lunedì 31 maggio 2021

Smettere di lavorare dopo la pandemia

Con la pandemia ormai alle spalle stiamo tornando alla normalità. Nei mesi passati molti Americani sono stati mandati in disoccupazione temporanea, ad altri è stato concesso di lavorare da casa e ad altri di lavorare in ufficio in giorni alterni e ad orari ridotti. Ora però gran parte degli Americani sta tornando agli orari consueti, 9 to 5, Monday to Friday, e non pochi hanno problemi di riadattamento. 

Gli Stati hanno trattato bene i disoccupati con assegni settimanali da $600 a settimana e il governo federale ha inviato a tutti, disoccupati e non, tre assegni da $1,200, $600 e $1,400. Molti disoccupati hanno incassato più soldi di quando lavoravano, comodamente seduti sul divano di casa ma anche chi ha lavorato da casa ha comunque avuto una vita più facile: meno ore di lavoro e niente commuting. E per tanti americani questo vuol dire risparmiare almeno due ore di viaggio al giorno e dei bei soldi in trasporti. Certo sono stati mesi difficili e non ne siamo ancora usciti fuori, molti sono stati mali e hanno tragicamente perso dei cari, ma è anche questo un ulteriore motivo che ha fatto sì che molti Americani rivalutassero alcune priorità di vita. La vita è una, oggi ci siamo e domani chissà, e così leggevo che si sta verificando un fenomeno interessante proprio qui nella terra della religione del lavoro: tanti Americani stanno pensando di non tornare al lavoro. Ovviamente è un gruppo ristretto di Americani che hanno messo molto da parte tra risparmi, fondo pensione 401K, e investimenti in borsa. Hanno fatto due conti e hanno deciso che possono permetterselo.

Io non sono tra questi fortunati ma è ormai da un paio di anni che rifletto su questi aspetti. Ho un buon lavoro e non mi lamento ma sento non sono soddisfatto. Dopo anni di vita da pendolare, sveglia alle 5am e ritorno a casa alle 7pm, mi sto svuotando di energie. E non riesco a dedicarmi ai miei hobby. Il weekend sono essenzialmente due giorni per ricaricare le batterie e poi il Lunedì si ricomincia. E vorrei viaggiare tanto perché ho visto poco del mondo ma i giorni di vacanza, come saprete, non sono poi tanti in America. Un giorno ho fatto un calcolo. Non considerando sabati, domeniche e feste nazionali, i giorni lavorativi in un anno sono 261. Negli Usa un'azienda concede al dipendente, in media, 10 giorni di vacanza l'anno, dopo qualche anno, forse, qualcuno in più. 10 giorni su 261 vuol dire che hai stipulato un contratto per cui di quei 261 giorni devi lavorare il 96% e il 4% puoi andare in vacanza. Troppo pochi per i miei gusti, che dite? 

Inoltre ho capito che anche nella meritocratica America la vita lavorativa, per lo meno quella d'ufficio, non è come immaginavo. Ci sono anche qui astute pratiche di lecchinaggio, scuse per non darti un aumento e salire in carriera è un processo molto più lento di quello che pensassi. Ripeto, non mi lamento e di recente mi hanno dato anche un aumento ma la cosa che più mi distrugge è vedere il modo in cui si sono spenti alcuni colleghi sulla via della pensione. Hanno messo soldi da parte ma non hanno mai viaggiato, hanno accantonato i loro hobby e stanno considerando di lavorare oltre i 65 anni perché  "Almeno un lavoretto part time, senza un lavoro mi annoio".

Io non vorrei fare quella fine, ho voglia di viaggiare, leggere libri, scrivere racconti e romanzi. E così sto pensando a una nuova mission impossible, smettere di lavorare nel giro di 10 anni.  Vi sembrerò naive ma non costa niente sognare. Mi sto informando sul movimento F.I.R.E (Financial Indipendency Retire Early), e su tutti gli altri metodi che potrebbero aiutare a raggiungere questo obiettivo. Ma di questo vorrei parlare nei prossimi post.


sabato 29 maggio 2021

Storie dal cuore dell'America

Amo la letteratura americana sin da quando sono ragazzino. Ho iniziato con i classici scrittori dell'horror come H.P. Lovecraft, Edgar Allan Poe, Stephen King ma ho continuato con Bukowski, John Fante, Steinbeck, Jack London, Philipp Dick e tantissimi altri. Ieri ho iniziato a leggere una raccolta di racconti intitolata Ho pensato che mio padre fosse Dio di Paul Auster, un altro dei miei preferiti di cui ho apprezzato molto Follie di Brooklyn e La musica del caso, e mi sta piacendo molto. In realtà i racconti non sono i suoi ma li ha solo selezionati.

Il suo progetto nasce da un'intervista che diede alla NPR, la National Public Radio, al termine della quale gli chiesero se fosse interessato a scrivere e leggere un racconto inedito al mese, per radio. Auster non era in realtà molto convinto perché scrivere un racconto al mese era un impegno che non poteva assicurare di portare a termine perché in quel periodo ne aveva già tanti da rispettare con la sua casa editrice, ma la moglie gli suggerì: Non devono per forza essere tuoi racconti, puoi farli scrivere...dagli ascoltatori. L'idea piacque molto allo scrittore di Brooklyn (e alla NPR) che qualche giorno dopo chiese agli ascoltatori di inviargli i loro racconti. Unica regola, niente opere di fantasia, racconti basati sulle loro esperienze reali. Gli ascoltatori, di ogni età, provenienza, etnia, stato sociale, inviarono migliaia di racconti che vennero selezionati e diedero forma a questa racconta. Un bell'esempio di diversity e un storie d'America. Tra i racconti letti finora mi è piaciuto e mi ha fatto sorridere "Monello", un racconto di un certo Yale Huffman del Colorado che tratta in modo divertente del razzismo e del Ku Klux Klan. Eccolo, qui sotto. E voi avete letto questa raccolta? Consigliate qualche libro o scrittore americano in particolare?


Monello

La rinascita del Ku Klux Klan negli anni Venti costituisce un fenomeno che nessuno è ancora riuscito a spiegare del tutto. All’improvviso le città del Midwest si ritrovarono prigioniere di questa confraternita segreta, ben decisa a eliminare negri ed ebrei dalla società americana. Nelle cittadine come Broken Bow, nel Nebraska, dove vivevano soltanto due famiglie di colore e una ebrea, furono i cattolici a essere presi di mira. Gli uomini del Klan confabulavano tra loro della congiura ordita dal papa per conquistare l’America: i sotterranei delle chiese nascondevano arsenali, e preti e monache dopo la messa si davano a orge selvagge. Finita la Prima guerra mondiale e sconfitti gli Unni, diventava necessario creare un nuovo obiettivo per quelli che hanno sempre bisogno di qualcuno da odiare. La cosa stupefacente era il numero delle persone di quella risma.

A Broken Bow e nella Custer County furono in molti a lasciarsi adescare dal fascino virile dell’associazione segreta e dal suo appello all’istinto «Noi contro di Loro», un istinto diffuso universalmente tra tutti gli esseri umani, a quanto sembra. Tra i personaggi che si opposero alla confraternita ci furono i due banchieri della zona: John Richardson e mio padre, Y. B. Huffman. Decisero entrambi di ignorare la telefonata con la quale il Klan intimava loro di boicottare i cattolici. Grazie alla resistenza delle due banche, le mire del Klan a quel proposito vennero vanificate, ma al momento delle elezioni della commissione scolastica fu mia madre Martha a pagarne le conseguenze. Ne uscí pesantemente sconfitta, per via dei pettegolezzi calunniosi che le attribuivano una tresca con il farmacista piú rinomato della comunità.

Arrivò il giorno della parata annuale del Ku Klux Klan sulla piazza della città. Gli uomini dell’associazione sceglievano sempre un sabato d’estate, perché la cittadina fosse affollata di contadini e proprietari di ranch. Avvolti nei loro mantelli bianchi, con i cappelli a cono e le maschere bucate all’altezza degli occhi, i membri della confraternita marciarono a passo solenne per rammentare a tutti la propria dignità e il proprio prestigio, guidati dalla figura autorevole ma anonima del grande kleagle1 . La folla assiepata sul marciapiede si scambiava congetture su quei misteriosi individui e sui loro arcani poteri.

E poi, da un vicolo, sbucò trotterellando un cagnolino dal mantello bianco chiazzato di nero. Gli abitanti di Broken Bow si conoscevano tutti a vicenda, e riuscivano a identificare anche i cani, almeno quelli piú facilmente individuabili. Il nostro pastore tedesco, Hidda, e il cane da riporto di Art Melville erano personaggi famosi.

Il botolo maculato corse tutto allegro dal grande kleagle e gli saltò addosso, reclamando a forza di sonori latrati una carezza sulla testolina dalla mano amata del padrone. – Monello, – cominciarono a esclamare tutti. – È il cane del dottor Jensen, Monello –. Nel frattempo il maestoso dignitario a capo della processione agitava le lunghe gambe sotto il mantello nel tentativo di scacciare a calci quello che senza ombra di dubbio era il suo cagnolino. – A casa, Monello, a casa!

Il nome dell’animale stava ormai passando di bocca in bocca lungo il marciapiede davanti al quale doveva sfilare il corteo. E la gente non si limitava a sussurrare: tutti parlavano ad alta voce per dimostrare quanto fossero bene informati. Colpetti di gomito e risatine percorrevano le file degli spettatori come tremolii e fruscii di foglie prima di un’errabonda folata di vento. Poi arrivò il figlio di Jensen e richiamò la bestiola. – Monello, qua! Monello, qua!

Quell’intervento ruppe la tensione. Qualcuno fece eco al grido: – Monello, qua! – Le risatine divennero sghignazzate, e una bufera di ilarità inondò la piazza. Il dottor Jensen smise di prendere a calci il proprio cane e riprese a marciare in atteggiamento solenne, ma gli spettatori continuarono imperterriti: – Monello, qua! Monello, qua!

L’episodio segnò la fine del Ku Klux Klan a Broken Bow. Il dottor Jensen era un veterinario abbastanza bravo, specializzato nella cura degli animali di grandi dimensioni, e mantenne una certa popolarità fra gli agricoltori e i proprietari di ranch. Forse i suoi clienti lo chiamavano volentieri per poter poi commentare la cosa con i vicini, ma ben pochi si facevano beffe di lui. Di quando in quando, nel vederlo passare alla guida della sua automobile, un ragazzino piú furbo degli altri gli gridava dietro «Monello, qua!”

E da quel sabato in poi, al cagnolino bianco maculato di nero fu impedito di allontanarsi da casa.

YALE HUFFMAN

Denver, Colorado

Excerpt From: Paul Auster. “Ho pensato che mio padre fosse Dio.” Apple Books. https://books.apple.com/us/book/ho-pensato-che-mio-padre-fosse-dio/id497902981


domenica 23 maggio 2021

Domanda per la cittadinanza americana

Un mattino di 5 anni fa andavo, come ogni giorno, sul sito USCIS (US Citizen and Immigration Services) per controllare l'esito della green card. Avevo fatto l'accesso con la stessa ansia centinaia di volte nei mesi precedenti perché in qualsiasi giorno poteva spuntare fuori la decisione finale che avrebbe cambiato in meglio o in peggio la mia vita. Una delle due, domanda approvata o domanda respinta.  Ogni giorno era CASE PENDING e tornavo alla mia vita con tanti dubbi e incertezze. Che avrei fatto se avessero respinto la domanda? Non poteva succedere, avrei dovuto rinunciare a tutto e tornare in Italia. Poi un giorno all'improvviso, accendo il PC e...CASE WAS APPROVED. Un sogno durato 12 anni, una missione che inizialmente sembrava impossibile. 

Me ne aveva fatte passare tante in quegli anni, l'America. La strada è stata lunga e tortuosa: i primi tre mesi da turista, poi il visto studente e i due anni al college, l'anno di OPT concessomi per poter lavorare legalmente e mettere a frutto quanto imparato al college, poi il primo lavoro americano con visto lavorativo H1B di 3 anni. Poi per ci fu anche un periodo buio e per vari motivi decisi di tornare in Italia, dove la prima esperienza lavorativa durò appena pochi giorni, poi andai a fare un'esperienza di un anno a Londra, poi tornai di nuovo in Italia dove la seconda parentesi lavorativa du simile se non peggiore della prima. E a questo punto, deluso dall'Italia, decisi di riprovare in America. Ma non fu facile perchè dovetti ricominciare da capo o meglio, parafrasando Troisi, poiché qualcosa l'avevo pur fatta negli anni in America, ricominciai da tre, tre come i soliti tre mesi concessi per turismo in cui divetti cercare disperatamente lavoro (questo blog parte proprio da quel periodo). Per fortuna una azienda decise di assumermi e mi fece ottenere un altro visto lavorativo di tre anni e poi mi sponsorizzò per la green card, che ottenni nel fatidico 2016. 

Da lì la vita è trascorsa serenamente ma stavo pensando in questi mesi se concludere l'opera e fare domanda per la cittadinanza americana. So che molti expats si  fermano alla green card, e avranno le loro ragioni, so che qualcuno lo fa perché non vede la necessità di continuare fino alla cittadinanza, altri considerano la cittadinanza americana un tradimento verso l'Italia, altri ancora, pur vivendoci, non amano gli Stati Uniti abbastanza per desiderare di essere considerati cittadini americani. Ecco anche io sono ultimamente molto critico verso alcuni aspetti degli Usa come il sistema sanitario, la "religione tossica" del lavoro che ti spreme fino al midollo, le storture del capitalismo avanzato ma devo dire che gli Usa mi hanno accolto a braccia aperte non una volta ma due volte senza farmi troppe domande proprio quando l'Italia mi ha respinto per l'ennesima volta con proposte di lavoro ai limiti dell'indecenza. Quindi ci ho riflettuto e ho deciso che farò la cittadinanza anche per confermare il mio rispetto, la mia riconoscenza e tutto sommato il mio amore verso un Paese che mi ha dato moltissimo, in primis un vita serena, che non è facile di questi anni. 

Ho avviato le pratiche pochi giorni fa e consistono in 4 tappe fondamentali:

1) Compilazione del modulo i-400. 

2) Impronte digitali, foto e firma con le quali faranno vari controlli tra cui criminal records, autorizzazioni di lavoro passate e credo anche altri controlli sulle tasse pagate e molto altro.

3) Colloquio con esame. Sostanzialmente bisogna conoscere la lingua, la storia e le istituzioni americane e bisogna studiare 100 domande. Ne faranno 10 tra le 100 possibili e bisogna rispondere correttamente ad almeno 6 domande.  

4) Giuramento con consegna del certificato di naturalizzazione ovvero la cittadinanza americana. Poi si potrà fare il passaporto in qualsiasi ufficio postale. 

Il tempo previsto per le quattro tappe nel mio caso è stimato in 15 mesi.

Le differenze tra Green Card e Cittadinanza non sono poi tante. La green card ti consente di vivere e lavorare permanentemente in USA ma se stai fuori dagli Usa per oltre un anno, te la cancellano. Con la cittadinanza, invece, puoi stare quanti anni vuoi fuori dagli Usa e poi tornare a vivere senza problemi. La cittadinanza dà qualche diritto ma anche qualche dovere in più, ad esempio puoi votare alle elezioni ma devi accettare di far parte di una giuria popolare qualora venissi selezionato. E prima o poi ti convocano. Solitamente ogni cittadino americano riceve una convocazione per posta ogni 3-5 anni. La cittadinanza può essere utilizzata per far divenire permanent resident la propria moglie (o il proprio marito) o i parenti stretti, se non erro genitori e/o figli, non so se anche fratelli e sorelle.

E quindi qualche giorno fa è iniziata questa mia nuova avventura, certo al momento non emozionante e ansiogena quanto la green card ma è pur sempre una tappa importante nella mia vita. E ho come il sospetto che l'emozione salirà al giuramento. Ma step by step. Non è detto che venga approvata. Fingers crossed per questa sfida and I'll keep you posted. 

sabato 8 maggio 2021

Canale YouTube?


Ciao a tutti, con questo blog vi parlo di America in forma scritta ma recentemente sto pensando di darvi anche un quadro visivo e uditivo degli States e da qualche giorno ho iniziato a caricare dei video sul canale YouTube, che è sempre stato inattivo.

L'intenzione è di "mettermi in un angolino e far parlare l'America" ma poiché la mia è solo un'idea e un work in progress mi piacerebbe chiedervi un feedback, dei consigli. Cosa vorreste vedere e ascoltare?

Per la parte visiva potrei creare decine di photo album. Ho scattato migliaia di foto negli anni, devo solo organizzarle per temi e per luoghi. 

Alcune idee sono: l'atmosfera di Halloween, Thanksgiving, 4 Luglio e Natale. Connecticut, Maine, California, prigione di Alcatraz, cibi strani nei negozi, Ellis Island e Statua della libertà, grattacieli di New York, Mystic Seaport, Ground Zero prima e dopo la costruzione del 9/11 Memorial.

Per la parte auditiva, i suoni d'America direi Central Park, Piste di pattinaggio di New York in periodo natalizio, spettacoli dal vivo di wrestling, basket, baseball, monster trucks (quando sarà possibile), Times Square, Wall Street, negozi americani, tour in macchina delle case residenziali in Connecticut (alcune sono stupende, da film).

Altri consigli?

Ecco alcuni dei video giù pubblicati. Non siate severi con me, ho appena iniziato...sto imparando. Devo fare pratica con iMovie, le transizioni, le musiche, i thumbnails. Ma i vostri consigli sono sempre ben accetti e sono ciò faranno migliorare il canale. Comunque come dicono sul Tubo, se vi va, mettete like ai video, iscrivetevi e attivate la campanella!  

Ecco 4 Photo album con sottofondo musicale:







Ed ecco qualche video "American Sounds":






Spero vi piacciano!