Ciao a tutti, dopo le interviste ai cinque amici YouTuber che vivono in Usa, qualcuno mi ha chiesto di rispondere alle stesse domande. Ci avevo già pensato e poiché non sono un famoso YouTuber e prediligo la forma scritta, lo faccio volentieri sul blog, in due post.
1. Raccontaci la storia che ti ha portato dall'Italia agli Usa.
Mi sono innamorato degli Stati Uniti sin da bambino quando i miei genitori portavano tutta la famiglia qui in vacanza, ogni 4-5 anni, in visita ai parenti italo-americani. Sono rimasto subito incantato dalle luci di New York, dal dinamismo della città e dalla mescolanza di diverse etnie. Un semplice giro serale in macchina con gli zii, con lo sfondo della magica skyline di Manhattan, o una passeggiata sulla 5th Avenue mi suscitavano forti emozioni ed erano in grado di darmi energia anche perché avendo vissuto in un piccolo paese del sud Italia, il contrasto era incredibile e infatti ogni volta che tornavo in Italia provavo un forte senso di nostalgia per gli Stati Uniti. Per anni però ho considerato l'America solo un luogo per fare vacanza ma le cose cambiarono l'11 settembre 2001. In quel periodo studiavo all'università e mancavano pochi esami alla laurea. Sin dai primi anni di corsi non sopportavo molti miei professori che nonostante fossero preparati, e spiegavano argomenti interessantissimi, erano palesemente anti-americani e ci facevano studiare argomenti che ridicolizzavano gli Stati Uniti e lo stile di vita degli Americani. Nel giro di pochi corsi vidi cambiare molti studenti, miei amici, da ragazzi equilibrati ad antiamericani sfegatati, e molti di loro si rivelarono addirittura contenti l'11 settembre quando migliaia di innocenti morirono sotto uno degli attacchi più vigliacchi e sanguinari nella storia dell'umanità. Nei giorni successivi notai anche che non era solo l'anti-americanismo che mi circondava a darmi fastidio ma molti di quelli che mi stavano attorno erano cinici, lagnosi, pessimisti, pigri, disfattisti. Respiravo, insomma, un clima opprimente che mi spegneva ogni energia e io avevo il bisogno di cambiare aria. Cosi dissi a me stesso: appena mi laureo mi regalo una vacanza e me ne vado in America per qualche mese. Non avevo un progetto preciso, volevo solo vivere in America per qualche mese, prendere informazioni, guardarmi attorno, e capire se davvero mi sarebbe piaciuto vivere per qualche tempo, magari un anno o due, in questo Paese. Non avevo progetti a lungo termine ma le cose cambiarono in fretta e a 13 anni di distanza sono ancora qui.
2. Cosa fai qui in USA? Di cosa ti occupi? Hai cambiato più lavori?
Mi occupo di import-export.
Come tutti ho cambiato lavoro più volte. Appena arrivato ho trovato lavoro, part time, nell'ufficio ESL del college che ho frequentato. Poi ho iniziato anche a dare lezioni private di italiano, chitarra, matematica. Poi ho lasciato il lavoro al college e ho trovato lavoro come cassiere in una farmacia-supermercato e allo stesso tempo, al weekend, facevo le pulizie in un palazzo a tre piani, pieno di uffici. Il primo periodo in America insomma sembrava un film: non potevo permettermi una macchina e correvo da una parte all'altra della città e nei paesi limitrofi muovendomi con i mezzi, facendo lunghi tratti a piedi con il vento gelido che mi tagliava le mani e mi faceva lacrimare gli occhi. Seguivo i corsi al college, facevo gli homework, andavo a dare lezioni private, poi scappavo per fare il turno al supermercato, poi al weekend facevo le pulizie in quel palazzo (aspirapolvere, vetri, pavimenti e cessi compresi) come un vero Cenerentolo. Due anni durissimi senza un attimo di tregua ma poi, dopo la laurea biennale, le cose sono iniziate a cambiare. Trovai subito dopo il mio primo vero lavoro full time nel settore import-export, per un'azienda, e poi qualche anno dopo ho trovato lavoro nello stesso settore ma per una compagnia più importante che mi da più benefits e uno stipendio più alto. E sono ancora qui.
3. Quale e' stato il tuo percorso per rimanere qui in termini di visti, green card?
Dopo i primi tre mesi da turista mi sono iscritto a un community college in modo da ottenere uno student visa della durata di due anni e avere così più tempo per guardarmi attorno, perfezionare la lingua e prendere una utile laurea biennale americana (investendo tutti i miei pochi risparmi). In realtà mi ero appena laureato in Italia e non avevo voglia di rimettermi a studiare ma era parte di una strategia a lungo termine per cercare di trasferirmi qui permanentemente e quindi ho seguito i corsi con entusiasmo e dopo due anni ho finalmente preso il famoso "pezzo di carta" americano.
Dopo i due anni di college, l'immigration mi ha concesso di lavorare full time per un anno, per qualsiasi employer, sotto OPT. Durante quell'anno sono stato assunto da una compagnia di import-export che mi ha fatto ottenere un visto di lavoro H1B, della durata di tre anni. Poi sono tornato in Europa per tre anni ma è stato un errore e quindi ho deciso di tornare di nuovo qui in cerca di lavoro. Il blog come sapete nasce proprio da quella decisione. Chi mi ha seguito sa che sono stato fortunato e sono stato assunto da un'azienda che mi ha fatto un altro visto di lavoro H1B e poi mi ha anche sponsorizzato per la green card che ho ottenuto pochi mesi fa, raggiungendo un traguardo che solo pochi anni fa pensavo fosse irraggiungibile.
Dopo i due anni di college, l'immigration mi ha concesso di lavorare full time per un anno, per qualsiasi employer, sotto OPT. Durante quell'anno sono stato assunto da una compagnia di import-export che mi ha fatto ottenere un visto di lavoro H1B, della durata di tre anni. Poi sono tornato in Europa per tre anni ma è stato un errore e quindi ho deciso di tornare di nuovo qui in cerca di lavoro. Il blog come sapete nasce proprio da quella decisione. Chi mi ha seguito sa che sono stato fortunato e sono stato assunto da un'azienda che mi ha fatto un altro visto di lavoro H1B e poi mi ha anche sponsorizzato per la green card che ho ottenuto pochi mesi fa, raggiungendo un traguardo che solo pochi anni fa pensavo fosse irraggiungibile.
4. Farai domanda per la cittadinanza americana? (se non sei gia' cittadino)
Penso di si. So che molti italiani decidono di fermarsi alla green card, chi perché non ha tempo o voglia di studiare per l'esame per la cittadinanza, chi per un questione di fedeltà alla bandiera italiana, chi per altri motivi, ma io non ho problemi perché è concesso mantenere la cittadinanza italiana e poi la mia vita è qui in un Paese che mi ha accolto più volte a braccia aperte regalandomi un futuro e una vita serena. Probabilmente richiederei la cittadinanza americana anche se mi dicessero che dovrei rinunciare a quella italiana.
Qualche nota su green card e cittadinanza: si può richiedere la cittadinanza dopo 5 anni con la Green Card. Green Card e cittadinanza hanno poche differenze. Con la cittadinanza americana si può votare ma bisogna andare al jury duty quando si viene sorteggiati, solitamente ogni 3-4 anni. Con la green card non si può votare ma si viene esonerati dal jury duty. La green card va rinnovata ogni 10 anni ma se si ottiene la cittadinanza americana non ce ne è più bisogno perché la cittadinanza di fatto "assorbe" la green card.
Qualche nota su green card e cittadinanza: si può richiedere la cittadinanza dopo 5 anni con la Green Card. Green Card e cittadinanza hanno poche differenze. Con la cittadinanza americana si può votare ma bisogna andare al jury duty quando si viene sorteggiati, solitamente ogni 3-4 anni. Con la green card non si può votare ma si viene esonerati dal jury duty. La green card va rinnovata ogni 10 anni ma se si ottiene la cittadinanza americana non ce ne è più bisogno perché la cittadinanza di fatto "assorbe" la green card.
5. Le prime impressioni di un Italiano in Usa. Differenze con l'Italia?
Ho notato subito la gentilezza delle persone. Le persone che dicevano sorry o thank you per ogni minima cosa e mi salutavano per strada anche se non mi conoscevano. La prima volta ho pensato: Ma chi è questo e perchè mi ha salutato? Io non lo conosco. Al mio paese in Italia succede il contrario, una sorta di duello in cui due che camminano si incrociano e pensano fino all'ultimo secondo: Vediamo se mi saluta lui. Io di certo non lo saluto per primo. E poi i due passano oltre e nessuno saluta l'altro. Mi hanno anche stupito le macchine che si fermavano all'improvviso appena mettevo un piede sulle strisce pedonali. E poi nei negozi e negli uffici pubblici erano tutti cordiali e gentilissimi e tenevano la porta aperta se stavano entrando e vedevano che stavo per entrare anche io dietro di loro, magari a molti metri di distanza ma, per gentilezza, non entravano nel negozio fino a quando non mi fossi avvicinato a loro per entrare subito dopo di loro. In confronto all'Italia questa gentilezza mi faceva sentire come in un film di Mary Poppins ma mi ci abituai presto e oggi non potrei più farne a meno.
L'altro aspetto che ho notato subito nei primi giorni è che qui tutto funziona in modo efficiente. Ad esempio a volte dicevo a me stesso: l'Inglese non è la mia prima lingua e in teoria dovrei entrare in un ufficio pubblico o una banca con un minimo di preoccupazione perché non so se riuscirò a spiegare perfettamente ciò di cui ho bisogno e invece sono sereno e addirittura mi sento meno a mio agio e sono più preoccupato prima di entrare in un ufficio italiano perché a differenza degli usa, in Italia potrebbero dirmi di ritornare perché manca un impiegato, manca una pratica, manca un timbro, c'è una fila di 3 ore, un computer non funziona, la titolare è in vacanza.
Mi ha stupito vedere tantissime donne al volante, tutte dinamiche e tutte in carriera. Moltissime alla guida di giganteschi 4 x 4. Certo in Italia non siamo più negli anni 50 ma a me sembrava proprio che il 100% delle donne fossero lavoratrici e che non esistessero casalinghe.
La differenza più lampante comunque è il dinamismo delle persone. L'ho notata dai primi giorni. Qui nessuno si piange addosso o resta fermo ad aspettare gli aiuti di un amico, di un politico o dello Stato. Le persone rischiano di più e si mettono in gioco perché sanno che il loro destino dipende solo e unicamente da loro stessi. Ipotecano anche la casa pur di aprire una arrività in cui credono e pazienza se falliscono. Non è grave. Fa parte della natura delle cose. Bisogna vergognarsi se non provano, non se provano e poi falliscono. Perchè da un fallimento si può imparare e ci si può rialzare per provarci un'altra volta.
Ho notato subito la gentilezza delle persone. Le persone che dicevano sorry o thank you per ogni minima cosa e mi salutavano per strada anche se non mi conoscevano. La prima volta ho pensato: Ma chi è questo e perchè mi ha salutato? Io non lo conosco. Al mio paese in Italia succede il contrario, una sorta di duello in cui due che camminano si incrociano e pensano fino all'ultimo secondo: Vediamo se mi saluta lui. Io di certo non lo saluto per primo. E poi i due passano oltre e nessuno saluta l'altro. Mi hanno anche stupito le macchine che si fermavano all'improvviso appena mettevo un piede sulle strisce pedonali. E poi nei negozi e negli uffici pubblici erano tutti cordiali e gentilissimi e tenevano la porta aperta se stavano entrando e vedevano che stavo per entrare anche io dietro di loro, magari a molti metri di distanza ma, per gentilezza, non entravano nel negozio fino a quando non mi fossi avvicinato a loro per entrare subito dopo di loro. In confronto all'Italia questa gentilezza mi faceva sentire come in un film di Mary Poppins ma mi ci abituai presto e oggi non potrei più farne a meno.
L'altro aspetto che ho notato subito nei primi giorni è che qui tutto funziona in modo efficiente. Ad esempio a volte dicevo a me stesso: l'Inglese non è la mia prima lingua e in teoria dovrei entrare in un ufficio pubblico o una banca con un minimo di preoccupazione perché non so se riuscirò a spiegare perfettamente ciò di cui ho bisogno e invece sono sereno e addirittura mi sento meno a mio agio e sono più preoccupato prima di entrare in un ufficio italiano perché a differenza degli usa, in Italia potrebbero dirmi di ritornare perché manca un impiegato, manca una pratica, manca un timbro, c'è una fila di 3 ore, un computer non funziona, la titolare è in vacanza.
Mi ha stupito vedere tantissime donne al volante, tutte dinamiche e tutte in carriera. Moltissime alla guida di giganteschi 4 x 4. Certo in Italia non siamo più negli anni 50 ma a me sembrava proprio che il 100% delle donne fossero lavoratrici e che non esistessero casalinghe.
La differenza più lampante comunque è il dinamismo delle persone. L'ho notata dai primi giorni. Qui nessuno si piange addosso o resta fermo ad aspettare gli aiuti di un amico, di un politico o dello Stato. Le persone rischiano di più e si mettono in gioco perché sanno che il loro destino dipende solo e unicamente da loro stessi. Ipotecano anche la casa pur di aprire una arrività in cui credono e pazienza se falliscono. Non è grave. Fa parte della natura delle cose. Bisogna vergognarsi se non provano, non se provano e poi falliscono. Perchè da un fallimento si può imparare e ci si può rialzare per provarci un'altra volta.