domenica 30 gennaio 2022

America: immaginario da film e realtà

La nostra idea di America è condizionata da come l’America vuole mostrarsi al mondo con l’industria cinematografica. Se noi Italiani puntassimo di più su film e serie tv ambientate in Italia, e se riuscissimo ad esportarle nel mondo, il numero di turisti aumenterebbe a livelli esponenziali e anche il numero di chi sognerebbero di trasferirsi in Italia. Ma non dimentichiamo che Hollywood estremizza tutto per creare interesse, sia gli aspetti positivi che negativi.
Quando misi piede in America avevo la mente infarcita di film e serie tv che avevo visto sin da bambino e avevo una specifica idea di America, ma dopo qualche anno ho capito che era solo il modo in cui l’America si vestiva, sotto quel velo avrei scoperto la vera realtà. Ho stilato una lista di punti in cui descrivo con un voto da 0 a 10 quanto l’immaginario costruito dai film si avvicini alla realtà. Ovviamente è tutto basato sulle mie esperienze personali e molti di voi potrebbero fare considerazioni diverse e “dare voti” più bassi o più alti.
MERITOCRAZIA: 7/10
Sì, vero, la meritocrazia esiste, molto più che in Italia. Prendiamo il mio caso: una semplice laurea in lingue e una laurea breve al community college (che non è certo Harvard). In Italia sarei rimasto bloccato per anni con lo stesso stipendio e posizione lavorativa. In America pur non essendo un fisico nucleare, qualche progresso lo ho fatto. In Italia sarei rimasto più fermo. Qui non devi essere un genio per venire valorizzato e premiato. MA, sempre prendendo il mio caso, dipende molto anche dove lavori. Potrebbero farti salire ma fino a un certo punto. Io mi sono trovato meglio quando il mio manager era la nipote del capo (italiano) e, lo so che è una logica strana, non doveva dimostrare niente allo zio. Lei era molto in gamba e lo zio lo sapeva già e quindi poté intercedere per me facendomi ottenere ruoli diversi e qualche buon aumento di stipendio. Nelle compagnie successive, altri manager italiani (un po’ cialtroni, e dall’italiano e l’inglese maccheronico) mi hanno sempre un po’ nascosto agli occhi dei capi. Dovevano dimostrare di far tutto loro. Ma a parte la mia storia, in America la meritocrazia è reale e se hai voglia di cambiare lavoro, puoi facilmente migliorare e perseguire i tuoi obiettivi in carriera.
RICCHI LAUREATI UNIVERSITARI: 6/10
I giovani laureati di università prestigiose vengono coperti d’oro? Vero ma in parte. Sicuramente partono bene, perché non è considerato immorale pagarli anche più di 100mila dollari l’anno. Ma ciò che i film raccontano meno è che molti di loro hanno contratto debiti altissimi con le banche per pagarsi gli studi e una volta laureati una buona parte del loro stipendio dovranno usarlo per ripagare il debito. Vivranno comunque bene ma per ben 15-20 anni navigheranno nell’oro con la paura di perdere il lavoro e doverne trovare subito uno con uno stipendio a sei cifre per poter continuare a pagare il debito studentesco.
GLI AMERICANI SONO INVINCIBILI: 5/10
Innumerevoli film e serie tv su CIA, FBI e agenti segreti danno l’idea che gli Americani siano organizzatissimi, con sistemi di sicurezza all’avanguardia e armi iper-tecnologiche. Invincibili. Vero in minima parte perché seppur ben organizzati, gli Americani sono esseri umani, non supereroi. Si distraggono, commettono errori, e sono impreparati anche loro, forse un po’ meno del resto del mondo ma non poi così tanto.
L’11 settembre è stata una dimostrazione. Vulnerabili perché umani. Prima degli attacchi di quel tragico giorno c’erano stati migliaia di dirottamenti aerei ma i caccia si erano sempre alzati con calma per affiancare l’aereo dirottato e far atterrare il dirottatore. Come potevano immaginare che da un giorno all’altro i dirottatori non sarebbero atterrati come sempre in un altro aeroporto ma si sarebbero schiantati contro dei grattacieli? Facile parlare a posteriori ma prima degli attacchi non si pensava ad eventualità simili. Ma molti di noi condizionati dall’invincibilità americana hanno detto: “Ma come è possibile che si siano fatti colpire così? Con la loro tecnologia e sistemi di sicurezza? No, se lo saranno fatti da soli un auto-attentato!” E invece è possibile perché gli Americani sono esseri umani.
EFFICIENZA: 8/10
L’efficienza da film è vicina alla realtà. Quando ci sono problemi, gli Americani provano a risolverli subito. In particolar modo il customer service dei negozi è anni luce più efficiente e veloce di quello italiano. Però ci sono delle eccezioni, ad esempio il sistema burocratico delle assicurazioni mediche è snervante e siete mai stati negli uffici della motorizzazione o in tribunale? Impiegati lenti, svogliati, imprecisi, che ti mandano da un ufficio all’altro come il gioco dell’oca. Inefficienze per me inaspettate. Quasi un piccolo shock culturale.
EGOISMO: 4/10
Gli Americani sono concentrati solo su soldi e carriera e sono un popolo di individualisti ed egoisti? Si e no o meglio penso che sia normale in una società in cui le opportunità sono più concrete, correre di più per migliorare, creare un business, provare a fare carriera. Presi da questa corsa affannosa potrebbe sembrare che gli Americani non siano molto interessati al prossimo. Ma non è proprio così. Piccoli esempi. Nextdoor, il social dei vicini di casa. Non potete immaginare il senso di comunità che si respira in quel social. Se qualcuno ha bisogno di un consiglio o di aiuto in tanti si mobilitano. E poi gli Americani (questo ha sorpreso anche me quando lo ho letto) sono il popolo che fa più beneficenza al mondo. Altro piccolo esempio: sapete cosa è il Giving Tuesday? Conoscerete tutti il Black Friday e il Cyber Monday che avete importato anche in Italia. Ma cosa mi dite del Giving Tuesday? Se non lo avete importato vi dico che è il giorno dedicato alla beneficenza dopo i bagordi consumistici del Black Friday e del Cyber Monday.
ARMI: 5/10
E’ vero in America esiste la cultura delle armi alimentata anche da un clima perenne di paura su cui puntano i media, film e serie tv. E la gente, condizionata, corre a comprare armi.
Ma non tutti i possessori di armi sono pericolosi pazzi assassini. Molti le usano solo per andare a caccia o passare un pomeriggio al poligono. Altri la tengono in casa ma non la usano mai. Solo per sicurezza. Io comprerei mai un’arma ma avendo vissuto per anno in un quartiere residenziale ho capito meglio perché molti vogliono un’arma per sentirsi sicuri. Ci sono quartieri residenziali in cui non ci sono lampioni per strada (su richiesta di chi abita in quelle zone perché vogliono dormire senza che la luce gli entri in camera da letto), la distanza tra una casa e l’altra può essere di centinaia di metri e le case sono praticamente attorniate dal bosco. E, cosa importante, non hanno nessun cancello o recinto. Un criminale potrebbe parcheggiare la macchina fuori, entrare in casa con una spallata, fare una strage e andarsene via inosservato. Sarà una logica strana ma a loro piace questo senso di libertà senza recinti ma poi per sicurezza comprano un’arma. Comunque solo il 32% degli Americani possiede un’arma da fuoco. E’ un numero alto ma è molto lontano dal 100%
RICCHEZZA, VILLE IMMENSE: 6/10
Gli Americani vivono o in appartamenti con tutti i comfort o in case immense con patio e ampio giardino. In realtà chi abita in grandi metropoli, a meno che non sia molto ricco, difficilmente abiterà in un grande appartamento. La maggior parte vive in appartamenti medio-piccoli. Ricordo ancora quando entrai negli appartamenti di una mia amica, della mia ex manager e di due miei colleghi, tutti tra Manhattan e il Queens. Talmente piccoli che mi venne quasi la claustrofobia. La mia amica, che viveva con una coinquilina, un giorno organizzò una festa. Le dissi: Ma come fai a fare una festa qui dentro? Mi sento stretto già ora che siamo in tre, non riesco a immaginare 20 persone, ma entreranno a turno? Lei: No ma figurati, ci entriamo! Io penso sia meglio vivere più lontano dalle metropoli ma in appartamenti più larghi o magari in una di quelle tipiche case in legno delle aree residenziali. Sono tantissimi gli Americani che vivono in quelle case quello che vedete poco dai film è che tantissimi vivono in case fatiscenti o in delle catapecchie dove noi Italiani non faremmo neanche dormire il nostro cane. Se la ricchezza è estrema in America lo è anche la povertà e molte persone vivono in condizioni quasi disumane. Non tutti possono permettersi la casa dei sogni. Home sweet per molti diventa Home stinky home.
SE STAI MALE E NON HAI ASSICURAZIONE TI LASCIANO MORIRE PER STRADA: 4/10
Lo sapete, il sistema sanitario non mi piace per niente. Specialisti, dentisti e ospedali ti mandano conti a sorpresa mesi dopo una visita di controllo o un’emergenza, la burocrazia delle assicurazionu è ai limiti del ridicolo e sono tanti gli imbrogli e furbate ai limiti della legalità. Ma non è vero che se stai male e non hai assicurazione ti lasciano morire per strada. Ci sono gli ospedali pubblici e anche quelli privati non possono certo mandare via chi sta male e ha un’emergenza. Devono accettare tutti e poi si penserà ai soldi. Come si dice al mio paese “Tre sono i potenti: i ricchi, il re e chi non tiene niente”. Anche qui è così. Se sei in condizioni economiche sfortunate vieni comunque curato. Il problema è più che altro per noi della classe media…

E voi cosa ne pensate? Quali sono gli aspetti che vi hanno sorpreso quando siete venuti in America o per vacanza o per trasferirvi? Quali sono le discrepanze che avete trovato tra l’immaginario da film e la vera realtà?

mercoledì 15 dicembre 2021

Voci di Italiani in America - Tiziana Milo

Vivo a: Miami
In Usa dal: 2011
Professione: Research Coordinator
Canali: bit.ly/eroLucy

 

 

Racconta la storia che ti ha portato dall’Italia agli Usa

Vuoi la versione lunga o breve? 😊 Quella breve è che nel 2008 dopo un paio di mesi che ci conoscevamo, il mio compagno ha ricevuto la green card, a cui aveva fatto domanda molti anni prima ma che con il 9/11 aveva subito un enorme rallentamento. Lui è partito, io sono rimasta a Roma, e dopo 3 anni a distanza abbiamo deciso che fosse arrivato il momento di dare una svolta alle nostre vite. Ho fatto domanda per un visto studentesco, ottenuto in un battito di ciglia, ho venduto tutto quello che avevo e sono arrivata a Miami!

 

Di cosa ti occupi qui negli Stati Uniti?

Sono un’impiegata amministrativa alla Florida International University, dipartimento di Ingegneria Meccanica. Sono una research coordinator e tra le varie cose mi occupo di studenti internazionali che vengono a FIU per master o dottorato, e mi occupo di viaggi per il dipartimento. Questo è il mio sesto anno qui. Nel frattempo ho anche iniziato un master in Higher Education Administration. 

 

Quale è stato il tuo percorso per rimanere qui in termini di visti e green card?

Come detto, sono entrata con visto studentesco. Al momento del mio trasferimento nel 2011 (questo è parte della storia lunga!) avevo appena divorziato legalmente – all’epoca erano ancora 3 anni di attesa per la sentenza di divorzio. Nel frattempo qui a Miami abbiamo avuto una bambina e ci siamo sposati. Poi quando mio marito ha ottenuto la cittadinanza, ho fatto richiesta per la green card e in 6 mesi ero permanent resident. 

 

Farai domanda per la cittadinanza (se non sei già cittadina)?

Sono cittadina dal 2017 e la cerimonia è stata una meravigliosa esperienza. Grazie alla mia cittadinanza, tra l’altro, mi è stato possibile far ottenere la residenza a mia madre, che durante la pandemia era rimasta bloccata a Miami. 

 

Le prime impressioni da Italiana in Usa e le prime differenze che hai notato rispetto alla vita in Italia? 

E’ passato molto tempo da quelle prime impressioni, ma due sono le cose che ricordo come fosse oggi. Premetto che la prima volta che sono arrivata qui era il 2009, gli Stati Uniti erano nel pieno della crisi economica, e sicuramente molte cose erano diverse. Feci qui la mia prima vacanza quando mio marito si trasferì, e rimasi un poco delusa dalla città, mi sembrava così brutta, almeno rispetto a Roma da dove venivo! Ma rimasi sbalordita dall’acqua e dalla natura, sono due elementi presentissimi a Miami e rendono la città davvero affascinante. D’altra parte poi la vita qui è semplicissima ed incredibilmente pratica, e ci si adatta subito. Un’altra cosa che chi viene a vivere qui nota sempre è la gentilezza delle persone, un vero cambiamento a 360 gradi rispetto alla scortesia tipica italiana. 

 

Cosa hanno detto parenti e amici quando hai detto che saresti andato a vivere negli Usa? E cosa ti dicono oggi?

All’epoca sembrava una decisione quasi scontata... ero sola a Roma, il resto della mia famiglia viveva altrove, e appunto il mio compagno era lontano. Per di più la crisi economica era arrivata nel frattempo anche in italia, per cui la loro reazione era più tipo: Si ma cosa stai facendo ancora qui!?

 

Cosa ami e cosa non ami degli Usa? Come ti sembrano gli Americani, amici, conoscenti, colleghi?

Miami è molto diversa dal resto degli Stati Uniti, va detto. La parte più difficile dello stare qui è stata dover accettare che la cultura dominante fosse quella latina, e dover imparare lo spagnolo prima dell’inglese. In questi 10 anni ho imparato a rapportarmi in modo differente a latini e anglosassoni. Adoro di Miami il melting pot, il fatto che nel mio dipartimento lavorano persone che vengono da qualsiasi parte del mondo, e ogni giorno conosco qualche nuovo aspetto delle varie culture che mi circondano. I miei amici però sono per lo più italiani, perché sia con i latini che con gli americani è stato molto difficile stringere dei rapporti profondi. Un’altra cosa che adoro degli Stati Uniti è il complimentarsi sempre, il dare sempre un feedback positivo prima di dire qualcosa di negativo ad una persona. 

 

Uno o più episodi che ti hanno fatto esclamare: “Siamo proprio in America!”

Quando le cose si risolvono in un attimo. Ad esempio entri al concessionario ed esci con la macchina nuova 4 ore dopo, oppure quando puoi fare i pagamenti per telefono, o chiami il servizio clienti e ti rimborsa una spesa. Ovviamente faccio esclamazioni simili anche in senso negativo, tipo con tantissimi i mass shooting che ci sono. Purtroppo si impara anche ad accettare i lati negativi del paese in cui si vive. 

 

Cosa ti mancava i primi tempi in Usa e cosa ancora ti manca dell’Italia?  

Sai che non mi è mai mancato nulla in particolare? Certo mi mancavano gli amici, soprattutto i primi tempi quando non conoscevo davvero nessuno. Certo mi mancava il cibo. Ma le opportunità che ho avuto qui da quando sono arrivata, in Italia me le sognavo, questo è un dato di fatto. Sai cosa mi manca tantissimo, ora che sono diventata madre? Le vacanze che si fanno in Italia con i bambini, quando torni nello stesso posto ogni anno e ritrovi i vecchi amici di sempre. Ma i miei amici italiani mi hanno detto che ormai sono pochissimi quelli che possono ancora permettersi questo tipo di vacanze. 

 

Quando torni in Italia provi il reverse culture shock ovvero noti qualche aspetto che ti colpisce che non avevi mai notato quando vivevi in Italia perché ti sembrava normale?

Resto sempre colpita da quanto noi cittadini italiani siamo viziati dal servizio sanitario nazionale. Non è normale che un medico di base o un pediatra possa essere chiamato al cellulare personale a qualsiasi ora del giorno e della notte. E non è sostenibile un sistema dove si va al pronto soccorso per il minimo problema. Vivere negli Stati Uniti dove paghi pure l’aria che respiri ti fa capire che una sana via di mezzo dovrebbe esserci da entrambe le parti. 

 

Pensi che rimarrai a vita negli Usa o un giorno tornerai in Italia?

Difficile dirlo ora. Inizio a invecchiare e penso che forse mi piacerebbe tornare in italia, ma lì non ho più casa e non è  facile pensare ad un futuro lì. Inoltre quando mia figlia sarà grande non lo so se vorrò vivere con un oceano che mi divide da lei. Per fortuna è ancora presto per pensarci 😊

 

Quali consigli vuoi dare agli Italiani che sognano di trasferirsi in America?

Di pianificare bene, di non pensare che qui la vita è come in Italia. Qui tutto costa e con un solo stipendio “normale” è molto duro mantenere una famiglia. E poi di arrivare qui senza pregiudizi, con la mente aperta e disposta alle novità. 



FOTO 1: la spiaggia di Crandon Park, la più scenografica a Miami, quella dove vanno i locali.




FOTO 2: la spiaggia di South Pointe, la più bella a Miami ma scomodissima per noi residenti. 



FOTO 3Tampa, una città che a noi è piaciuta tantissimo. 



martedì 14 dicembre 2021

Voci di Italiani in America - Valentina Corino

Vivo a:  Tyler, Tx

In Usa dal: 2013

Professione: Teesting services specialist al community college della città

 

Canali: 

-       Blog: psparse.com

-       Pagina Fb: Parole Sparse – Un’ italiana in Texas

-       Instagram: @parole_sparse

-       Scrivo anche per: www.usacoasttocoast.com

 

Racconta la storia che ti ha portato dall’Italia agli Usa:

Ho seguito il lavoro del marito. Prima è venuto lui da solo non sapendo se sarebbe diventato un trasferimento definitivo. Avendo un lavoro a tempo determinato in ambito assicurativo in Italia non volevo perdere questa posizione fino a che la situazione americana si fosse definita. Poi quando tutto si è definito 6 mesi di aspettiva e sono arrivata qui.

 

Di cosa ti occupi qui negli Stati Uniti?

Lavoro presso il Testing Center del community college della città dove viviamo. Ci occupiamo dei test di ammissione, di quelli accademici e offriamo anche svariate certificazioni professionali anche per professionisti che ormai non sono più al college da un po’.

 

Quale è stato il tuo percorso per rimanere qui in termini di visti e green card?

Prima il visto da studente (con cui ho studiato Storia Americana) e poi la green card.

 

Farai domanda per la cittadinanza (se non sei già cittadina)?

Ho raggiunto i requisiti per fare domanda l’estate passata, ma ho aspettato perché con la pandemia si erano allungate di parecchio le tempistiche di tutta la procedura. Penso che farò domanda nel 2022.

 

Le prime impressioni da Italiano in Usa e le prime differenze che hai notato rispetto alla vita in Italia?

I primi tempi sono stati molto emozionanti ogni giorno era la scoperta di qualcosa di nuovo. Tra le cose che apprezzato di più fin da subito il poco caos, l’organizzazione. Nelle persone ho apprezzato da subito quanto sia più diffusa la gentilezza e il rispetto verso gli altri.

 

Cosa hanno detto parenti e amici quando hai detto che saresti andata a vivere negli Usa? E cosa ti dicono oggi?

Noi siamo stati fortunati perché abbiamo sempre avuto il supporto delle nostre famiglie. Certo la lontanza è tanta e non permette di potersi vedere quanto si vorrebbe, ma non ci hanno mai fatto mancare il loro supporto. 

Anche dagli amici non abbiamo avuto reazioni negative, qualcuno con gli anni si è perso per strada nonostante gli sforzi per mantenere vivi i rapporti. Però il trasferimento ha dato anche l’occasione invece per riallacciare rapporti che si erano smorzati. 

 

Cosa ami e cosa non ami degli Usa? Come ti sembrano gli Americani, amici, conoscenti, colleghi?

Gli americani sono molto diretti ed amichevoli. Sono carettarielmente molto diversi da noi italiani, questo non sempre rende facile creare veri rappoorti di amicizia intesi a come siamo stati abituati in passato. Se in più ci si mette la difficolta nelle relazioni quando ci si trasferisce da adulti non è sempre facile capire come realazionarsi. Anche perché spesso tendono a creare compartimenti molto più definiti rispetto a come facciamo noi. 

 

Uno o più episodi che ti hanno fatto esclamare: “Siamo proprio in America!”

Una sera a cena al momento di pagare la cameriera ci ha detto che il nostro conto era già stato pagato. Per abitudine un loro cliente abituale ogni sabato sera offre la cena a caso a qualche altro cliente nel ristorante. Conosco tantissime persone a cui sia capitato di vedersi pagare la spesa o magari arrivare alla cassa del drive thru per scoprire che la macchina precedente aveva pagato già anche il loro conto.  

 

Cosa ti mancava i primi tempi in Usa e cosa ancora ti manca dell’Italia?

Gli affetti e il cibo. Gli affetti penso sia ovvio per tutti. 

Per il cibo si trovano tante cose e a casa si può facilmente cucinare italiano, così come si possono trovare anche ottimi ristoranti, ma alcuni sapori non si riescono proprio a riprodurre e alcuni alimenti non arrivano neanche nei negozi più specializzati.   

 

Quando torni in Italia provi il reverse culture shock ovvero noti qualche aspetto che ti colpisce che non avevi mai notato quando vivevi in Italia perché ti sembrava normale?

Da che sono arrivata qui sono rientrata solo due volte. La prima era solo qualche mese che ero qui, quindi credo fosse troppo presto per avere un reverse shock. La seconda invece è stato fortissimo. Tante piccole cose che oggettivamente sono sempre state normali mi hanno colpito profondamente. La negatività (e aggressività) una fra le prime. Gli americani sono sempre super positivi e propositivi, in Italia ogni cosa è vista nei suoi aspetti negativi o viene criticata. La moda; parliamo di quella da tutti i giorni non l’eleganza delle grandi firme. Una cosa che mi ha colpito tantissimo è come tutti fossero vestiti allo stesso modo con la stessa giacca e  borsa che andava di moda. Come i colori fossero pochissimi. E’ vero che qui in Usa ogni tanto si vedono abbiamenti che ai nostri occhi sembrano azzardati ma si vedono tanti stili diversi, colori diversi da il “colore pantone dell’anno”.

 

Pensi che rimarrai a vita negli Usa o un giorno tornerai in Italia?

Per ora siamo qui, non sappiamo ancora cosa faremo quando arriverà il momento della pensione, mancano ancora troppi anni e chissà come saranno gli USA e l’Italia allora. Sicuramente spero a quel tempo di avere l’opportunità di poter passare tempo in entrambi i paesi e avere la fortuna di prendere il meglio di entrambi.

 

Quali consigli vuoi dare agli Italiani che sognano di trasferirsi in America?

Venire in America è un progetto a lungo termine. Se si vuole venire per fare un’esperienza solo di qualche anno può non essere troppo difficile trovare una via ed un visto per venire. Se invece si vuole pensare a un trasferimento in via più definitiva l’unica via (fortuna con la lotteria per la green card a parte) è la strada dell’investimento secondo me. O l’investimento nel senso più letterale del termine e quindi quello economico nel creare o rilevare un’attività. Ma ancora di più un investimento in se’ stessi nel crearsi un percorso di studi e una carriera che rendano i primis la propria figura professionale appetibile per un sponsor, ma soprattuto realistico pensare a che un visa sia rilasciato. Quindi non necessariamente un investimento economico, ma di tempo, risorse e impegno per creare le condizioni per un possibile trasferimento. Certo non è l’unica strada, ma le possibilità che dall’oggi al domani si crei la situazione per un trasferimento senza averne creato le basi non sono molte.


FOTO 1: Sunset - downtown Tyler



FOTO 2: Lake Tyler - spesso tanti rimangono sorpresi dalla quantità di laghi e foreste che abbiamo qui in east Texas


FOTO 3: Febbraio 2021 - il Texas sommerso di neve a temperature arrivate fino a -30 percepiti.



giovedì 9 dicembre 2021

Voci di Italiani in America - Claudia Pessarelli

Vivo a: Milwaukee
In Usa dal: 1995
Professione: Farmacista in Italia, lettrice universitaria negli USA
Canali: Un’alessandrina in America  (pagina FB, Blog ed Instagram)

 

• Racconta la storia che ti ha portato negli USA:
Sono partita come moglie a seguito: a mio marito era stato offerto un trasferimento vantaggioso per la carriera a Pittsburgh. Giovani e senza figli, ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti: “Partiamo, giriamo gli Stati Uniti e poi torniamo in Italia”. Il contratto era per tre anni. Ho preso aspettativa dal lavoro di farmacista comunale, giusto per sentirmi con le spalle coperte se fossi voluta scappare; abbiamo salutato le famiglie, chiuso la porta di casa e siamo partiti all’avventura nel nuovo mondo. Sono trascorsi 27 anni quasi e siamo ancora qui.

• Di cosa ti occupi qui negli Stati Uniti? 
Ho trascorso i primi anni a fare la mamma perché volevo crescere nostra figlia, nata l’anno dopo il nostro arrivo negli Stati Uniti, bilingue e per questo motivo trascorrevo periodi lunghi in Italia con lei. I soggiorni in Italia le sono serviti non solo per capire che c’era una famiglia oltre a mamma e papà, ma anche per imparare a parlare bene, scrivere e leggere in Italiano, visto che fino alla fine delle elementari è riuscita a frequentare l’ultimo mese di scuola in Italia come “auditor”.  Nel frattempo avevo cominciato a dare lezioni di italiano e, quando lei era in quinta, mi fu chiesto di fare una sostituzione semestrale come lettore universitario in una delle università della città. Quella che doveva essere solo una sostituzione si è trasformata in un lavoro. Ho insegnato dieci anni in quella università, poi altri sei nell’univeristà pubblica dello stato. Ora sono in pensione...forzata, causa riduzione drastica dei corsi anche a causa del Covid, ma anche benvenuta perchè mi permette di viaggiare di più e tornare più spesso in Italia, dove c’è la nostra famiglia, o essere più disponibile quando mio marito può prendere ferie e possiamo fare qualche vacanza.
Ho ripreso a dare lezioni private, anche tramite Zoom, ai miei allievi storici, ormai diventati amici. Faccio traduzioni e scrivo. Mi sembra strano non lavorare più fuori casa, ma alla fine anche per età, essere in pensione non dovrebbe suonarmi strano...
Sono anche una delle amministratrici e organizzatrici del progetto USA Coast to Coast, che mi serve per coltivare belle amicizie con altri espatriati negli Stati Uniti.

 

• Qual è stato il tuo percorso per rimanere qui in termini di visti e green card?
Parliamo di prima del 2001: era un ambiente totalmente diverso in cui era tutto più facile. L’azienda americana, consociata a quella italiana dove mio marito lavorava, aveva potuto assumere mio marito perchè nessun americano avrebbe potuto ricoprire il suo ruolo (fatto molto importante per poter avere un visto). Lui era un manager in Italia con conoscenza del prodotto, che era un prodotto molto specifico con nessuna azienda americana concorrente, e bilingue italiano-inglese. A me era stato dato un visto che non mi permetteva di lavorare, ma avevo ricevuto il SSN. Non so aggiungere altro e devo ammettere la mia totale ignoranza su visti e permessi. Mi ricordo che quando è nata nostra figlia, nata in USA e pertanto cittadina americana per nascita, abbiamo chiesto la Carta Verde che ci è stata data molto facilmente proprio per le sue funzioni di manager (tanto che non mi ricordo di periodi in cui non sia potuta tornare in Italia perchè eravamo nel “limbo” ) e ci è stata pagata dall’azienda. Lo stesso processo seguito per i tecnici dell’azienda che avevano richiesto la carta verde allo stesso nostro momento, era stato molto più lungo e complesso proprio per la loro funzione non manageriale. Con la carta verde, avevo potuto iniziare a lavorare pure io.
Dopo dieci anni di carta verde e una vita ormai stabilizzata qui (alla faccia del “poi torniamo”) abbiamo chiesto la cittadinanza. Siamo diventati cittadini nel 2008. 

• Le prime impressioni da Italiana in USA e le prime differenze che hai notato rispetto alla vita in Italia?
Domanda difficile perchè è passato tanto tempo dalle mie prime impressioni. Mi ricordo che avevo tanto entusiasmo e non mi lasciavo scoraggiare da niente, neanche dal mio inglese maccheronico. Ho sofferto molta solitudine all’inizio, perchè allora non c’erano i social e fare amicizie era difficile. Sono sicura che oggi sia più facile. Però ho sempre trovato un amore incondizionato verso noi Italiani, se non perchè quasi tutti un antenato italiano dicono di averlo, almeno perchè in Italia ci hanno viaggiato o ci vogliono andare. Ho sempre incontrato persone molto gentili, non ho horror story, di rifiuto o razzismo nei miei confronti però non voglio che gli USA sembrino il paese delle meraviglie perchè non lo sono, non sempre. Quello che è fantastico è che ci si può reinventare e se si fanno le cose bene si viene premiati. Nello stesso momento puoi anche essere il migliore nel tuo campo, ma se non servi più, non si fanno problemi a lasciarti a casa, senza stipendio, senza assicurazione sanitaria e tutto il resto dall’oggi al domani.
Ammiro però il loro entusiasmo ed il non piangersi addosso,  si rimboccano le maniche e vanno aventi senza aspettare aiuti esterni. Non hanno nel DNA le lamentele che invece sono comuni agli italiani sempre pronti a trovare il lato negativo delle cose, ma mi spaventa l’accentuato individualismo. Gli americani si bastano e la loro libertà individuale diventa prevalente su tutto. Sono dei solitari. Questo non vuol dire che non sono generosi con i loro soldi...lo sono molto meno con i loro sentimenti e questo li pone all’opposto di noi italiani (parere personale!)

• Cosa hanno detto parenti ed amici quando hai detto che saresti andato a vivere negli USA? E cosa dicono oggi?
Sono rimasti scioccati. Avevamo appena finito di ristrutturare la nostra casa in Italia, non se lo sarebbero mai aspettati. 27 anni...e siamo riusciti a mantenere le amicizie che contano. Torniamo spesso ed in questo siamo privilegiati e appena mio marito andrà in pensione i periodi in Italia saranno più lunghi senz’altro. 


• Cosa ami e cosa non ami degli USA? Come ti sembrano gli Americani, amici, conoscenti, colleghi?
Quando sono in USA, mi manca l’Italia e viceversa. Amo degli Stati Uniti il fatto che puoi andare in giro come vuoi e nessuno ti giudica per l’aspetto esteriore. Amo la serietà, anche se a volte questa diventa rigidità. In molto sono diventata più americana che italiana e questo mi spaventa un po’ perchè non pensavo potesse succedermi.
Per esempio sono diventata precisina...tanto: l’approssimazione e non ricevere risposte certe mi manda in bestia. Mi piace che qui tutto funzioni e che tutto si possa fare online semplicemente. Non amo che mancano le città dove si va in centro e a piedi si può far tutto (New York, Chicago e poche altre metropoli dove c’è un vero centro non sono la rappresentazione fedele di come sono gli Stati Uniti!). Non amo che per vedere un conoscente, che magari incontri per caso al supermercato e non vedevi da anni, ti venga dato un appuntamento per un caffè dopo 3 mesi e dopo un “let me go home, look at my calendar and get back to you”...ma chi sei che sei così impegnato?
Sono ossessionati con il calendario, devono averti in programma per un giorno, salvo poi cancellare un appuntamento un’ora prima.
Non so se dopo tanti anni in USA qui ho amiche, di quelle vere, americane. Ho persone con cui mi trovo bene a fare sport oppure posso vedere per andare a vedere una mostra, ma non sono le stesse, si definiscono “buddies”, non “”friends” per un ambito definito della vita.
Eppure di primo acchito gli americani spiazzano perché sembrano tutti amiconi, danno confidenze che stupiscono noi italiani. 

• Uno degli episodi che ti ha fatto esclamare: “Siamo proprio in America!”
Quando siamo stati invitati ad una festa da amici dei nostri vicini, abbiamo portato una ottima bottiglia di vino rosso italiano e ci è stato detto che loro non bevevano vino rosso perchè temevano di macchiare la moquette chiara. Una cosa così non sarebbe mai stata fatta o detta in Italia!
 
• Cosa ti mancava i primi tempi in USA e cosa ti manca ancora dell’Italia 
All’inizio solo il cibo e la famiglia poi gli amici e pian piano anche i luoghi giornalieri.
Mi sembra di avere già risposto: sono a casa e non sono a casa in entrambi i luoghi. Divisa a metà. Per il cibo, ormai si trova tutto, di quel poco che non trovo ho imparato a farne a meno. La famiglia e gli amici se erano veri sono rimasti se no, non lo erano. Mi manca la vita quotidiana in Italia, la facilità ad arrivare al mare e in montagna, ma anche nelle città d’arte. Odio le distanze di qui e il dover prendere sempre aerei

• Quando torni in Italia provi il reverse culture shock ovvero noti qualche aspetto che ti colpisce che non avevi mai notato quado vivevi in Italia perché ti sembrava normale?
Noto che c’e` molto pressapochismo, c’è la tendenza a fregare gli altri per il proprio tornaconto e poco rispetto per la cosa comune. Una cosa che noto poi sempre di più è che quello che qui è il mantra: “lo spazio personale va rispettato”, che fa sì che una persona ti stia almeno ad un metro di distanza perchè altrimenti “invade il tuo spazio”, in Italia è un concetto sconosciuto: ti soffiano tutti sul collo e stanno appiccicati a te...
Qui viceversa ti abbracciano tutti quando ti salutano dopo averti visto per la prima volta in vita loro, mentre noi italiani-almeno quelli del nord come me- siamo più parchi in baci e abbracci con “sconosciuti”
 
• Pensi che rimarrai a vita negli USA o un giorno tornerai in Italia?
Metà e metà: con una figlia in USA, come faccio a tornare in Italia per sempre?

• Quali consigli vuoi dare agli Italiani che sognano di trasferirsi I America? 
Non posso dare consigli perchè la mia esperienza è troppo datata per essere valida. Quello che rimane valido dopo tutti questi anni è di non farsi troppe illusioni, perchè giustamente gli Stati Uniti vogliono proteggere i propri cittadini o chi è già qui legalmente prima di rilasciare visti a persone dall’estero, quando ce ne sono di più facili e meno costose da trovare sul mercato interno. Quindi il mio consiglio è di partire con una notevole specializzazione, trovare un lavoro in Italia e dare la propria disponibilità a trasferirsi qui. Poi c’è sempre la lotteria della Carta verde, ma davvero di quella non so niente!

Se vuoi, puoi inviare fotografie di 3 luoghi di dove vivi e dirci due righe sul perché sono significativi/importanti/caratteristici per te?


FOTO 1: 
Pittsburgh per me sarà sempre la mia città americana: quando mi chiedono da dove vengo...sono di Pittsburgh


FOTO 2:
Non mi piace l'inverno e vivo in un luogo freddissimo per molti mesi all'anno, ma la neve del mio giardino mi dà molta pace




FOTO 3:
Milwaukee dal lago



mercoledì 17 novembre 2021

Voci di Italiani in America - Intervista a Mirko Bonet (Mirkojax)

Vivo a: Jacksonville Florida

In Usa dal: 1999

Professione: Web Developer

Canali: Mirkojax America - https://www.youtube.com/c/CoseDiOggi

 

Racconta la storia che ti ha portato dall’Italia agli Usa

Sono arrivato in usa nel 1999 con un visto da turista di un anno per stare con mio fratello che era pilota militare a Pensacola, Florida. Visto che praticamente era impossibile rimanere senza un visto di lavoro, mi sono iscritto al scuola per ottenere una laurea che mi sarebbe servita per fare domanda per il visto di lavoro H1-B. Ottenuta la laurea, ho quindi potuto chiedere il visto di lavoro ed iniziare a lavorare, poi successivamente ho ottenuto la green card, ed infine la cittadinanza americana nel 2020...In pratica ci sono voluti circa 20 anni per tutto il processo. 

 

Di cosa ti occupi qui negli Stati Uniti?

Primariamente Web Developer (Sviluppatore siti web), ma anche graphic designer e video making.

 

Le prime impressioni da Italiano in Usa e le prime differenze che hai notato rispetto alla vita in Italia? 

Le mie prime impressioni quando arrivai nel 1999 furono gli ampi spazi, strade larghissime, clima mite anche d'inverno, gentilezza degli americani, auto enormi; la mia prima auto infatti fu una 1980 Mercury Grand Marquis da 5mila di cilindrata.

 

Cosa hanno detto parenti e amici quando hai detto che saresti andato a vivere negli Usa? E cosa ti dicono oggi?

Molti amici del lavoro mi sconsigliarono la decisione ed erano sicuri che sarei ritornato a casa a breve.

 

Cosa ami e cosa non ami degli Usa? Come ti sembrano gli Americani, amici, conoscenti, colleghi?

Amo tutto tranne solo il sistema sanitario americano, dove tutto ruota intorno ai soldi, e la facilità di possesso ed uso delle armi.

 

Uno o più episodi che ti hanno fatto esclamare: “Siamo proprio in America!”

Andai all'ospedale perché mi faceva male la pancia e il dottore mi disse subito che si trattava di appendice e che bisognava operare, anche se in realtà non mi faceva cosi male. Mi fecero subito tutti gli esami ed anche una TAC e a mezzanotte mi operarono. Dopo qualche settimana arrivò una parcella di 17mila dollari.  Fortunatamente a quell'epoca avevo una assicurazione tramite la scuola e riuscirono a cancellarmi l'intero costo. Si siamo proprio in America! 

 

Cosa ti mancava i primi tempi in Usa e cosa ancora ti manca dell’Italia?  

Fare quattro chiacchiere in italiano, e quando arrivai nel 1999 internet non era un granché, Facebook e YouTube neanche esistevano. Al giorno d'oggi non mi manca quasi niente.

 

Quando torni in Italia provi il reverse culture shock ovvero noti qualche aspetto che ti colpisce che non avevi mai notato quando vivevi in Italia perché ti sembrava normale?

Noto che molta gente in Italia non è gentile ne tantomeno onesta o educata.  Quando mai in Italia qualcuno ti tiene la porta quando si deve entrare in un negozio? O ti saluta quando lo incroci su un marciapiede? O un bambino che ti chiede scusa o grazie e non dice quattro parolacce nel mentre?

 

Pensi che rimarrai a vita negli Usa o un giorno tornerai in Italia?

Se il sistema sanitario non migliora, ritornerò in Italia. Non si riesce a vivere sereni se per ogni cosa si deve avere la preoccupazione di quanto si spenderà per le cure mediche.

 

Quali consigli vuoi dare agli Italiani che sognano di trasferirsi in America?

Non voglio scoraggiare nessuno, ma la gente, soprattutto italiani o europei, dovrebbe smettere di immaginare gli USA come un paradiso terreste, l'unica via di salvezza per scappare dall'Italia, e magari pensare che andare vivere in USA sia come vincere alla lotteria.  Si, ci sono grandi opportunità e facilitazioni per creare una propria attività e anche da dipendente si può far carriera grazie alla meritocrazia, ma bisogna saperci fare, essere intraprendenti e avere tanta fortuna.  Conosco persone che hanno vinto la lotteria della green card. Forse pensavano che sarebbe stata la svolta a tutti i problemi e sarebbero diventati ricchi, ed invece si sono ridotti a lavoricchiare in ristoranti italiani al minimo salariale. Quindi il consiglio che posso dare è imparare un buon lavoro o ottenere un laurea in Italia, perché altrimenti, eccetto rare eccezioni, sarete limitati a fare i lavori meno retribuiti e a lungo andare non vedrete l'ora di tornare a casa.

 

Foto 1: Classici uragani della florida che ogni anno arrivano. 



















Foto 2: Mi piace la natura a volte ancora selvaggia della Florida. Ecco un Opossum, uno degli animali strani della florida. 



















Foto 3: La mia città Jacksonville, FL.