Cari lettori, noto con piacere che siete diventati sempre piu' numerosi. Chi lo avrebbe mai detto che in soli pochi mesi questo blog avrebbe totalizzato oltre 45mila contatti! Mi leggete praticamente da ogni luogo del pianeta: Italia, Usa, Russia, Germania, Cina, Giappone, Australia, Svizzera, UK, Norvegia, Ucraina, Pakistan, Malesia e tantissimi altri! Vi ringrazio tutti.
Innanzitutto vorrei aggiornarvi sulla mia situazione
work visa e ritorno in America. Dopo aver ottenuto l'approvazione dal dipartimento del lavoro americano, l'avvocato incaricato dall'azienda per preparare le pratiche del visto ha finalmente inviato la domanda anche all'immigration americana. Oltre ai soldi gia' spesi (credo non meno di $3000) l'azienda ha deciso di usare un procedimento veloce, pagando oltre $1000 extra, per far si' che l'immigrazione dia precedenza alla mia pratica e prenda una decisione sul mio caso entro solo due settimane. Quindi questi giorni sono davvero cruciali per il mio futuro! Mandatemi pure i vostri pensieri positivi, formule magiche propiziatorie e una marea di dita incrociate, mi raccomando, conto su di voi!
Oggi ripensavo ai miei ultimi due colloqui di lavoro, uno sostenuto in Italia e l'altro negli Stati Uniti. Quante differenze...
Colloquio in Italia. Il responsabile del personale mi diede appuntamento ad un orario ben preciso, arrivai puntuale ma poi si fece attendere per oltre un'ora perche' era impegnato in altre faccende. Il colloquio si divise in piu' colloqui, sostenuti nell'arco di una ventina di giorni, prima con il responsabile del personale, poi con un ingegnere che si occupava anche del personale e poi con il capo. Il colloquio con il responsabile del personale fu molto lungo. Mi fece anche delle domande in inglese che lui diceva di conoscere molto bene perche' aveva vissuto per qualche tempo in Inghilterra e aveva viaggiato per il mondo. Sara' ma sinceramente a me e' sembrato un inglese molto maccheronico.
Tra le tante domande mi chiese:
- Quanti anni hai?
- Sei single o sposato?
- Che lavoro fanno i tuoi genitori?
- Hai fratelli e sorelle? Che lavoro fanno? Dove vivono?
- Hai una casa di proprieta'? Vivi in affitto o con i tuoi genitori?
Risposi a tutte le domande ma l'impulso di rispondere -
mi scusi ma quale attinenza hanno queste domande con il lavoro? - e' stato forte.
Ovviamente capii in seguito che quelle domande erano utili per capire se offrendomi uno stipendio da fame avrei potuto comunque contare su una casa di proprieta' e/o su una famiglia in grado di supportarmi economicamente per "integrare" il misero stipendio offerto dall'azienda.
Dopo il colloquio-interrogatorio mi lascio' da solo in ufficio a girarmi i pollici per un'altra buona ventina di minuti. Torno' con dei test: due articoli di giornale di argomento tecnico-scientifico, molto facili da comprendere, da leggere e commentare rispondendo in forma scritta a delle domande. Dopo il test fui congedato con un: bene, ti richiamo tra qualche giorno. Ah il colloquio non finisce qui? -pensai- ho impiegato un paio di ore della mia vita tra lunghe attese, domande molto personali e test di comprensione del testo ridicoli e volete farmi altre domande? Cosa e', un posto di lavoro alla CIA? Non mi pare, ma vabbe'.
Mettiamo in pausa il colloquio italiano e vi porto al mio colloquio americano, sostenuto qualche mese dopo. Il CEO, Chief Executive Officer, ovvero l'amministratore delegato dell'azienda, dopo aver ricevuto il mio CV, che in Usa si chiama Resume, mi diede appuntamento in uno Starbucks ad un orario ben preciso e arrivo' puntuale, spaccato. Fu molto cordiale e creo' subito un'atmosfera molto amichevole, direi da pari a pari. Sorseggiando un caffe' mi chiese delle mie esperienze passate, dei miei studi, delle mie ambizioni e predisposizioni. In realta' non aveva ancora in mente una posizione ben precisa ma volle incontrarmi ugualmente e dopo aver parlato una mezz'ora con me mi disse che avrebbe pensato meglio a cosa avrei potuto fare per loro ma non era il classico "le faremo sapere" perche' aggiunse anche che vedeva bene un paio di opzioni, che descrisse abbastanza dettagliatamente. Ad un certo punto gli squillo' il cellulare e rispose chiedendo al suo interlocutore di richiamarlo piu' tardi perche' era in un meeting importante. Un colloquio con me un meeting importante? Non nego che mi fece piacere questo suo segno di rispetto. Poi mi diede anche un'idea delle fasce di stipendi che vengono pagati in azienda, mi fece capire la cifra con la quale avrei potuto iniziare a dove sarei potuto arrivare dopo qualche anno e mi saluto' invitandomi ad una festa in uno dei loro negozi per farmi conoscere alcuni suoi dipendenti e clienti e farmi vedere da vicino i loro prodotti. Mi disse che dopo questa festa mi avrebbe fatto conoscere un manager dell'azienda, un po' il suo braccio destro, che era in vacanza per qualche giorno, e avremmo potuto proseguire con il dialogo sull'eventuale assunzione.
Ma torniamo al colloquio italiano. Dopo il colloquio con il responsabile del personale ne sostenni un altro con un ingegnere dell'azienda e poi finamente, alcuni giorni dopo, venni finalmente convocato per il colloquio con il capo... a quanto pare un'entita' astratta di natura semi-divina che solo pochi fortunati hanno avuto la fortuna di vedere. Dopo un'ora di attesa entrai nel suo ufficio ed era stravaccato sulla sua poltrona, tutto abbronzato, camicia aperta che lasciava intravedere collane d'oro, orologio e bracciali d'oro. Dava l'impressione che avrebbe messo i piedi
sulla scrivania da un momento all'altro. Dopo qualche domanda gli squillo' il telefonino. Rispose. Era un suo
amico, o un parente, al quale chiese: allora chi ti sei portato (a letto)
ieri sera? E continuo' a parlare, a fare battute a sfondo sessuale di cattivo gusto mentre io ero li' a fingere di non ascoltare e a guardare i quadri sulle pareti. Finalmente dopo un buon quarto d'ora termino' la sua telefonata e mi fece qualche altra domanda. Ascoltava distrattamente e per poter "abbassare il mio valore" sminui' la mia esperienza all'estero con un: si' sette anni in America, ma io la considero solo un'esperienza di vita. E infatti seguendo il suo schema, che alcuni ragazzi che avevano sostenuto gia' il colloqui poi mi confermarono, poco dopo mi accenno' alla proposta di un contratto a progetto, rinnovabile, ma fu vago sullo stipendio anche se intuii che doveva essere molto basso. Prima di parlare di cifre avrei dovuto fare un periodo di training "per iniziare a mettere un piede in azienda e capirne i meccanismi" e quindi mi invito' a seguire questa settimana di training o meglio corso di formazione, non pagato. Anche per la posizione fu molto vago. In realta' andai a quei colloqui come tanti altri ragazzi perche' ci venne fatta intravedere sempre in modo vago la prospettiva di lavorare in ufficio back office o marketing o vendite ma si trattava solo di esce per attirarci al colloquio perche' in realta' l'azienda aveva un urgente bisogno di persone al call center. E infatti durante la prima giornata di training fu chiaro che stavano per insegnarci come lavorare al call center. Quasi tutti pero' continuammo quel training anche perche' avevamo bisogno di lavorare, volevamo capire quale poteva essere l'offerta concreta che ci sarebbe stata comunicata solo dopo la settimana di training. Finita la settimana di training il capo convoco' un tutti nel suo ufficio, uno dopo l'altro, per comunicarci che avremmo dovuto fare una seconda settimana di training, (uscita cosi' all'improvviso e sempre non pagata), per fare pratica e ci confermo' tipo di contratto e la paga che poteva offrire: contratto a progetto rinnovabile a circa 400 euro al mese. Un'altra settimana di training non pagata per un lavoro full time al call center quando sia a me che a tanti altri ragazzi aveva prospettato tutt'altro? 400 euro al mese per oltre 40 ore di lavoro a settimana? Mi sentii preso in giro e cosi' rifiutai l'offerta e me ne andai. Molti altri furono costretti ad accettare. Avevo perso oltre un mese con i loro colloqui, la loro vaghezza, false promesse e training non pagato. Decisi cosi' di tentare di tornare in Usa.
E torniamo appunto a qualche mese dopo, al colloquio americano di cui vi parlavo.
Qualche giorno dopo la festa alla quale fui invitato, sostenni il secondo ed ultimo colloquio con il CEO e il manager. Anche questo colloquio si svolse in modo molto amichevole in sala mensa dove mi offrirono il pranzo e mi parlarono in termini concreti, senza giri di parole o promesse vaghe. Mi proposero di fare un mese di prova/training, anche per vedere se ci piacevamo a vicenda dopodiche' avrebbero deciso se avrei potuto lavorare per loro. Mi comunicarono la cifra precisa che mi avrebbero offerto in caso avessi superato il periodo di prova e avendogli detto che avevo ricevuto un'offerta da un'altra azienda mi "corteggiarono" un po' parlandomi delle prospettive di crescita, dicendomi che mi avrebbero offerto piu' benefits dell'altra azienda e che secondo loro non avrei avuto problemi a superare la prova ma questa era la procedura standard da seguire.
Non mi fecero mai domande sulla mia eta', sui miei genitori o sui miei fratelli. Se non erro negli Usa non e' consentito agli imprenditori chiedere queste informazioni cosi' personali anche perche' potrebbero discriminare in base all'eta' e ad altri fattori personali.
Insomma come tutti sapete avendo letto i dettagli di questi colloqui in vari post precedenti, poi superai il periodo di prova e l'azienda decise di assumermi e ora sto aspettando l'approvazione del work visa. Il periodo di prova mi venne pagato e anche molto bene. Se paragono quel periodo di prova con lo stipendio che mi avrebbe dato l'azienda italiana...beh in Usa sono stato pagato dieci volte tanto! Se non sono differenze queste. E poi vogliono cercare di far rientrare i laureati italiani emigrati all'estero? Siamo seri, per favore.