sabato 8 giugno 2013

Intervista a Giovanni Vincenti: tornare a vivere in Italia?

Qualche giorno fa vagando su internet ho trovato questa interessante testimonianza di Giovanni Vincenti, un italiano che dopo aver vissuto per molti anni negli Stati Uniti a un certo punto decide di tornare in Italia per poi fare marcia indietro e tornare di nuovo negli Stati Uniti. La sua storia e' molto simile alla mia anzi a dire il vero la sua decisione e' maturata in modo molto piu' veloce perche' come sapete io ci ho impiegato oltre due anni per decidermi a tornare in America. Ad ogni modo ho contattato Giovanni Vincenti, gli ho chiesto un'intervista ed ha gentilmente accettato.
Prima delle domande per l'intervista vi segnalo il link alla sua storia e una breve intervista che gli venne fatta da Repubblica TV.

Ciao Giovanni, da quanto tempo sei negli Usa? Dove vivi? Di cosa ti occupi?
Sono negli USA dal luglio 1995 per frequentare il quarto anno di liceo all'estero. Per il primo anno ho vissuto a Rockville, una cittadina del Maryland a nord di Washington. Nel gennaio 1997 sono venuto a Towson, sempre nel Maryland, ma questa volta a nord di Baltimora. Il trasferimento e' dovuto all'inizio degli studi universitari presso la Towson University, dove ho conseguito laurea, master e dottorato. Una volta concluso il dottorato nel campo di tecnologie informatiche applicate ho iniziato a lavorare sempre presso la Towson University come docente. Se tutto va bene a partire da agosto passerò alla University of Baltimore come Assistant Professor.

Come sono stati i primi mesi negli Usa? Hai riscontrato differenze con l’Italia?
Avendo lasciato l'Italia a 16 anni i primi mesi sono stati molto difficili. Ho lasciato l'Italia non tanto per fare l'esperienza di quarto anno all'estero, ma più per prepararmi al mondo universitario americano. Quindi l'anno che ho passato al liceo e' stato più un anno di transizione e preparazione che un anno di divertimento. Ovviamente ad un'età cosi giovane tutto sembrava diverso. Col passare degli anni ho iniziato a cogliere le somiglianze tra la realtà italiana e quella americana. Ma all'inizio soprattutto mi sembrava di vivere in un universo parallelo.

Come e’ il mondo accademico americano? Differenze con l’Italia?
Non ho mai vissuto il mondo accademico italiano sulla mia pelle, quindi non potrei fare paragoni diretti e soprattutto con cognizione di causa e tanto di nomi, cognomi ed eventi. Devo dire però che ascoltando le esperienze di amici e collaboratori che hanno vissuto o che attualmente vivono nel mondo accademico italiano queste due realtà sono davvero universi completamente separati. Anche se il sistema accademico americano non e' perfetto, per lo meno si può sperare in un accenno di meritocrazia. A quanto sembra l'Italia invece vive di un meccanismo opposto. Sicuramente esistono casi di eccellenza e soprattutto di persone che hanno fatto carriera in base al merito, ma fino a circa un anno fa i giornali riportavano quasi settimanalmente di casi di professori che vengono rimpiazzati dai figli. Forse i tagli di budget non permettono agli atenei di rimpiazzare le targhette sulle porte, e sono costrette ad assumere persone con lo stesso cognome dei professori uscenti? Nella sua irrazionalità, questa forse e' una soluzione più sensata della promozione di una persona con l'esperienza di un trentenne al posto di primario: La carriera del primario che operava i manichini. Come avrai capito dall'ironia non tanto velata questa cosa mi fa arrabbiare al solo pensarci. Se davvero dovessi dipendere dal sistema accademico italiano mi troverei a portare avanti battaglie contro i mulini a vento dalla mattina alla sera. Ovviamente non credo che il sistema cambierà, dato che coloro che possono cambiarlo sono i primi ad essere responsabili della situazione in cui si trova. E che non si giustifichino dicendo “il sistema funziona cosi” perché se riceviamo in eredità un campo che e' sempre stato coltivato a zucchine non dobbiamo mica continuare a piantare sempre e solo zucchine. Il mondo accademico italiano e' fertile, i cervelli e l'inventiva sono le stesse che ci hanno portato all'invenzione del telefono, alla scoperta delle onde radio, alle opere del rinascimento. Ce l'abbiamo nel DNA, e le persone che stanno soffocando l'accademia italiana non sono solo assassini delle carriere di altri esseri umani, ma sono assassini del potenziale progresso che un gruppo di ricerca “figlio di nessuno” avrebbe potuto portare all'umanità intera. E invece devono fare un favore a questa o quella persona, quindi quel posto in teoria e' vacante, ma in pratica e' già stato assegnato al figlio di... E qui c'è anche da dire che il sistema svaluta i figli che si impegnano. Se i figli di una persona che si e' meritata il posto riescono, tramite sudore, fatica e lavoro ben fatto, a meritare anch'essi lo stesso posto di lavoro o comunque posti in vista, vengono automaticamente declassati a “assunti perché figli di”.

Come e’ il mondo lavorativo americano? Differenze con l’Italia?
Il mondo lavorativo americano non e' perfetto. Anche qui esistono casi di nepotismo, anche qui “l'amico dell'amico” può dare una mano, ma l'incapacità della persona quasi sempre porta all'isolamento e molto spesso alla perdita del lavoro. Soprattutto i collaboratori non hanno paura di denunciare l'incapacità o l'ostruzionismo di colleghi, quindi cerchiamo sempre tutti di dare il meglio. Purtroppo per noi internazionali ci sono anche problemi di visto, quindi anche dopo aver passato 18 anni in questo paese devo rinnovare il visto periodicamente. Come dicevo prima, il mondo lavorativo americano non e' perfetto.

Quali sono stati i motivi che ti hanno spinto al ritorno in Italia?
Per ragioni famigliari.

Una volta tornato in Italia cosa e’ successo?
Avendo passato così tanti anni all'estero, ho deciso di prendermi qualche mese di relax. (S)fortunatamente sono tornato in Italia nel settembre 2008, quindi proprio all'inizio della crisi che ancora oggi sembra attanagliare il mondo intero. Quando ho iniziato a cercare lavoro non ne ho trovato, o per lo meno non ne ho trovato nell'ambito dell'informatica. Ho iniziato ad insegnare inglese presso un centro polifunzionale di zona, dove poi sono riuscito ad entrare in contatto con delle persone che poi mi hanno offerto un lavoro nell'informatica. Questo e' successo a circa 9 mesi dal rientro. Questo posto di lavoro era dall'altra parte di Roma, quindi un'ora di viaggio la mattina ed uno la sera. Mi sono presentato il primo giorno, che ho passato a guardare lo schermo di un computer perché nessuno mi ha dato del lavoro da fare. Il secondo giorno e' passato nello stesso modo. Visto che non mi avevano neanche fatto firmare un contratto, quindi in pratica andavo li a fare niente e senza retribuzione, il terzo giorno non mi sono presentato. Ho chiamato il mio vecchio dipartimento in America e mi hanno fatto pervenire il contratto praticamente immediatamente. C'è anche da dire che ho provato a fare l'equipollenza dei titoli che ho conseguito all'estero (diploma di liceo, laurea, master e dottorato) ma senza successo. Dopo l'anno di liceo sono tornato in Italia per pochi mesi, quindi non ho completato il liceo “in patria”. C'è una legge italiana per cui l'equipollenza della maturità può essere data solo se lo studente era all'estero per motivi di lavoro dei genitori, e dato che io ero li da solo, quindi per motivi miei, avrei dovuto dare la maturità da privatista. Poi c'è da dire che per i cittadini italiani e' necessario avere la maturità anche quando si partecipa a concorsi per docenti universitari, quindi ero pronto ad iscrivermi a corsi per colmare questa lacuna burocratica, anche se avevo 29 anni. Poi sono andato ad informarmi per quello che riguarda l'equipollenza dei titoli più importanti (quindi laurea ecc.), e ho scoperto che per quei titoli bisogna iscriversi ai corsi di laurea, presentare programmi e voti dei corsi già completati, e poi completare i corsi rimasti. Quindi la prospettiva per tornare a fare il lavoro che avevo in America (docente) era questa: maturità da privatista, corso di laurea da completare, corso di master da completare, dottorato da completare, e poi, solo allora, avrei potuto entrare nel caos dominato da nepotismi e conoscenze. L'opzione B invece era quella di andare a Fiumicino, prendere il primo aereo in partenza per gli USA, e tornare alla “normalità” che mi ero guadagnato in questo paese. Fortunatamente le ragioni per cui ero tornato si erano nel frattempo attenuate, quindi sono ripartito appena ho potuto.

Cosa ti manca dell’Italia quando sei in Usa?
La famiglia e gli amici. Una volta mi mancava anche la possibilità di fare una passeggiata nella storia. Essendo nato e cresciuto a Roma, un paese la cui storia arriva solo a 200 anni e spicci lascia quasi indifferenti. Ma da qualche anno a questa parte anche le passeggiate a Trastevere o ai Fori Imperiali sono diventate quasi antipatiche. Forse a causa della crisi, forse perché non me ne sono mai accorto prima, tra la sporcizia e la maleducazione della gente che si incontra per strada (e non parlo dei turisti) non riesco davvero a gustarmi quei due passi nell'antichità.

Cosa ti manca degli Usa quando vai in Italia per vacanza?
Francamente niente. Certo, la gente e' molto più cordiale in America. Ma questo si trova anche in Svizzera o in molti paesi anglosassoni. Sicuramente mi sono costruito tutta la mia vita qui, ma dopo quell'anno di Italia ho imparato a vivere i miei successi come elementi interni della mia vita. Intendo dire che la docenza universitaria non e' solo un contratto di lavoro, ma un modo d'essere, quindi un qualcosa che ho sempre con me. La mia compagna e' polacca, e se anche lei e' in Europa o magari proprio in Italia, non ho nessuna ragione perché gli USA mi manchino. Se invece non fossi ripartito, e quindi se fossi in Italia non per vacanza ma in pianta stabile, mi mancherebbe la professionalità accademica (e non solo) che esiste in questo paese. Un po' mi mancherebbero anche gli spazi aperti e la natura, che caratterizzano questo paese.

Nonostante la tua esperienza passata, pensi che tornerai un giorno a vivere in Italia?
Me lo auguro. Ad oggi sto cercando di adeguare anche il mio lavoro alla mia prospettiva mentale. Quindi vorrei essere in gradi di portarmi il lavoro con me, senza dover essere per forza collegato ad una scrivania o a quattro mura. Per fortuna l'informatica lo permette, quindi sto cercando di mettere in piedi una situazione lavorativa di consulenza e servizi, che sia indipendente dal paese in cui esercito o dalle sue realtà accademiche, sociali o lavorative. Quando ci riuscirò allora potremo tornare in Italia (o comunque in Europa).

In bocca al lupo, Giovanni.

2 commenti:

  1. Per come la vedo io....resta in USA!
    Non pensare che il tuo breve rientro in patria sia andato male per colpa della crisi del 2008.
    Qua è così de SEMPRE, forse non lo ricordi bene perchè eri un ragazzino quando sei partito, ma lo schifo è insito in questo paese, anzi le cose stanno andando sempre peggio!
    Dopo 5 anni la crisi non accenna a diminuire, anzi!
    I rimedi sono stati solo aumentare le tasse e introdurne di nuove, salvo poi lamentarsi del calo di consumi e della produzione, in poche parole stanno alimentando la crisi il più possibile!
    E anche oggi si è suicidata una persona.

    Resta in USA, tu che puoi!

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  2. io non so come si vive lì, ma qui in Italia ci è rimasta solo la storia, in tutti i sensi, siamo rimasti indietro e non andiamo avanti, anzi....

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