Sono passati quasi 20 anni dai tragici attacchi dell'11 settembre 2001 e se provo a ricordare quel periodo, oltre agli aerei dirottati, le torri in fiamme, il crollo delle due torri, l'attacco al Pentagono, il volo United 93, mi vengono in mente i mesi successivi che non furono facili per me. All'epoca ero uno studente universitario di lingue e letterature straniere e mi mancavano ancora due anni per la laurea. I prof e gli studenti erano in maggioranza anti-americani e si mostrarono soddisfatti se non addirittura contenti per gli attacchi terroristici. Incredibilmente anche molti conoscenti e amici se non proprio in festa non riuscivano proprio ad empatizzare con gli Americani colpiti al cuore. "Se li hanno attaccati un motivo ci sarà, probabilmente se lo sono meritato," dicevano in tanti. Non riuscivo a sopportarli.
In quel periodo mi legai molto alla trasmissione di Stefano Spadoni, un giornalista italiano che viveva a New York e che trasmetteva ogni giorno dalla sua Big Apple Radio di Manhattan, due ore di notizie e curiosità su New York e gli Stati Uniti. Una vera boccata d'ossigeno per me. Gli scrissi molte email in quel periodo e le lesse tutte in diretta. Gli raccontavo di come viveva un amante degli Usa come me in un'Italia in cui i media i media distorcevano la realtà e gli raccontavo anche dell'università. Ricordo bene la faziosità dei professori. Ad esempio con la scusa delle traduzioni ci assegnavano articoli da tradurre che deridevano sempre gli Americani e il loro stile di vita: il poliziotto violento che picchia i detenuti, il fast food e l'obesità, gli scontri razziali, la diffusione delle armi, l'indifferenza dei e privilegiati verso i più poveri. Non dico che alcuni articoli non avessero un fondo di verità ma erano estremizzati al limite, pieni di livore, e avrei scoperto solo solo pochi mesi in America che il loro intento era dare un'immagine distorta degli Usa per le loro antipatie politiche.
Comunque in quei mesi post 11 settembre decisi di darmi una mossa per laurearmi presto e poi, avevo deciso, sarei partito per gli Usa. Volevo trascorrere del tempo lì, un pò come trascorrere del tempo con un amico che non se la passa bene. Così dopo due anni mi laureai e in meno di un mese ero già in qui. L'idea era provare a restare uno o due anni per perfezionare il mio inglese. Il sogno era restare per qualche anno per una breve esperienza lavorativa. Non avrei mai immaginato di riuscire ad arrivare alla Green Card e (a breve) alla cittadinanza. Qualche forza misteriosa mi ha voluto qui.
Nei primi anni in America andavo spesso a Ground Zero. Volevo vedere cosa fosse rimasto dopo gli attacchi. Vidi quell'area letteralmente rinascere, da quando era solo un cratere a quando hanno costruito il 9/11 memorial and museum e la Freedom Tower. Se venite a New York vi consiglio il museo, proprio sotto il memorial (le due cascate di forma quadrata lungo il perimetro delle fondamenta delle Twin Towers). Per me la parte più toccante del museo è stata una piccola saletta in cui non è consentito fare foto o video e si sentono i messaggi in segreteria delle persone intrappolate nelle torri ai propri cari per dare un addio. Sapevano già che avevano pochi minuti di vita.
NEVER FORGET.
Penso che l’11 settembre abbia cambiato la visione del mondo a molte persone, prescindendo dal fatto che si abbiano perso amici o cari in quella tragedia. Purtroppo anche il solo essere testimone vivente(anche se visto in ti) di un evento così catastrofico, fa cambiare il punto di vista su tante cose della vita quotidiana. Ho fatto più giri al nuovo world trade center negli anni ed ho avuto modo di vederlo rinascere anch’io, purtroppo non ho mai avuto modo di vederlo prima😔 La saletta che nominavi l’ho visitata ed ho assistito alla proiezione delle chiamate, nonostante ai tempi il mio inglese non era perfetto e quindi capissi poco delle conversazioni, ne sono uscito con gli occhi gonfi e lucidi. Il disagio ed il terrore che sentivi nelle voci non avevano bisogno di spiegazioni…
RispondiEliminaQuella saletta è davvero qualcosa di toccante.
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