato che ha lasciato gli altri soli a "combattere" contro le cose che non vanno bene nel nostro Paese. Sottolineo nostro perché è anche il paese di chi è emigrato. E se per caso continui a interessarti dell'Italia, a dare giudizi e anche, perché no, a criticare le disfunzioni italiane, ti dicono velatamente o esplicitamente che la tua vita e' all'estero e non dovresti più interessarti dell'Italia.
Vorrei chiarire alcuni punti, senza polemiche, per comprenderci meglio noi popolo di emigrati e voi popolo dei rimasti in Italia.
1) Non è facile andare all'estero, non e' tutto rose e fiori. Nessuno ti regala niente. Quando scendi da quell'aereo non trovi un tappeto rosso alla fine della scaletta. Andare a vivere lontano da genitori, fratelli, sorelle, nonni e amici di una vita, quelli veri che nel nuovo Paese non troverai mai più, non è una passeggiata di piacere.
2) Agli Italiani che come me sono andati a vivere all'estero non hanno tolto né il passaporto italiano, né il diritto di parola e di critica all'Italia. Alcuni dicono: Tu stai bene all'estero. Perché ti interessi dell'Italia? E io rispondo che chi vive all'estero inizia ad amare l'Italia anche più di quando stava in Italia perché realizza che l'Italia nonostante tutto ha anche tantissimi pregi. E ci dispiace se molte cose non migliorano. Molti di noi emigrati hanno vissuto 25-30 anni in Italia, hanno studiato all'università italiana prima di emigrare. La nostra cultura è totalmente imbevuta di italianità. Ci sentiamo Italiani al 100%. E' impossibile andare all'estero e tagliare il cordone ombelicale. Ci informiamo ogni giorno su cosa accade in Italia, seguiamo tutte le vicende di cronaca e di politica grazie ad internet. Ci sentiamo regolarmente con amici e parenti via Messenger, Skype, Whatsapp.
3) Perché siamo ancora interessanti all'Italia e non pensiamo solo alla nostra vita all'estero? Semplice. Siamo interessanti all'Italia perché abbiamo familiari e amici che hanno qualche difficoltà in questo periodo storico e poiché non pensiamo solo alla nostra vita all'estero vorremmo vedere dei miglioramenti anche per loro. Inoltre alcuni di noi vorrebbero tornare in Italia se solo le condizioni lavorative migliorassero un pò. Molti potrebbero dire: si ma voi non siete restati con noi a lottare. E io mi chiedo: lottare come? E faccio due esempi di quando, dopo oltre 6 anni in Usa decisi di tornare in Italia, e credo di aver lottato un pò a mio modo.
4) Tornato in Italia, dopo 6 anni in Usa, trascorsi mesi a inviare CV dalla mattina alla sera. Dopo tante email ignorate e rifiuti trovai lavoro, uno al Nord e uno al Sud. L'azienda del nord era gestita da una coppia, marito e moglie, scorbutici, scorretti ed arroganti. Mi assunsero con delle condizioni e poi si rimangiarono la parola. Mi licenziai dopo una settimana. Li spiazzai perché nessuno lo aveva fatto prima. Tutti avevano accettato il loro contratto di lavoro di 6 mesi subendo il loro modo di fare (me lo confermò poi il recruiter che me li fece conoscere). Licenziarmi fu la mia piccola lotta. Rifiutare di essere sfruttato, trattato male e preso in giro. Trovai poi lavoro in una compagnia del Sud, anche li durante il colloquio tante belle parole e promesse ma quando mi fecero l'offerta, dopo un training di due settimane durante il quale nessuno sapeva quanto ci avrebbero offerto in caso di assunzione...mi offrirono 500 euro al mese. Rifiutai ma molti ragazzi accettarono e ricordo ancora le loro frasi rassegnate: meglio di niente. Se tolte le spese di benzina per arrivare a lavoro a fine mese ci restano anche solo 30 euro, è sempre meglio di niente. Io me ne andai. Fu un'altra mia piccola lotta. Loro restarono. Se tutti avessero rifiutato e forse quegli imprenditori avrebbero capito che con 500 euro al mese gli impiegati ci fanno la fame e avrebbero alzato gli stipendi. Invece per ognuno che rifiutava c'erano 100 altri ragazzi che bussavano alle loro porte con il CV in mano. 500 euro per un lavoro full time, per cui dovevi lavorare anche il sabato o la domenica? Non scherziamo. Non ce l'avrei fatta senza l'aiuto dei miei e a quasi 40 anni non mi andava di farmi sfruttare e di dover chiedere aiuto, vitto e alloggio ai miei. E dopo il tentativo "ritorno in Italia" ho deciso di tornare in Usa, dove cinque anni fa mi hanno riaccolto a braccia aperte offrendomi uno stipendio molto molto più alto di quelli che mi avevano proposto in Italia. Certo mi mancano molte cose dell'Italia ma almeno vivo una vita economicamente serena e posso mantenermi da solo senza l'aiuto dei genitori.
Sono scelte di vita. Non me la sento di giudicare con severità chi decide di accettare stipendi da fame. Ognuno ha la propria storia. Ma non ditemi che tutti quelli che restano in Italia sono rimasti a combattere anche perché tralasciando chi accetta o deve accettare condizioni da schiavismo siamo sicuri che chi dice di voler combattere per dei miglioramenti non contribuisca in realtà alla rovina dell'Italia? Come mai sono tutti combattenti e le cose non migliorano? I conti non tornano. I piccoli evasori ci sono ancora. Le raccomandazioni e i concorsi truccati ci sono ancora. I professionisti che ti dicono 80 senza fattura e 100 con la fattura ci sono ancora. Gli incivili che non ti fanno passare sulle strisce pedonali ci sono ancora. I falsi invalidi ci sono ancora. I negozianti e i tassisti che dicono che il POS è rotto e vogliono solo contanti per poter evadere le tasse ci sono ancora. Gli elettori che danno il proprio voto ai mafiosi in cambio di 50 euro ci sono ancora. E allora mi chiedo: ma con tutti questi combattenti come mai le cose non cambiano? Non è che i combattenti veri in realtà sono poche migliaia e il resto sono milioni di persone?
sabato 15 settembre 2018
"In Italia funziona così"
In questi giorni in Italia si parla molto della chiusura domenicale dei centri commerciali.
Cassieri e commessi sono a favore del provvedimento perché. dicono, la domenica è fatta per la famiglia. E tantissimi Italiani sono d'accordo con loro: il centro commerciale aperto di domenica o durante le feste è nocivo per la famiglia. Ci sono alcune cose però che a me non tornano, ma forse è solo perché ormai la mia mente che si è americanizzata.
Ma vi racconto la mia esperienza perché uno dei primissimi lavori che ho fatto qui negli Stati Uniti è stato proprio il cassiere in un CVS ovvero un noto supermercato-farmacia. Ricordo che durante il colloquio di lavoro mi chiesero in quali giorni e in quali orari fossi disposto a lavorare. In seguito avrei capito che lo chiedono tutti, almeno negozi e banche, o al colloquio o tramite l'application form. In questo modo il negozio sa già su quali degli impiegati assunti può contare durante la domenica.
Per quanto riguarda le feste nazionali si decide qualche giorno prima.
Pochi giorni prima di Natale il manager chiese a me e ad altri ragazzi se fossimo disposti a lavorare il 24 o il 25 dicembre. Ovviamente non entrambi i giorni, ma uno dei due. Il 24 sarebbe stato pagato una volta e mezza e il 25 il doppio. Io dissi che ero disposto a lavorare il 24, anche perchè avrei finito in tempo per andare alla cena della vigilia di alcuni parenti. Altri dissero di essere disponibili a lavorare il 25. Tutto molto facile. Chi non poteva né il 24 né il 25 non veniva guardato male o licenziato.
In realtà il manager non aveva mai problemi di mancanza di personale perché a molti fa gola guadagnare la paga oraria per una volta e mezza o addirittura per due. Se guadagni 10 dollari all'ora e in una giornata porti a casa 80 dollari, non è proprio male se lavori il 25 dicembre e ne porti a casa 160. Anche perché solitamente chi lavora come cassiere non guadagna molto, sono ragazzini, ragazzi che non hanno potuto studiare all'università, signore di una certa età che lavorano part time anche se sono andate in pensione. Il laureato in America, non lavora come cassiere, è già in qualche ufficio a guadagnare 3 o 4 volte la paga di un cassiere. Insomma il manager deve sempre cercare di accontentare tutti quelli che liberamente si dicono disponibili: ok il 24 faccio lavorare te e il 25 il tuo collega.
E se nessuno fosse disponibile? Può capitare che tutti i cassieri abbiano già organizzato delle vacanze. Nessun problema. Il manager fa un giro di telefonate anche agli ex cassieri per chiedere se sono disposti a fare una sola giornata ma pagata bene. Qualcuno, credetemi, lo trova sempre. Flessibilità sul lavoro.
In Italia invece mi pare tutto più rigido ma mi hanno colpito i due motivi principali di chi si oppone alle aperture domenicali e festive:
In Italia non ti pagano di più se lavori di domenica o i festivi!
In Italia se ti rifiuti cercano di licenziarti!
Quindi mi state dicendo che negli Usa, terra della precarietà i lavoratori vengono trattati meglio che in Italia, terra dei diritti sindacali? La cosa curiosa è che nessuno ha minimamente in mente che dovrebbero pagare di più e che dovrebbero lasciare la libertà al lavoratore di dire di no, senza conseguenze. E invece no, si oppongono perché in Italia è così: sfruttamento, paga regolare anche domenica e festivi e minacce di licenziamento se ti rifiuti.
Quindi riesco a capire le ragioni del rifiuto ma non riesco a capire e mi rattrista molto la frase rassegnata e arrendevole che ascolto ormai troppo spesso: In Italia funziona così. Invece di combattere contro queste ingiustizie si decide di chiudere tutto e di buttare il bambino con l'acqua sporca.
Cassieri e commessi sono a favore del provvedimento perché. dicono, la domenica è fatta per la famiglia. E tantissimi Italiani sono d'accordo con loro: il centro commerciale aperto di domenica o durante le feste è nocivo per la famiglia. Ci sono alcune cose però che a me non tornano, ma forse è solo perché ormai la mia mente che si è americanizzata.
Ma vi racconto la mia esperienza perché uno dei primissimi lavori che ho fatto qui negli Stati Uniti è stato proprio il cassiere in un CVS ovvero un noto supermercato-farmacia. Ricordo che durante il colloquio di lavoro mi chiesero in quali giorni e in quali orari fossi disposto a lavorare. In seguito avrei capito che lo chiedono tutti, almeno negozi e banche, o al colloquio o tramite l'application form. In questo modo il negozio sa già su quali degli impiegati assunti può contare durante la domenica.
Per quanto riguarda le feste nazionali si decide qualche giorno prima.
Pochi giorni prima di Natale il manager chiese a me e ad altri ragazzi se fossimo disposti a lavorare il 24 o il 25 dicembre. Ovviamente non entrambi i giorni, ma uno dei due. Il 24 sarebbe stato pagato una volta e mezza e il 25 il doppio. Io dissi che ero disposto a lavorare il 24, anche perchè avrei finito in tempo per andare alla cena della vigilia di alcuni parenti. Altri dissero di essere disponibili a lavorare il 25. Tutto molto facile. Chi non poteva né il 24 né il 25 non veniva guardato male o licenziato.
In realtà il manager non aveva mai problemi di mancanza di personale perché a molti fa gola guadagnare la paga oraria per una volta e mezza o addirittura per due. Se guadagni 10 dollari all'ora e in una giornata porti a casa 80 dollari, non è proprio male se lavori il 25 dicembre e ne porti a casa 160. Anche perché solitamente chi lavora come cassiere non guadagna molto, sono ragazzini, ragazzi che non hanno potuto studiare all'università, signore di una certa età che lavorano part time anche se sono andate in pensione. Il laureato in America, non lavora come cassiere, è già in qualche ufficio a guadagnare 3 o 4 volte la paga di un cassiere. Insomma il manager deve sempre cercare di accontentare tutti quelli che liberamente si dicono disponibili: ok il 24 faccio lavorare te e il 25 il tuo collega.
E se nessuno fosse disponibile? Può capitare che tutti i cassieri abbiano già organizzato delle vacanze. Nessun problema. Il manager fa un giro di telefonate anche agli ex cassieri per chiedere se sono disposti a fare una sola giornata ma pagata bene. Qualcuno, credetemi, lo trova sempre. Flessibilità sul lavoro.
In Italia invece mi pare tutto più rigido ma mi hanno colpito i due motivi principali di chi si oppone alle aperture domenicali e festive:
In Italia non ti pagano di più se lavori di domenica o i festivi!
In Italia se ti rifiuti cercano di licenziarti!
Quindi mi state dicendo che negli Usa, terra della precarietà i lavoratori vengono trattati meglio che in Italia, terra dei diritti sindacali? La cosa curiosa è che nessuno ha minimamente in mente che dovrebbero pagare di più e che dovrebbero lasciare la libertà al lavoratore di dire di no, senza conseguenze. E invece no, si oppongono perché in Italia è così: sfruttamento, paga regolare anche domenica e festivi e minacce di licenziamento se ti rifiuti.
Quindi riesco a capire le ragioni del rifiuto ma non riesco a capire e mi rattrista molto la frase rassegnata e arrendevole che ascolto ormai troppo spesso: In Italia funziona così. Invece di combattere contro queste ingiustizie si decide di chiudere tutto e di buttare il bambino con l'acqua sporca.
domenica 9 settembre 2018
Starbucks apre a Milano
Questo weekend Starbuck ha aperto le porte a Milano e molte persone hanno fatto la fila sin dalle 4am per entrare nella prima caffetteria italiana della iconica multinazionale di Seattle.
In breve tempo i social si sono riempiti di commenti di forte indignazione:
Che orrore!
Il caffè americano fa schifo!
Non potete chiamarlo vero caffè!
Ma come si fa a pagare 4 euro per quell'acqua sporca?
Se ne tornino in Usa, il vero caffè è l'espresso italiano dei nostri piccoli bar.
Chi sono quegli idioti che hanno fatto ore di fila per entrare da Starbucks?
Insomma se vendiamo la Nutella a New York, il Parmigiano Reggiano a Tokyo e il Prosciutto di Parma a Mosca, la globalizzazione va bene ma se arriva Starbucks a Milano è un attacco alle nostre tradizioni culinarie.
La critica principale è sul prodotto caffè. Quello di Starbucks farebbe schifo e quindi perché andare a spendere i propri soldi li?
Chi critica Starbucks non ha capito che...non si va da Starbucks per il caffè. Starbucks non c'entra niente con il caffè. Si va da Starbucks per l'atmosfera, per le luci soffuse, i colori verde e marrone della natura, l'odore del caffè tostato, la musica jazz.
E soprattuto si va da Starbucks per il wi-fi gratis. Puoi entrare li, sederti ad uno dei tanti tavolini e stare li col tuo portatile per ore senza che nessuno ti chieda di ordinare. Sanno che per riconoscenza il cliente un dolce o un caffè lo comprerà in quell'arco di tempo e se anche non dovesse farlo, lo farà un altro giorno. Non c'è problema.
Io in inverno ci vado spesso.
E' un luogo frequentato da ragazzi e ragazze che vanno lì per studiare.
E' un luogo in cui gli amici si danno appuntamento per fare due chiacchiere e poi magari andare in qualche altro posto. E' un luogo in cui si fanno colloqui di lavoro. Anni fa sostenni il mio colloquio di lavoro proprio in uno Starbucks in un'atmosfera informale con il CEO della azienda che, tra parentesi, poi decise di assumermi. Forse anche per questo ci sono affezionato.
Qui non esistono le piazze all'italiana. Le piazze sono gli Starbucks.
Vi racconto un episodio divertente che mi accade da Starbucks qualche anno fa. Un pomeriggio ero lì con il mio macbook, seduto a un tavolone rettangolare attorno al quale c'erano altre 7-8 persone, ragazzi e ragazze che studiavano e facevano gli homework dell'high school e dell'università. Una ragazza bionda molta carina, sui 20 anni, mi chiede: Do you know Matt? E io: No I don't. La mia mente è strana e le rotelle girano sempre troppo in fretta e non so perché ma pensai che si riferiva a qualche suo amico che frequentava spesso quello Starbucks. Solo una volta uscito fuori realizzai che intendeva dire Do you know math? Conosci la matematica? E certo che la conoscevo, ho studiato al liceo scientifico! E ho seguito anche un corso al community college. Parafrasando Vasco Rossi ho perso un'altra occasione buona...colpa delle rotelle impazzite della mia mente. Insomma Starbucks è anche un luogo in cui si possono fare conoscenze interessanti...quando non hai la testa tra le nuvole.
Tornando alle polemiche io dico sempre Live and let live. Se il caffè di Starbucks fa schifo ed è troppo caro, gli Italiani, passata la moda, non ci andranno più e lo faranno fallire. Ma se Starbucks riporta in Italia lo stesso concetto americano io scommetto che Starbucks avrà un grande successo proprio perché, ripeto, Starbucks non ha niente a che fare con il caffè. Il caffè è un dettaglio secondario e non lo si beve in piedi in due minuti come al bancone di un bar italiano. Si va da Starbucks per l'atmosfera. E per trascorrere qualche ora di relax.
Comunque che siate Starbucks-lovers o Starbucks-haters vi lascio con questo interessante video in cui il fondatore di Starbucks racconta di come trasse ispirazione proprio dai bar italiani.
Starbucks Journey to Milan:
In breve tempo i social si sono riempiti di commenti di forte indignazione:
Che orrore!
Il caffè americano fa schifo!
Non potete chiamarlo vero caffè!
Ma come si fa a pagare 4 euro per quell'acqua sporca?
Se ne tornino in Usa, il vero caffè è l'espresso italiano dei nostri piccoli bar.
Chi sono quegli idioti che hanno fatto ore di fila per entrare da Starbucks?
Insomma se vendiamo la Nutella a New York, il Parmigiano Reggiano a Tokyo e il Prosciutto di Parma a Mosca, la globalizzazione va bene ma se arriva Starbucks a Milano è un attacco alle nostre tradizioni culinarie.
La critica principale è sul prodotto caffè. Quello di Starbucks farebbe schifo e quindi perché andare a spendere i propri soldi li?
Chi critica Starbucks non ha capito che...non si va da Starbucks per il caffè. Starbucks non c'entra niente con il caffè. Si va da Starbucks per l'atmosfera, per le luci soffuse, i colori verde e marrone della natura, l'odore del caffè tostato, la musica jazz.
E soprattuto si va da Starbucks per il wi-fi gratis. Puoi entrare li, sederti ad uno dei tanti tavolini e stare li col tuo portatile per ore senza che nessuno ti chieda di ordinare. Sanno che per riconoscenza il cliente un dolce o un caffè lo comprerà in quell'arco di tempo e se anche non dovesse farlo, lo farà un altro giorno. Non c'è problema.
Io in inverno ci vado spesso.
E' un luogo frequentato da ragazzi e ragazze che vanno lì per studiare.
E' un luogo in cui gli amici si danno appuntamento per fare due chiacchiere e poi magari andare in qualche altro posto. E' un luogo in cui si fanno colloqui di lavoro. Anni fa sostenni il mio colloquio di lavoro proprio in uno Starbucks in un'atmosfera informale con il CEO della azienda che, tra parentesi, poi decise di assumermi. Forse anche per questo ci sono affezionato.
Qui non esistono le piazze all'italiana. Le piazze sono gli Starbucks.
Vi racconto un episodio divertente che mi accade da Starbucks qualche anno fa. Un pomeriggio ero lì con il mio macbook, seduto a un tavolone rettangolare attorno al quale c'erano altre 7-8 persone, ragazzi e ragazze che studiavano e facevano gli homework dell'high school e dell'università. Una ragazza bionda molta carina, sui 20 anni, mi chiede: Do you know Matt? E io: No I don't. La mia mente è strana e le rotelle girano sempre troppo in fretta e non so perché ma pensai che si riferiva a qualche suo amico che frequentava spesso quello Starbucks. Solo una volta uscito fuori realizzai che intendeva dire Do you know math? Conosci la matematica? E certo che la conoscevo, ho studiato al liceo scientifico! E ho seguito anche un corso al community college. Parafrasando Vasco Rossi ho perso un'altra occasione buona...colpa delle rotelle impazzite della mia mente. Insomma Starbucks è anche un luogo in cui si possono fare conoscenze interessanti...quando non hai la testa tra le nuvole.
Tornando alle polemiche io dico sempre Live and let live. Se il caffè di Starbucks fa schifo ed è troppo caro, gli Italiani, passata la moda, non ci andranno più e lo faranno fallire. Ma se Starbucks riporta in Italia lo stesso concetto americano io scommetto che Starbucks avrà un grande successo proprio perché, ripeto, Starbucks non ha niente a che fare con il caffè. Il caffè è un dettaglio secondario e non lo si beve in piedi in due minuti come al bancone di un bar italiano. Si va da Starbucks per l'atmosfera. E per trascorrere qualche ora di relax.
Comunque che siate Starbucks-lovers o Starbucks-haters vi lascio con questo interessante video in cui il fondatore di Starbucks racconta di come trasse ispirazione proprio dai bar italiani.
Starbucks Journey to Milan:
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