Oggi vi porto nel mondo delle superstizioni. Gli Americani hanno molte superstizioni simili alle nostre come ad esempio non camminare sotto una scala, non rompere un specchio, o il gatto nero che porta sfortuna. Ma ci sono delle superstizioni solo americane? Ho fatto una ricerca e credo di averne trovate una decina. Ditemi voi se qualcuna di queste in realtà c’è anche in Italia.
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Voci di italiani in America - Davide Mamone
Vivo a: Lafayette, Louisiana
In Usa dal: 2017
Professione: Giornalista
Canali:
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• Racconta la storia che ti ha portato negli USA:
La mia tesina delle scuole elementari, nella primavera 2002 fu la descrizione di un viaggio negli Stati Uniti. Mi immaginai di andare a New York e di visitare il Pentagono e la Casa Bianca a Washington e cercai di descrivere nel modo quanto più accurato possibile che cosa avrei potuto vedere, sulla base di quanto avevo letto sui libri di storia e di geografia. Lì capii istintivamente di avere un legame non razionale verso questo Paese, che vedevo così lontano e così pieno di storie da scoprire. Parallelamente ho sviluppato fin da piccolino una grande passione per la scrittura: i miei compagni di scuola, quando veniva chiesto loro di descrivere qualcosa, prendevano i pastelli e coloravano, disegnavano. Io prendevo la penna cancellabile e scrivevo. Il mio arrivo negli USA si basa su queste due componenti: la scrittura e il giornalismo da una parte, il fascino degli orizzonti americani dall’altra. Non potevo non trasferirmi.
• Di cosa ti occupi qui negli Stati uniti?
Dopo aver lavorato per quattro anni come corrispondente straniero, scrivendo per il quotidiano milanese Mi-Tomorrow e collaborando saltuariamente per altre testate nazionali come L’Espresso, Radio Popolare, La Repubblica, Panorama, Linkiesta, Il Giornale – InsideOver e 7 Corriere della Sera, sono stato selezionato da Poynter Institute per la Fellowship 2021-22 su media e giornalismo. Al momento scrivo in inglese per The Advocate | New Orleans Times-Picayune, testata vincitrice del Premio Pulitzer 2019, per cui mi occupo di immigrazione e cronaca dalla redazione di Lafayette.
• Quali sono le differenze che hai riscontrato tra la professione di giornalista in Italia e in Usa?
Le differenze sono onestamente enormi. Ne porto due esempi. Il primo è nei contenuti: in Italia un articolo “tipo” parte spesso con una dichiarazione, un virgolettato. Negli Stati Uniti è severamente vietato. Sempre parlando di virgolettati, in Italia viene concessa una straordinaria libertà di riassumere il contenuto di quanto detto dalla persona intervistata. In inglese questo non viene tendenzialmente permesso: si quota parola per parola, lettera per lettera. Il secondo esempio che porto è nell’atteggiamento, e ci tengo a dire che mi riferisco alla carta stampata perché è il mondo che conosco di più. Ciò che mi ha spesso fatto male in Italia è vedere come troppo spesso il sistema premi il genere di giornalista capace di mettere se stesso di fronte alla notizia di cui parla. Negli Stati Uniti, ribadisco, almeno per la carta stampata, chi fa notizie raramente parla di sé. E quando lo fa, lo fa in sede di presentazione del prodotto, non all’interno dello stesso. Il giornalista, il reporter o come lo descrive l’agenzia Associated Press la “newsperson” è uno strumento, non un fine, non un motivo. È letteralmente la persona delle notizie. Sui social puoi condividere opinioni, ma i post sui social non sono articoli di giornali. Un’altra differenza è legata alla libertà garantita dal Primo Emendamento: in Italia l’uso della querela preventiva nei confronti dei giornalisti è vergognosa e penosa e serve da deterrente per spaventare chi produce contenuti di inchiesta; negli Stati Uniti nulla di tutto questo è minimamente immaginabile.
• Hai vissuto a New York e ora stai facendo esperienza in uno degli stati meno raccontati dagli Italiani che vivono in America: la Louisiana. Puoi raccontarci qualche impressione sulla diversità di due mondi così diversi? O magari hai riscontrato anche delle caratteristiche comuni che non ti aspettavi?
Sono due Paesi diversi inclusi in uno. New York è la capitale del mondo dove tutte e tutti si incontrano, estremamente frenetica, sempre pronta a cambiare volto e pelle, per natura diversa da tutto. La Louisiana, specialmente Lafayette dove vivo io, si affida molto di più a tradizioni decennali, muta con una velocità diversa, ha un legame con la terra, letterale, molto più forte. Non credo di aver mai visto negli USA così tanto amore verso la propria terra, vista come appartenenza, come l’ho visto in Louisiana. Considero New Orleans come ponte di collegamento tra questi due mondi, New York e Lafayette, in cui ho potuto vivere.
• Le prime impressioni da Italiano in USA e le prime differenze che hai notato rispetto alla vita in Italia
Sono arrivato da solo a New York da Milano nel maggio del 2017 e la prima cosa che ho notato è stata la diversità nei prezzi: affitto, metropolitana, spesa. A New York tutto ha un prezzo salato. Paghi, come si suol dire, l’investimento e lo paghi estremamente caro. Ho trascorso molti dei miei primi mesi, senza contratto fisso e con contatti tutti da costruire, a mangiare pizza a 1 dollaro a pranzo e a cena e a risparmiare su tutto quanto fosse possibile, aiutato finanziariamente da genitori lontani che mi hanno supportato in ogni modo possibile. Una differenza iniziale che ho trovato è stata poi la diversa ripartizione delle giornate: l’orario di cena anticipato, la colazione più fluida, i tempi allungati dai viaggi infiniti con la metropolitana di New York. Essere pendolari all’interno della stessa città è un’esperienza che ti cambia.
• Cosa hanno detto parenti ed amici quando hai detto che saresti andato a vivere negli USA? E cosa dicono oggi?
Come allora, come oggi, gli stessi preziosi consigli per cui sono grato: investi su te stesso, prenditi rischi, esci dalla comfort zone, lavora duro, segui il tuo istinto, pensa al tuo futuro.
• Cosa ami e cosa non ami degli USA? Come ti sembrano gli Americani, amici, conoscenti, colleghi?
Degli Stati Uniti amo la straordinaria capacità di mettersi costantemente in discussione. È un Paese dalle profonde contraddizioni, solcato da disuguaglianze croniche, influenzato dal razzismo sistemico frutto del “peccato originale”, come lo definiscono molti Washington, dei disumani decenni di schiavitù nei confronti della popolazione afroamericana. Il sistema cambia lentamente, è vero, a volte compie dei passi indietro, ma vivendolo da dentro ti dà la sensazione costante di volersi rigenerare e ridestare: a ogni azione si crea conseguentemente, un secondo dopo, una reazione; nulla è eterno e tutto viene messo in discussione; esprimere il proprio assenso o dissenso è sacro e questo permette un costante interscambio e flusso di pensieri, a volte anche troppo accesi, ma quasi sempre preziosi. Su questo, un ruolo straordinario lo ricopre, ancora, il Primo Emendamento.
Cosa non amo? L’ossessione per le armi, inaccettabile anche per chi come me ne ha voluto studiare le ragioni storiche e ha dovuto imparare quelle costituzionali. Non amo il fatto che molte e molti neo-cittadini o neo-Green Card si dimenticano che fino a qualche anno prima sono stati dei semplici possessori di visto ed esprimono posizioni di chiusura verso i nuovi arrivi. Non amo la tossica divisione che il Paese sta attraversando in questo periodo storico: il popolo americano si dimentica che sono molte di più le cose capaci di unirli di quelle capaci di separarli.
• Uno degli episodi che ti ha fatto esclamare: “Siamo proprio in America!”
9 Aprile, 2009. La mia prima volta allo Staples Center a Los Angeles. Fu il regalo dei miei genitori per il mio 18esimo compleanno, previsto per il giorno successivo (il 10). Non fu un aspetto in particolare, a farmi esclamare quella frase, fu l’intera esperienza. Ero proprio, davvero in America. Ero in California. E quel giorno capii che ci sarei dovuto venire a vivere.
• Cosa ti mancava i primi tempi in USA e cosa ti manca ancora dell’Italia All’inizio solo il cibo e la famiglia poi gli amici e pian piano anche i luoghi giornalieri.
A me dell’Italia mancano in modo particolare le persone: mamma e papà su tutti. Poi la famiglia, tra la mia adorata Milano e la mia amata Sicilia, e gli amici. Ma non ho, onestamente, particolare nostalgia per i luoghi di per sé. Se i miei genitori si trasferissero altrove, potrei vivere senza passare dall’Italia per anni, credo. Per quanto riguarda il cibo, sì, invece, va fatta ammenda: il caffè a 1 euro al bar e la colazione in centro storico a leggere il quotidiano è un’abitudine di cui sento profonda mancanza. Sempre parlando di cibo, non voglio nasconderlo, la nostalgia verso le lasagne di mamma si fa più forte.
• Quando torni in Italia provi il reverse culture shock ovvero noti qualche aspetto che ti colpisce che non avevi mai notato quado vivevi in Italia perché ti sembrava normale?
C’è un momento che si ripete ogni santa volta in cui torno in Italia: atterro dal volo New York – Milano, mi avvio verso il bar dell’aeroporto, mi ritrovo senza contanti e tento di pagare il primo caffè espresso con la carta. La faccia e la reazione del barista di turno sono uno straordinario dipinto del nostro Paese. Negli Stati Uniti non sarebbe stato un problema.
• Pensi che rimarrai a vita negli USA o un giorno tornerai in Italia?
Non ne ho la più pallida idea.
• Quali consigli vuoi dare agli Italiani che sognano di trasferirsi in America?
Tante persone vi diranno di non farlo perché è difficile: difficile lo è davvero, è un infinito casino quotidiano, ma se ve la sentite dentro di voi fatelo lo stesso. Anzi, trasferitevi proprio perché vi dicono di non farlo.
Se vuoi, puoi inviare fotografie di 3 luoghi di dove vivi e dirci due righe sul perché sono significativi/importanti/caratteristici per te.
domenica 30 gennaio 2022
America: immaginario da film e realtà
mercoledì 15 dicembre 2021
Voci di Italiani in America - Tiziana Milo
In Usa dal: 2011
Canali: bit.ly/eroLucy
Racconta la storia che ti ha portato dall’Italia agli Usa
Vuoi la versione lunga o breve? 😊 Quella breve è che nel 2008 dopo un paio di mesi che ci conoscevamo, il mio compagno ha ricevuto la green card, a cui aveva fatto domanda molti anni prima ma che con il 9/11 aveva subito un enorme rallentamento. Lui è partito, io sono rimasta a Roma, e dopo 3 anni a distanza abbiamo deciso che fosse arrivato il momento di dare una svolta alle nostre vite. Ho fatto domanda per un visto studentesco, ottenuto in un battito di ciglia, ho venduto tutto quello che avevo e sono arrivata a Miami!
Di cosa ti occupi qui negli Stati Uniti?
Sono un’impiegata amministrativa alla Florida International University, dipartimento di Ingegneria Meccanica. Sono una research coordinator e tra le varie cose mi occupo di studenti internazionali che vengono a FIU per master o dottorato, e mi occupo di viaggi per il dipartimento. Questo è il mio sesto anno qui. Nel frattempo ho anche iniziato un master in Higher Education Administration.
Quale è stato il tuo percorso per rimanere qui in termini di visti e green card?
Come detto, sono entrata con visto studentesco. Al momento del mio trasferimento nel 2011 (questo è parte della storia lunga!) avevo appena divorziato legalmente – all’epoca erano ancora 3 anni di attesa per la sentenza di divorzio. Nel frattempo qui a Miami abbiamo avuto una bambina e ci siamo sposati. Poi quando mio marito ha ottenuto la cittadinanza, ho fatto richiesta per la green card e in 6 mesi ero permanent resident.
Farai domanda per la cittadinanza (se non sei già cittadina)?
Sono cittadina dal 2017 e la cerimonia è stata una meravigliosa esperienza. Grazie alla mia cittadinanza, tra l’altro, mi è stato possibile far ottenere la residenza a mia madre, che durante la pandemia era rimasta bloccata a Miami.
Le prime impressioni da Italiana in Usa e le prime differenze che hai notato rispetto alla vita in Italia?
E’ passato molto tempo da quelle prime impressioni, ma due sono le cose che ricordo come fosse oggi. Premetto che la prima volta che sono arrivata qui era il 2009, gli Stati Uniti erano nel pieno della crisi economica, e sicuramente molte cose erano diverse. Feci qui la mia prima vacanza quando mio marito si trasferì, e rimasi un poco delusa dalla città, mi sembrava così brutta, almeno rispetto a Roma da dove venivo! Ma rimasi sbalordita dall’acqua e dalla natura, sono due elementi presentissimi a Miami e rendono la città davvero affascinante. D’altra parte poi la vita qui è semplicissima ed incredibilmente pratica, e ci si adatta subito. Un’altra cosa che chi viene a vivere qui nota sempre è la gentilezza delle persone, un vero cambiamento a 360 gradi rispetto alla scortesia tipica italiana.
Cosa hanno detto parenti e amici quando hai detto che saresti andato a vivere negli Usa? E cosa ti dicono oggi?
All’epoca sembrava una decisione quasi scontata... ero sola a Roma, il resto della mia famiglia viveva altrove, e appunto il mio compagno era lontano. Per di più la crisi economica era arrivata nel frattempo anche in italia, per cui la loro reazione era più tipo: Si ma cosa stai facendo ancora qui!?
Cosa ami e cosa non ami degli Usa? Come ti sembrano gli Americani, amici, conoscenti, colleghi?
Miami è molto diversa dal resto degli Stati Uniti, va detto. La parte più difficile dello stare qui è stata dover accettare che la cultura dominante fosse quella latina, e dover imparare lo spagnolo prima dell’inglese. In questi 10 anni ho imparato a rapportarmi in modo differente a latini e anglosassoni. Adoro di Miami il melting pot, il fatto che nel mio dipartimento lavorano persone che vengono da qualsiasi parte del mondo, e ogni giorno conosco qualche nuovo aspetto delle varie culture che mi circondano. I miei amici però sono per lo più italiani, perché sia con i latini che con gli americani è stato molto difficile stringere dei rapporti profondi. Un’altra cosa che adoro degli Stati Uniti è il complimentarsi sempre, il dare sempre un feedback positivo prima di dire qualcosa di negativo ad una persona.
Uno o più episodi che ti hanno fatto esclamare: “Siamo proprio in America!”
Quando le cose si risolvono in un attimo. Ad esempio entri al concessionario ed esci con la macchina nuova 4 ore dopo, oppure quando puoi fare i pagamenti per telefono, o chiami il servizio clienti e ti rimborsa una spesa. Ovviamente faccio esclamazioni simili anche in senso negativo, tipo con tantissimi i mass shooting che ci sono. Purtroppo si impara anche ad accettare i lati negativi del paese in cui si vive.
Cosa ti mancava i primi tempi in Usa e cosa ancora ti manca dell’Italia?
Sai che non mi è mai mancato nulla in particolare? Certo mi mancavano gli amici, soprattutto i primi tempi quando non conoscevo davvero nessuno. Certo mi mancava il cibo. Ma le opportunità che ho avuto qui da quando sono arrivata, in Italia me le sognavo, questo è un dato di fatto. Sai cosa mi manca tantissimo, ora che sono diventata madre? Le vacanze che si fanno in Italia con i bambini, quando torni nello stesso posto ogni anno e ritrovi i vecchi amici di sempre. Ma i miei amici italiani mi hanno detto che ormai sono pochissimi quelli che possono ancora permettersi questo tipo di vacanze.
Quando torni in Italia provi il reverse culture shock ovvero noti qualche aspetto che ti colpisce che non avevi mai notato quando vivevi in Italia perché ti sembrava normale?
Resto sempre colpita da quanto noi cittadini italiani siamo viziati dal servizio sanitario nazionale. Non è normale che un medico di base o un pediatra possa essere chiamato al cellulare personale a qualsiasi ora del giorno e della notte. E non è sostenibile un sistema dove si va al pronto soccorso per il minimo problema. Vivere negli Stati Uniti dove paghi pure l’aria che respiri ti fa capire che una sana via di mezzo dovrebbe esserci da entrambe le parti.
Pensi che rimarrai a vita negli Usa o un giorno tornerai in Italia?
Difficile dirlo ora. Inizio a invecchiare e penso che forse mi piacerebbe tornare in italia, ma lì non ho più casa e non è facile pensare ad un futuro lì. Inoltre quando mia figlia sarà grande non lo so se vorrò vivere con un oceano che mi divide da lei. Per fortuna è ancora presto per pensarci 😊
Quali consigli vuoi dare agli Italiani che sognano di trasferirsi in America?
Di pianificare bene, di non pensare che qui la vita è come in Italia. Qui tutto costa e con un solo stipendio “normale” è molto duro mantenere una famiglia. E poi di arrivare qui senza pregiudizi, con la mente aperta e disposta alle novità.
FOTO 1: la spiaggia di Crandon Park, la più scenografica a Miami, quella dove vanno i locali.
martedì 14 dicembre 2021
Voci di Italiani in America - Valentina Corino
Vivo a: Tyler, Tx
In Usa dal: 2013
Professione: Teesting services specialist al community college della città
Canali:
- Blog: psparse.com
- Pagina Fb: Parole Sparse – Un’ italiana in Texas
- Instagram: @parole_sparse
- Scrivo anche per: www.usacoasttocoast.com
Racconta la storia che ti ha portato dall’Italia agli Usa:
Ho seguito il lavoro del marito. Prima è venuto lui da solo non sapendo se sarebbe diventato un trasferimento definitivo. Avendo un lavoro a tempo determinato in ambito assicurativo in Italia non volevo perdere questa posizione fino a che la situazione americana si fosse definita. Poi quando tutto si è definito 6 mesi di aspettiva e sono arrivata qui.
Di cosa ti occupi qui negli Stati Uniti?
Lavoro presso il Testing Center del community college della città dove viviamo. Ci occupiamo dei test di ammissione, di quelli accademici e offriamo anche svariate certificazioni professionali anche per professionisti che ormai non sono più al college da un po’.
Quale è stato il tuo percorso per rimanere qui in termini di visti e green card?
Prima il visto da studente (con cui ho studiato Storia Americana) e poi la green card.
Farai domanda per la cittadinanza (se non sei già cittadina)?
Ho raggiunto i requisiti per fare domanda l’estate passata, ma ho aspettato perché con la pandemia si erano allungate di parecchio le tempistiche di tutta la procedura. Penso che farò domanda nel 2022.
Le prime impressioni da Italiano in Usa e le prime differenze che hai notato rispetto alla vita in Italia?
I primi tempi sono stati molto emozionanti ogni giorno era la scoperta di qualcosa di nuovo. Tra le cose che apprezzato di più fin da subito il poco caos, l’organizzazione. Nelle persone ho apprezzato da subito quanto sia più diffusa la gentilezza e il rispetto verso gli altri.
Cosa hanno detto parenti e amici quando hai detto che saresti andata a vivere negli Usa? E cosa ti dicono oggi?
Noi siamo stati fortunati perché abbiamo sempre avuto il supporto delle nostre famiglie. Certo la lontanza è tanta e non permette di potersi vedere quanto si vorrebbe, ma non ci hanno mai fatto mancare il loro supporto.
Anche dagli amici non abbiamo avuto reazioni negative, qualcuno con gli anni si è perso per strada nonostante gli sforzi per mantenere vivi i rapporti. Però il trasferimento ha dato anche l’occasione invece per riallacciare rapporti che si erano smorzati.
Cosa ami e cosa non ami degli Usa? Come ti sembrano gli Americani, amici, conoscenti, colleghi?
Gli americani sono molto diretti ed amichevoli. Sono carettarielmente molto diversi da noi italiani, questo non sempre rende facile creare veri rappoorti di amicizia intesi a come siamo stati abituati in passato. Se in più ci si mette la difficolta nelle relazioni quando ci si trasferisce da adulti non è sempre facile capire come realazionarsi. Anche perché spesso tendono a creare compartimenti molto più definiti rispetto a come facciamo noi.
Uno o più episodi che ti hanno fatto esclamare: “Siamo proprio in America!”
Una sera a cena al momento di pagare la cameriera ci ha detto che il nostro conto era già stato pagato. Per abitudine un loro cliente abituale ogni sabato sera offre la cena a caso a qualche altro cliente nel ristorante. Conosco tantissime persone a cui sia capitato di vedersi pagare la spesa o magari arrivare alla cassa del drive thru per scoprire che la macchina precedente aveva pagato già anche il loro conto.
Cosa ti mancava i primi tempi in Usa e cosa ancora ti manca dell’Italia?
Gli affetti e il cibo. Gli affetti penso sia ovvio per tutti.
Per il cibo si trovano tante cose e a casa si può facilmente cucinare italiano, così come si possono trovare anche ottimi ristoranti, ma alcuni sapori non si riescono proprio a riprodurre e alcuni alimenti non arrivano neanche nei negozi più specializzati.
Quando torni in Italia provi il reverse culture shock ovvero noti qualche aspetto che ti colpisce che non avevi mai notato quando vivevi in Italia perché ti sembrava normale?
Da che sono arrivata qui sono rientrata solo due volte. La prima era solo qualche mese che ero qui, quindi credo fosse troppo presto per avere un reverse shock. La seconda invece è stato fortissimo. Tante piccole cose che oggettivamente sono sempre state normali mi hanno colpito profondamente. La negatività (e aggressività) una fra le prime. Gli americani sono sempre super positivi e propositivi, in Italia ogni cosa è vista nei suoi aspetti negativi o viene criticata. La moda; parliamo di quella da tutti i giorni non l’eleganza delle grandi firme. Una cosa che mi ha colpito tantissimo è come tutti fossero vestiti allo stesso modo con la stessa giacca e borsa che andava di moda. Come i colori fossero pochissimi. E’ vero che qui in Usa ogni tanto si vedono abbiamenti che ai nostri occhi sembrano azzardati ma si vedono tanti stili diversi, colori diversi da il “colore pantone dell’anno”.
Pensi che rimarrai a vita negli Usa o un giorno tornerai in Italia?
Per ora siamo qui, non sappiamo ancora cosa faremo quando arriverà il momento della pensione, mancano ancora troppi anni e chissà come saranno gli USA e l’Italia allora. Sicuramente spero a quel tempo di avere l’opportunità di poter passare tempo in entrambi i paesi e avere la fortuna di prendere il meglio di entrambi.
Quali consigli vuoi dare agli Italiani che sognano di trasferirsi in America?
Venire in America è un progetto a lungo termine. Se si vuole venire per fare un’esperienza solo di qualche anno può non essere troppo difficile trovare una via ed un visto per venire. Se invece si vuole pensare a un trasferimento in via più definitiva l’unica via (fortuna con la lotteria per la green card a parte) è la strada dell’investimento secondo me. O l’investimento nel senso più letterale del termine e quindi quello economico nel creare o rilevare un’attività. Ma ancora di più un investimento in se’ stessi nel crearsi un percorso di studi e una carriera che rendano i primis la propria figura professionale appetibile per un sponsor, ma soprattuto realistico pensare a che un visa sia rilasciato. Quindi non necessariamente un investimento economico, ma di tempo, risorse e impegno per creare le condizioni per un possibile trasferimento. Certo non è l’unica strada, ma le possibilità che dall’oggi al domani si crei la situazione per un trasferimento senza averne creato le basi non sono molte.
FOTO 1: Sunset - downtown Tyler
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