Non si smette mai di imparare in America.
Da qualche giorno ho dei fastidiosi dolori allo stomaco, che per fortuna si stanno alleviando.
Oggi sono andato dal dottore, ho pagato $30 per la visita e mi ha prescritto delle pillole.
Devo premettere che anche se in passato ho vissuto per quasi 7 anni in Usa, sono stato dal dottore solo un paio di volte per una semplice influenza e non mi sono mai state prescritte delle medicine.
Oggi invece il dottore mi ha prescritto delle pillole e mi ha chiesto a quale farmacia le avrei ritirate e ha mandato la prescrizione direttamente via internet al CVS scelto da me (ce ne sono una decina in citta').
Quindi sono andato da CVS, ho ritirato le pillole e quando mi hanno detto il costo stavo per avere un infarto: $164!!! Pensavo di dover pagare $20, $30 al massimo ma non $164! Ho chiesto alla ragazza alla cassa se l'assicurazione avesse coperto quella spesa. Mi ha chiesto il nome dell'assicurazione e poi mi ha detto che non sapeva, che al momento non c'erano molte persone in farmacia per poter controllare, che potevo lasciare li' le pillole e ritornare oppure pagare e ritornare con lo scontrino. Insomma un discorso un po' confusionario soprattutto per me che ancora non conosco bene le procedure tra dottore, farmacia e assicurazione medica. Cosi' poiche' ne avevo bisogno, ho pagato con la mia credit card, ho preso le pillole e sono andato a casa pensando che probabilmente se CVS aveva gia' tutti i miei dati nel loro sistema quella era la cifra che avrei dovuto pagare e ottenere un rimborso sarebbe stato difficile. Pensavo che avrei potuto contattare la mia assicurazione per chiedere se davvero fosse quella la cifra da pagare out of my pocket e gia mi vedevo a fare telefonate e mandare fax e lettere allegando lo scontrino di CVS ma poi un amico mi ha detto che probabilmente in farmacia non avevano inserito i dati della mia assicurazione. Probabimente non li avevano ricevuti dal mio dottore e poco professionalmente non avevano avuto il tempo e la voglia per inserirli manualmente al momento del ritiro delle pillole. E cosi' mi sono fiondato di nuovo da CVS e ho parlato con un'altra ragazza in farmacia alla quale ho spiegato che poco prima mi avevano fatto pagare una cifra onestamente troppo alta per quelle pillole e che probabilmente non avevano inserito i dati della mia assicurazione. Le ho dato il tesserino dell'assicurazione, ha controllato due minuti sul suo computer e dopo aver inserito i miei dati mi ha detto: guess what? It's just $15.
E cosi' mi ha riaccreditato i $164 e mi ha fatto pagare solo $15. That's better now!
Credo che quindi il resto dei 164 li paghera' l'assicurazione: insomma io $15 e l'assicurazione $149. Non so, devo informarmi comunque che differenza tra avere e non avere l'assicurazione medica. Senza assicurazione qui e' un lusso anche ammalarsi!
Ad ogni modo una bella email di lamentala a CVS l'ho gia' scritta. Si sono comportati in modo poco professionale e a parte questo io ci provo sempre...di solito mi chiedono scusa con un coupon da $20 o piu'. Vi faro' sapere. Comunque l'importate e' sempre la salute e ora speriamo di stare meglio con queste pillole della discordia.
venerdì 31 gennaio 2014
Viaggio da incubo negli States: "Arrestati senza un perche'"
Era da tempo che volevo scrivere un post sulla difficolta' di venire a lavorare in Usa. Il Resto del Carlino mi ha servito questo articolo su un piatto d'argento e quindi lo usero' per spiegare alcune cose a chi ha ancora le idee poco chiare e pensa che possa andare a lavorare in Usa a suo piacimento.
Ecco l'articolo (e questo e' il link se volete leggerlo sul sito del Resto del Carlino):
VIAGGIO DA INCUBO NEGLI STATES: "ARRESTATI SENZA UN PERCHE'"
Fermati in aeroporto, si ritrovano in cella nel New Jersey
Macerata, 30 gennaio 2014 - IL SOGNO di lavorare a New York è finito in un carcere del New Jersey per tre ragazzi maceratesi: «Eravamo partiti gasati a mille, pensavamo di trovare un lavoro anche per il futuro, e invece ci siamo ritrovati con le manette ai polsi, umiliati. Uno choc».
A raccontare la storia è la maceratese Gloria Lattanzi, 21 anni, che lavora ogni tanto al ristorante «Villa Cortese» di Treia. Lei, il fidanzato Jonathan Papapietro, ventenne di Corridonia, cuoco anche lui ora disoccupato, e un altro amico di Potenza Picena, avevano trovato un aggancio per lavorare in un ristorante di New York per tre mesi. Così hanno fatto documenti e biglietti e sono partiti prima di Natale. Hanno però commesso un errore: invece del visto per lavoro, hanno preso quello turistico. «Ma in realtà il nostro era un tentativo — racconta Giorgia —, dovevamo fare una prova al ristorante, e vedere se andava. Comunque, appena siamo scesi all’aeroporto Kennedy di New York, ci hanno indirizzato verso la dogana e hanno iniziato a controllarci. Subito ci hanno detto che i nostri documenti non andavano bene: credo che li abbia insospettiti il fatto che alloggiassimo tutti da una persona, e non in albergo. Poi hanno controllato le valigie, e quando visto le uniformi da cuochi ci hanno chiesto se eravamo lì per lavorare. Noi abbiamo risposto che volevamo fare un tentativo, ma non ci hanno creduto. A quel punto ci hanno perquisito ovunque, mi hanno anche fatto spogliare completamente, senza ovviamente trovare nulla. Ci hanno chiesto se avevamo precedenti penali, se stavamo scappando da qualcuno». Alla fine i ragazzi sono stati ammanettati, la ragazza no, e tutti e tre sono stati caricati su una camionetta e portati in carcere in New Jersey.
«IO ERO DAVANTI, loro dietro, perché non potessimo parlare. Non ci hanno detto che ci portavano in carcere, e quando ci siamo trovati lì eravamo sconvolti: siamo tutti ventenni, senza alcun tipo di precedente, non ci capivamo nulla, non ci hanno neanche chiesto se volevamo un avvocato o un interprete. C’era un poliziotto italiano che traduceva le nostre risposte, ma noi dicevamo “sì” o “no” e quello aggiungeva una serie di cose che noi non avevamo detto, e non capivamo. Mi hanno fatto cambiare completamente, ci hanno sequestrato tutto quello che avevamo e messo in carcere».
«Giorgia era da sola in cella — aggiunge Jonathan Papapietro —, noi due invece eravamo con due ergastolani messicani. Un incubo. Non abbiamo toccato il cibo, da bere invece dell’acqua ci hanno dato il succo d’uva, non ci siamo mai potuti lavare. E non abbiamo potuto chiamare nessuno fino a quando siamo stati lì».
«Poi, sempre con la scorta della polizia e le manette ai polsi — prosegue Giorgia —, dopo due giorni ci hanno riportato all’aeroporto e rispediti a casa. Eravamo umiliati, una vergogna incredibile: avranno pensato che eravamo dei criminali, e invece non abbiamo fatto proprio nulla. Quando poi, tornata in Italia, ho cercato di informarmi con l’ambasciata per capire cosa fosse successo, mi hanno dato alcuni nomi di avvocati di New York per seguire il processo, che sta andando avanti. E anche questo ora mi spaventa, perché non so come finirà. Per noi l’America era un sogno, una speranza anche per il lavoro, ora non possiamo rimetterci piede per non so quanto tempo, e senza un perché».
Paola Pagnanelli
ECCO COSA NE PENSO:
Spesso sento dire: ho deciso, parto e vado a vivere in America. Sono disposto a fare qualsiasi cosa, magari inizio come cameriere.
Gli Stati Uniti non sono la Riviera romagnola dove puoi andare a cercare lavoro e farti la stagione.
Gli Stati Uniti non sono ne' parte dell'Italia, e neanche sono organizzati a sua immagine e somigianza.
Sono un Paese differente e quando si va in un altro Paese bisognerebbe conoscerne le regole altrimenti...si rischia anche il carcere.
Tornando all'articolo non so se e' piu' imbarazzante l'ingenuita' di questi poveri ragazzi o quella della giornalista che pare non essersi informata su come funzionano le regole americane e anzi pare quasi fare il coro con i ragazzi e stupirsi assieme a loro della severita' degli Americani che ha addirittura messo in carcere per un paio di giorni questi ragazzi, senza un perche'.
A parte che secondo me questi ragazzi hanno un po colorato la storia e forse non si trattava di un carcere...la storia e' semplice. Se andate in Usa per turismo ma poi quando arrivate all'aeroporto dichiarate o capiscono che in realta' siete li' per lavorare, cercare lavoro o fare delle prove di lavoro, in quel momento voi state in pratica confermando che avete mentito alle autorita' americane perche' avete dichiarato due cose opposte: vado per turismo, vado per lavorare. Mentire e' molto grave qui soprattutto se siete stranieri e potrebbero sbattervi in carcere. Clinton e' stato messo in croce non per il fatto di aver avuto una storia con la Lewinski, ma per il fatto di aver mentito agli Americani. E se per una bugia ha avuto dei problemi il Presidente degli Stati Uniti, non dovrebbero averli tre ragazzi di Macerata?
La frase che mi ha fatto piu' sorridere dell'articolo e' questa:
Così hanno fatto documenti e biglietti e sono partiti prima di Natale. Hanno però commesso un errore: invece del visto per lavoro, hanno preso quello turistico.
Chiariamo, non e' che si puo' andare a un supermercato, allungare la mano sugli scaffali e prendere un paio di visti turistici, qualche visto lavorativo e due o tre green card. Non si tratta di pacchi di cereali. Non si puo' sbagliare e prendere uno al posto dell'altro.
Non ho capito cosa intende la giornalista: dove, come e quando hanno "sbagliato a prendere il visto?"
Per correttezza bisogna dire che i tre mesi che concedono per venire in Usa da turisti non sono neanche considerati un visto. Se si vuole venire in Usa per piu' di tre mesi, in quel caso serve un visto e non e' neanche facile ottenerlo. Non si compra al supermercato e non si chiede quando si arriva all'aeroporto a New York. Si fa domanda PRIMA di partire. Possono concedere il visto turistico che consente di stare qui 6 mesi MA bisogna dare garanzie al Consolato (o Ambasciata) Americana in Italia che si va davvero a fare il turista e quindi mostrare di avere un bel po di soldi in banca, un buon lavoro e legami stabili con l'Italia, possibilita' di lasciare il proprio lavoro per ben sei mesi. Se pensano che i 6 mesi servono per andare a cercare un lavoro invece che fare il turista...il visto non verra' concesso.
Per quanto riguarda il visto di lavoro sono un esperto. Ce ne sono di vari tipi ma in generale la procedura e' la stessa. Quando si riesce a trovare un'azienda Americana disposta ad assumervi (magari a seguito di colloqui telefonici o via Skype) l'azienda deve sponsorizzarvi per un visto di lavoro e voi dovete aspettare in Italia l'esito delle pratiche che durano vari mesi. L'azienda si rivolge ad avvocati esperti di pratiche di immigrazione, i quali devono avere l'approvazione prima dal dipartimento del lavoro e poi dal Department of Homeland Security. Ottenute le due approvazioni praticamente il visto e' stato approvato ma prima di partire dovete andare a sostenere un breve colloquio in un Consolato o Ambasciata Americana in Italia. Li, se tutto va bene, ma solitamente e' una formalita', vi stamperanno il Visto sul passaporto e potrete finalmente partire tranquilli per gli Usa. Forse lo scoglio piu' difficile e' convincere il Dipartimento del Lavoro perche' bisogna dimostrare che l'azienda vuole assumere voi perche' per i vostri titoli di studi e/o esperienze lavorative siete piu' adatti a svolgere il lavoro rispetto agli Americani o che comunque l'azienda ha cercato per un po' tra gli americani (con annunci sui giornali e simili) ma tra le risposte ricevute e voi, siete piu' adatti voi. Il Dipartimento del Lavoro Americano ovviamente da' sempre la precedenza agli Americani e quindi se gli arriva la domanda per un visto lavorativo da parte di un ristorante che vuole assumere un semplice cameriere italiano...la logica che usano e': ci sono tanti Americani che possono fare il cameriere e noi dovremmo dare un posto di lavoro a uno straniero. Visto negato. Se invece il ristorante italiano rinomato ha bisogno chesso' di un cuoco italiano professionista con tanto di titoli e riconoscimenti allora il visto potrebbe essere approvato. Se un'azienda italiana con sede in Usa ha bisogno di un madrelingua italiana per comunicare regolarmente con l'Italia allora il visto potrebbe essere concesso.
Ecco perche' mi ha fatto sorridere questo articolo, questi ragazzi sono andati li' senza un visto lavorativo e pensavano candidamente che potevano andare li a lavorare e lo hanno anche dichiarato alle autorita' americane.
Ma il dubbio maggiore riguarda il ristoratore che li ha fatti partire con tanto di abiti da lavoro in valigia. Non penso che non conoscesse le leggi di immigrazione americane...quindi li ha fatti partire pensando di sfruttarli, in nero, e magari illuderli con la speranza di un lavoro piu' duraturo sapendo gia' che non sarebbe stato possibile.
Ignoranza e furbizia non pagano, almeno in Usa. Staremo a vedere se ci saranno altri sviluppi.
Ecco l'articolo (e questo e' il link se volete leggerlo sul sito del Resto del Carlino):
VIAGGIO DA INCUBO NEGLI STATES: "ARRESTATI SENZA UN PERCHE'"
Fermati in aeroporto, si ritrovano in cella nel New Jersey
Macerata, 30 gennaio 2014 - IL SOGNO di lavorare a New York è finito in un carcere del New Jersey per tre ragazzi maceratesi: «Eravamo partiti gasati a mille, pensavamo di trovare un lavoro anche per il futuro, e invece ci siamo ritrovati con le manette ai polsi, umiliati. Uno choc».
A raccontare la storia è la maceratese Gloria Lattanzi, 21 anni, che lavora ogni tanto al ristorante «Villa Cortese» di Treia. Lei, il fidanzato Jonathan Papapietro, ventenne di Corridonia, cuoco anche lui ora disoccupato, e un altro amico di Potenza Picena, avevano trovato un aggancio per lavorare in un ristorante di New York per tre mesi. Così hanno fatto documenti e biglietti e sono partiti prima di Natale. Hanno però commesso un errore: invece del visto per lavoro, hanno preso quello turistico. «Ma in realtà il nostro era un tentativo — racconta Giorgia —, dovevamo fare una prova al ristorante, e vedere se andava. Comunque, appena siamo scesi all’aeroporto Kennedy di New York, ci hanno indirizzato verso la dogana e hanno iniziato a controllarci. Subito ci hanno detto che i nostri documenti non andavano bene: credo che li abbia insospettiti il fatto che alloggiassimo tutti da una persona, e non in albergo. Poi hanno controllato le valigie, e quando visto le uniformi da cuochi ci hanno chiesto se eravamo lì per lavorare. Noi abbiamo risposto che volevamo fare un tentativo, ma non ci hanno creduto. A quel punto ci hanno perquisito ovunque, mi hanno anche fatto spogliare completamente, senza ovviamente trovare nulla. Ci hanno chiesto se avevamo precedenti penali, se stavamo scappando da qualcuno». Alla fine i ragazzi sono stati ammanettati, la ragazza no, e tutti e tre sono stati caricati su una camionetta e portati in carcere in New Jersey.
«IO ERO DAVANTI, loro dietro, perché non potessimo parlare. Non ci hanno detto che ci portavano in carcere, e quando ci siamo trovati lì eravamo sconvolti: siamo tutti ventenni, senza alcun tipo di precedente, non ci capivamo nulla, non ci hanno neanche chiesto se volevamo un avvocato o un interprete. C’era un poliziotto italiano che traduceva le nostre risposte, ma noi dicevamo “sì” o “no” e quello aggiungeva una serie di cose che noi non avevamo detto, e non capivamo. Mi hanno fatto cambiare completamente, ci hanno sequestrato tutto quello che avevamo e messo in carcere».
«Giorgia era da sola in cella — aggiunge Jonathan Papapietro —, noi due invece eravamo con due ergastolani messicani. Un incubo. Non abbiamo toccato il cibo, da bere invece dell’acqua ci hanno dato il succo d’uva, non ci siamo mai potuti lavare. E non abbiamo potuto chiamare nessuno fino a quando siamo stati lì».
«Poi, sempre con la scorta della polizia e le manette ai polsi — prosegue Giorgia —, dopo due giorni ci hanno riportato all’aeroporto e rispediti a casa. Eravamo umiliati, una vergogna incredibile: avranno pensato che eravamo dei criminali, e invece non abbiamo fatto proprio nulla. Quando poi, tornata in Italia, ho cercato di informarmi con l’ambasciata per capire cosa fosse successo, mi hanno dato alcuni nomi di avvocati di New York per seguire il processo, che sta andando avanti. E anche questo ora mi spaventa, perché non so come finirà. Per noi l’America era un sogno, una speranza anche per il lavoro, ora non possiamo rimetterci piede per non so quanto tempo, e senza un perché».
Paola Pagnanelli
ECCO COSA NE PENSO:
Spesso sento dire: ho deciso, parto e vado a vivere in America. Sono disposto a fare qualsiasi cosa, magari inizio come cameriere.
Gli Stati Uniti non sono la Riviera romagnola dove puoi andare a cercare lavoro e farti la stagione.
Gli Stati Uniti non sono ne' parte dell'Italia, e neanche sono organizzati a sua immagine e somigianza.
Sono un Paese differente e quando si va in un altro Paese bisognerebbe conoscerne le regole altrimenti...si rischia anche il carcere.
Tornando all'articolo non so se e' piu' imbarazzante l'ingenuita' di questi poveri ragazzi o quella della giornalista che pare non essersi informata su come funzionano le regole americane e anzi pare quasi fare il coro con i ragazzi e stupirsi assieme a loro della severita' degli Americani che ha addirittura messo in carcere per un paio di giorni questi ragazzi, senza un perche'.
A parte che secondo me questi ragazzi hanno un po colorato la storia e forse non si trattava di un carcere...la storia e' semplice. Se andate in Usa per turismo ma poi quando arrivate all'aeroporto dichiarate o capiscono che in realta' siete li' per lavorare, cercare lavoro o fare delle prove di lavoro, in quel momento voi state in pratica confermando che avete mentito alle autorita' americane perche' avete dichiarato due cose opposte: vado per turismo, vado per lavorare. Mentire e' molto grave qui soprattutto se siete stranieri e potrebbero sbattervi in carcere. Clinton e' stato messo in croce non per il fatto di aver avuto una storia con la Lewinski, ma per il fatto di aver mentito agli Americani. E se per una bugia ha avuto dei problemi il Presidente degli Stati Uniti, non dovrebbero averli tre ragazzi di Macerata?
La frase che mi ha fatto piu' sorridere dell'articolo e' questa:
Così hanno fatto documenti e biglietti e sono partiti prima di Natale. Hanno però commesso un errore: invece del visto per lavoro, hanno preso quello turistico.
Chiariamo, non e' che si puo' andare a un supermercato, allungare la mano sugli scaffali e prendere un paio di visti turistici, qualche visto lavorativo e due o tre green card. Non si tratta di pacchi di cereali. Non si puo' sbagliare e prendere uno al posto dell'altro.
Non ho capito cosa intende la giornalista: dove, come e quando hanno "sbagliato a prendere il visto?"
Per correttezza bisogna dire che i tre mesi che concedono per venire in Usa da turisti non sono neanche considerati un visto. Se si vuole venire in Usa per piu' di tre mesi, in quel caso serve un visto e non e' neanche facile ottenerlo. Non si compra al supermercato e non si chiede quando si arriva all'aeroporto a New York. Si fa domanda PRIMA di partire. Possono concedere il visto turistico che consente di stare qui 6 mesi MA bisogna dare garanzie al Consolato (o Ambasciata) Americana in Italia che si va davvero a fare il turista e quindi mostrare di avere un bel po di soldi in banca, un buon lavoro e legami stabili con l'Italia, possibilita' di lasciare il proprio lavoro per ben sei mesi. Se pensano che i 6 mesi servono per andare a cercare un lavoro invece che fare il turista...il visto non verra' concesso.
Per quanto riguarda il visto di lavoro sono un esperto. Ce ne sono di vari tipi ma in generale la procedura e' la stessa. Quando si riesce a trovare un'azienda Americana disposta ad assumervi (magari a seguito di colloqui telefonici o via Skype) l'azienda deve sponsorizzarvi per un visto di lavoro e voi dovete aspettare in Italia l'esito delle pratiche che durano vari mesi. L'azienda si rivolge ad avvocati esperti di pratiche di immigrazione, i quali devono avere l'approvazione prima dal dipartimento del lavoro e poi dal Department of Homeland Security. Ottenute le due approvazioni praticamente il visto e' stato approvato ma prima di partire dovete andare a sostenere un breve colloquio in un Consolato o Ambasciata Americana in Italia. Li, se tutto va bene, ma solitamente e' una formalita', vi stamperanno il Visto sul passaporto e potrete finalmente partire tranquilli per gli Usa. Forse lo scoglio piu' difficile e' convincere il Dipartimento del Lavoro perche' bisogna dimostrare che l'azienda vuole assumere voi perche' per i vostri titoli di studi e/o esperienze lavorative siete piu' adatti a svolgere il lavoro rispetto agli Americani o che comunque l'azienda ha cercato per un po' tra gli americani (con annunci sui giornali e simili) ma tra le risposte ricevute e voi, siete piu' adatti voi. Il Dipartimento del Lavoro Americano ovviamente da' sempre la precedenza agli Americani e quindi se gli arriva la domanda per un visto lavorativo da parte di un ristorante che vuole assumere un semplice cameriere italiano...la logica che usano e': ci sono tanti Americani che possono fare il cameriere e noi dovremmo dare un posto di lavoro a uno straniero. Visto negato. Se invece il ristorante italiano rinomato ha bisogno chesso' di un cuoco italiano professionista con tanto di titoli e riconoscimenti allora il visto potrebbe essere approvato. Se un'azienda italiana con sede in Usa ha bisogno di un madrelingua italiana per comunicare regolarmente con l'Italia allora il visto potrebbe essere concesso.
Ecco perche' mi ha fatto sorridere questo articolo, questi ragazzi sono andati li' senza un visto lavorativo e pensavano candidamente che potevano andare li a lavorare e lo hanno anche dichiarato alle autorita' americane.
Ma il dubbio maggiore riguarda il ristoratore che li ha fatti partire con tanto di abiti da lavoro in valigia. Non penso che non conoscesse le leggi di immigrazione americane...quindi li ha fatti partire pensando di sfruttarli, in nero, e magari illuderli con la speranza di un lavoro piu' duraturo sapendo gia' che non sarebbe stato possibile.
Ignoranza e furbizia non pagano, almeno in Usa. Staremo a vedere se ci saranno altri sviluppi.
giovedì 30 gennaio 2014
Oggi vi porto da...Stop n' Shop
Ciao a tutti, molti mi hanno chiesto di fare foto all'America di ogni gioro: negozi, fast food, uffici, banche, parchi, strade di periferia. Bene, oggi vi porto a fare un gioro da Stop n Shop, una famosa catena di supermercati alla quale sono molto affezionato e in cui si puo' trovare davvero tutto.
Alcuni di essi sono aperti 24 ore su 24 ed e' una bella comodita' tornare a casa dopo una serata a New York, e fare la spesa alle 3 di notte.
Entriamo quindi da Ston N Shop.
Molti amici mi hanno detto piu' volte: ma come fai a vivere in America? Non ti manca il cibo italiano? No, non mi manca perche'..Barilla, De Cecco, Nutella e tantissimi altri prodotti italiani li trovo dappertutto, soprattutto da Stop N Shop. Certo alcuni prodotti originali un po' di piu' ma non vale la pena di fiondarsi verso I tanti Italian fake foods ovvero prodotti americani che usano un nome italiano per spacciarsi per italiani perche' si sa' Italia e' sinonimo di qualita' e gli Americani ci cascano spesso o per lo meno, a loro un nome italiano basta come garanzia di qualita'. Da un lato fa piacere, dall'altro verrebbe voglia di fermarli e dirgli: no per favore non comprare questo barattolo di Parmesan. Compra il Parmigiano Reggiano. Ok costa un po' di piu' ma sentirai la differenza.
Dalle foto noterete che:
Una delle manie degli Americani e' quella delle card, ci sono cartoline per ogni occasione, compleanni, anniversari, condoglianze, varie ed eventuali.
Ogni festa e' un'occasione per vendere cioccolattini, si avvicina San Valentino e gli scaffali sono pieni di confezioni a forma di cuore.
Le pizze vono avere nomi italiani anche se sono American-style.
La Redbox e' particolare distributore che consente di noleggiare Dvd e Videogames (forse c'e' anche in Italia?).
E' possibile acquistare buste con cubetti di ghiaccio.
La Coca Cola a volte costa meno dell'acqua.
Non puo' mancare lo sciroppo d'acero.
Le birre sono "le piu' amate dagli Americani", soprattutto in questi giorni perche' si avvicina il Super Bowl e domenica milioni di Americani lo guarderanno trangugiando fiumi di birra e mangiando hot dogs, hamburgers e patatine.
E anche i dolci sono in tema Super Bowl in questo periodo.
Si avvicina anche San Valentino e come tante altre feste e' l'occasione per vendere un po' di cioccolattini.
Vicino alle casse si trovano spesso dei piccolo frigoriferi con Coca-Cola, Pepsi e altre bevande. A volte anche il caffe' di Starbucks tra i quali il famoso Frappuccino.
Bene prendete il carello e fatevi un giro tra con me.
Se posso aggiungero' altre foto da Stop n Shop o meglio potrei portarvi anche in supermercati piu' particolari come ad esempio Stew Leonard's. Che ne pensate?
mercoledì 29 gennaio 2014
Spadoni parla di Torno a vivere in America
Nella sua puntata di oggi il grande Stefano Spadoni ha parlato di me e del mio blog.
Mi ha fatto molto piacere. Ecco il link alla puntata,
Grazie Stefano.
Mi ha fatto molto piacere. Ecco il link alla puntata,
Grazie Stefano.
sabato 25 gennaio 2014
Italiani all'estero, ecco come passano realmente il loro tempo
Pochi giorni fa Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo che ha suscitato moltissime polemiche da parte degli Italiani che vivono all'estero.
Ecco l'articolo in questione, con il link (se volete leggerlo su Il Fatto Quotidiano):
Italiani all'estero, ecco come passano realmente il loro tempo (di Matteo Cavezzali)
Tutto era iniziato con la fuga dei cervelli. Vi ricordate? Giovani talentuosi che andavano all’estero per dare pieno appagamento al proprio talento. Poi hanno iniziato ad andarsene pure quegli altri. Quelli normali, diciamo. Che non si sa mai, all’estero, magari ‘sti inglesi o ‘sti fiamminghi sono zucconi e ci facciamo comunque una bella figura. E quello è stato l’inizio della fine.
Ma poi per le feste tornano tutti a casa. Per abbuffarsi di lasagne e tortellini, per salutare i parenti. Ma soprattutto, per spiegare a noi “italioti” come si sta al mondo. Vuoi mettere la soddisfazione? Là in Svezia o in Francia è pieno di italiani, e dirlo con loro non dà gusto, invece venirlo a spiegare a noi… che siamo ancora qua a vedere il faccione di Silvio al Tg come negli anni ’90, che siamo ancora qua a sorbirci il campionato la domenica, a litigare al semaforo, a fare la fila alle poste e a pagare il canone Rai… dirlo a noi sì che dà gusto.
E allora parte il disco, che loro mica lo sanno che la stessa cosa te l’hanno già detta gli altri dieci prima di loro, uguale. O forse lo sanno benissimo, ma tanto fa niente. E si comincia con i “Ma come fai a stare ancora in Italia?” e i “Che paese incivile”, e i “Ma qua da voi non cambia mai niente” e io gli risponderei “Da voi?! Ma da voi cosa, che stai a Londra da tre settimane! Che se non lo scrivevi venti volte su facebook non se ne accorgeva nessuno che non c’eri più e pensavano che c’avessi avuto un’influenza”. Ma non è finita perché poi rincarano la dose con l’immancabile: “Se uno come te, con le tue idee, venisse a London (!?) sai quante cose faresti?”. Ma de che?
E allora ho deciso di andarli a trovare tutti. Andare a vedere dove stanno, cosa combinano e se stavano bluffando. Ma non era possibile, ci voleva troppo tempo. Allora ho chiesto in giro. Ho fatto “un’indagine trasversale” diciamo. Ed ecco cosa fanno i cervelli all’estero:
1. Girano solo con altri italiani. Sì, avete capito bene, se ne sono andati perché “basta degli italiani non ne posso più” e girano solo con italiani (i sardi poi girano solo coi sardi).
2. Sanno tutto dell’Italia, in particolare di Berlusconi e della sua vita sessuale. Se ne sono andati per non sentirne più parlare e poi evidentemente gli è venuta nostalgia.
3. Hanno freddo. Vivono in paesi in cui spesso non sorge nemmeno il sole. Stanno morendo di freddo, ma non lo ammetteranno mai. Mai.
4. Mangiano da schifo. Pesce affumicato, wurstel, orsetti gommosi, patate fritte. I più fortunati trovano un asporto cinese o un kebabbaro. Cercano disperatamente una pizza decente, alcuni giurano anche di averla trovata. Ma stanno mentendo.
5. Fanno lavori del cavolo che in Italia non avrebbero mai fatto. Se ne sono andati al grido di “Non posso stare in Italia a pulire dei cessi, ho una laurea io!” e ora puliscono cessi a Nantes. Che vuoi mettere un cesso di Nantes contro un cesso di San Lazzaro di Savena!?
6. Fregano. Sì, proprio come gli italiani qua, non pagano il biglietto del tram, passano con il rosso, cercano in ogni modo di evadere le tasse. E si credono ancora più furbi perché anche se sono in un paese “serio” e “europeo” riescono a farla franca.
7. La nota più dolente. Non possono più tornare in Italia senza un senso di fastidio. Non tanto per il fatto di essere in un paese allo sbando, ma perché non potrebbero mai ammettere di aver scoperto di essere anche loro solo degli italiani.
Ps: il contenuto di questo post è dettato prevalentemente da un sentimento che alcuni mi dicono chiamarsi invidia. Molti dei miei migliori amici vivono oggi a Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Monaco, Barcellona. Ho per altro scoperto con grande stupore che leggono anche le cose che scrivo quindi: Volevo dirvi che vi voglio molto bene e non parlavo assolutamente di voi. Davvero. Poi ve lo dico di chi stavo parlando. Ma in privato. Quando tornate per le prossime feste.
ECCO COSA NE PENSO:
Sembra che il giornalista abbia voluto scrivere un articolo provocatorio ma lo ha fatto in modo astioso, antipatico, scrivendo, anche male, un sacco di luoghi comuni a tratti offensivi verso gli Italiani che vivono all'estero. Qualcosa di vagamente simile al vero l'ha anche scritto ma l'errore e' sempre generalizzare e scrivere spinti da rabbia e, probabilmente, frustrazioni personali legate a pochi episodi o conoscenze che icuramente non sono un campione rappresentativo della realta'.
E' vero, anni fa, partivano solo i cosiddetti "cervelli": ricercatori in campi come fisica, chimica, biologia, nanotecnologia e simili, insomma ragazzi che non avendo prospettive in Italia andavano all'estero per realizzarsi e venivano accolti dalle migliori universita' e poi corteggiati da importanti compagnie. Ora a causa della crisi stanno emigrando anche persone normali (come me): laureati, diplomati ma anche giovani senza molta esperienza lavorativa.
Secondo me bisogna riconoscere che ci vuole coraggio a partire perche' spesso il Paese straniero non mette un tappeto rosso ai piedi di noi emigrati che tra l'altro abbiamo dovuto lasciare in Italia amici di una vita e famiglia per partire da zero.
A volte sento frasi come questa da parte di chi e' rimasto in Italia:
Si e' troppo facile abbandonare l'Italia e partire. Noi invece restiamo qui per cambiare le cose.
Facile partire? Per esperienza personale posso dire che non lo e' affatto. E poi mi ha fatto sempre sorridere questa storia del rimanere per cambiare il Paese. Alcuni lo pensano e cercano di farlo davvero ma quanti invece che si dicono animati da queste nobili intenzioni poi sono sono i primi a contribuire alla rovina del nostro Paese?
E' vero che molti Italiani che vivono all'estero magari da pochi mesi rischiano di rendersi antipatici quando tornano in Italia. All'estero, che si tratti di Australia, Nord Europa, Stati Uniti o altri Paesi rispetto all'Italia ci sono dei dati oggettivi':
- C'e' piu' lavoro e si viene assunti piu' facilmente
- Ci sono regole che vengono fatte rispettatare
- Le persone hanno piu' senso civico
- C'e' meritocrazia
- In definitiva, si riesce a vivere una vita serena
Quindi e' normale che poi quando torniamo in Italia abbiamo voglia di raccontare come viviamo, le differenze con l'Italia. Di cosa dovremmo parlare? Anche perche' ce lo chiedono tutti: allora come si vive in..? Certamente e' sempre un tema delicate perche' si rischia di parlare con troppo entusiasmo verso il Paese ospitante e con un velato disprezzo verso l'Italia. E questo puo' renderci antipatici. Anche io sono caduto spesso in questo errore ma ho notato che poi con gli anni dopo l'infatuazione iniziale chi vive all'estero inizia a guardare tutto con occhi piu' oggettivi valutando pro e contro sia del Paese ospitante che dell'Italia.
Veniamo ai 7 punti dell'articolo.
1 E' vero che gli Italiani cercano di frequentare altri Italiani, soprattutto i primi anni e credo sia anche normale perche' condividiamo la stessa cultura, e abbiamo interesse a raccontare e ascoltare ne nostre storie, la decisione e gli episodi che ci hanno spinto a partire, come ci troviamo nel nuovo Paese, cosa ci manca dell'Italia. Un esempio banale: tanto tempo fa chiacchieravo di cinema con due ragazzi americani. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua. A parte il fatto che a volte non capivo di quali film parlassero (Lo Squalo per loro e' Jaws, Mamma ho perso l'aereo e' Home Alone) ma poi hanno iniziato a parlare di film comici e trasmissioni tv di quando erano ragazzini. Ecco avrei mai potuto parlare con loro chesso' dei film di Fantozzi o di Casa Vianello?
Comunque e' ovvio che poi a poco a poco all'estero si allarga il giro e si inizia a frequentare anche non Italiani ma non e' un processo veloce.
2 E' vero sappiamo tutto dell'Italia perche' abbiamo vissuto li' 20-30 anni della nostra vita. Parenti e amici vivono ancora li' e ogni giorno leggiamo il Corriere online o guardiamo Servizio Pubblico, Report, Presa Diretta, Nel Paese delle Meraviglie su Youtube.
A volte pero' mi rendo conto che dovremmo essere meno legati all'Italia o meglio essere piu' informati anche su cio' che succede nel Paese che ci ospita.
3 Vero in parte. Quando viviamo in Paesi molto piu' freddi e piovosi dell'Italia, i primi tempi lo diciamo eccome. E ci lamentiamo tanto ma poi questo vizio sterile svanisce, ci si abitua e non ne parliamo piu' di tanto. A cosa servirebbe?
4 Mangiamo da schifo? E' cio che molti pensano. Abbiamo uno sconfinato orgoglio per la cucina italiana e vorremmo inseganare a tutti quale e' la migliore cucina del mondo ma anche qui le lamentazioni dimunuiscono con il tempo perche' all'estero e' possibile trovare (quasi) qualsiasi cibo proveniente dall'Italia e poi dopo un po' iniziamo anche a provare la cucina giapponese (personalmente adoro il sushi), thai, cinese, messicana. C'e' solo l'imbarazzo della scelta.
5 Facciamo dei lavori che in Italia non avremmo mai fatto. Vero in parte.
Forse e' una questione di ambiente in cui si vive. Come all'estero iniziamo a rispettare le regole del comune vivere civile allo stesso modo iniziamo a cambiare atteggiamento verso il modo di concepire il lavoro. Diciamoci la verita' quanti di noi in Italia pensano che sia normale studiare all'universita' e manternersi lavorando di sera o al weekend? Pochi, i genitori possono mantenerci. E quanti laureati lavorerebbero facendo pulizie, cassieri o camerieri? Pochissimi. Poi andiamo all'estero e cambiamo totalmente.
Come mai? Secondo me perche':
Anche per lavori considerati "umili" all'estero pagano molto di piu' che in Italia.
Quando bisogna sopravvivere senza chiedere aiuto alla famiglia, si cerca di arrangiarsi a fare di tutto.
Sai gia' che sono lavoro temporanei che non ti incastraranno per anni o peggio per tutta la vita. Solo il tempo di vedere come muoversi e cambiare lavoro.
E poi anche chi in Italia non e' schizzinoso e farebbe questi lavori a volte deve cercare per anni per trovare un posto da cassiere...a quel punto non e' meglio partire e farlo all'estero dove si trova lavoro in una settimana, si guadagna di piu', si fa anche un'esperienza di vita e si impara una lingua nuova?
6 Furbetti anche all'estero. Falso. Prova a non rispettare le regole in Usa, Uk, Germania... Si certo qualcuno appena arriva magari non lascia la mancia ai camerieri comportandosi da solito furbetto poi capire l'errore e iniziare a comportarsi civilmente. Almeno si spera. Passare con il rosso al semaforo e non rispettare la fila alla posta? Mai fatto ma non penso che sia un comportamento diffuso neanche in Italia.
7 Non ho capito il punto del "Giornalista". Cosa vuol dire aver scoperto di essere anche loro Italiani? Siamo orgogliosi di essere Italiani. L'Italia ci ha dato una forma mentis e una flessibilita' mentale che ci aiuta molto all'estero. E siamo sempre contenti di tornare in Italia. Il senso di fastidio e' in realta' dispiacere perche' vivendo all'estero sembra che sia cosi' semplice far funzionare le cose e invece quando tormiamo in Italia restiamo delusi perche' niente sembra cambiare. Ma il legame con l'Itala e un senso di patriottismo diventano paradossalmente ancora piu' forti quando siamo lontani. E guai se uno straniero parla male dell'italia. Arriviamo a difendere l'indifendibile, perche' dell'Italia possiamo parlarne male solo noi Italiani, non altri.
Ecco l'articolo in questione, con il link (se volete leggerlo su Il Fatto Quotidiano):
Italiani all'estero, ecco come passano realmente il loro tempo (di Matteo Cavezzali)
Tutto era iniziato con la fuga dei cervelli. Vi ricordate? Giovani talentuosi che andavano all’estero per dare pieno appagamento al proprio talento. Poi hanno iniziato ad andarsene pure quegli altri. Quelli normali, diciamo. Che non si sa mai, all’estero, magari ‘sti inglesi o ‘sti fiamminghi sono zucconi e ci facciamo comunque una bella figura. E quello è stato l’inizio della fine.
Ma poi per le feste tornano tutti a casa. Per abbuffarsi di lasagne e tortellini, per salutare i parenti. Ma soprattutto, per spiegare a noi “italioti” come si sta al mondo. Vuoi mettere la soddisfazione? Là in Svezia o in Francia è pieno di italiani, e dirlo con loro non dà gusto, invece venirlo a spiegare a noi… che siamo ancora qua a vedere il faccione di Silvio al Tg come negli anni ’90, che siamo ancora qua a sorbirci il campionato la domenica, a litigare al semaforo, a fare la fila alle poste e a pagare il canone Rai… dirlo a noi sì che dà gusto.
E allora parte il disco, che loro mica lo sanno che la stessa cosa te l’hanno già detta gli altri dieci prima di loro, uguale. O forse lo sanno benissimo, ma tanto fa niente. E si comincia con i “Ma come fai a stare ancora in Italia?” e i “Che paese incivile”, e i “Ma qua da voi non cambia mai niente” e io gli risponderei “Da voi?! Ma da voi cosa, che stai a Londra da tre settimane! Che se non lo scrivevi venti volte su facebook non se ne accorgeva nessuno che non c’eri più e pensavano che c’avessi avuto un’influenza”. Ma non è finita perché poi rincarano la dose con l’immancabile: “Se uno come te, con le tue idee, venisse a London (!?) sai quante cose faresti?”. Ma de che?
E allora ho deciso di andarli a trovare tutti. Andare a vedere dove stanno, cosa combinano e se stavano bluffando. Ma non era possibile, ci voleva troppo tempo. Allora ho chiesto in giro. Ho fatto “un’indagine trasversale” diciamo. Ed ecco cosa fanno i cervelli all’estero:
1. Girano solo con altri italiani. Sì, avete capito bene, se ne sono andati perché “basta degli italiani non ne posso più” e girano solo con italiani (i sardi poi girano solo coi sardi).
2. Sanno tutto dell’Italia, in particolare di Berlusconi e della sua vita sessuale. Se ne sono andati per non sentirne più parlare e poi evidentemente gli è venuta nostalgia.
3. Hanno freddo. Vivono in paesi in cui spesso non sorge nemmeno il sole. Stanno morendo di freddo, ma non lo ammetteranno mai. Mai.
4. Mangiano da schifo. Pesce affumicato, wurstel, orsetti gommosi, patate fritte. I più fortunati trovano un asporto cinese o un kebabbaro. Cercano disperatamente una pizza decente, alcuni giurano anche di averla trovata. Ma stanno mentendo.
5. Fanno lavori del cavolo che in Italia non avrebbero mai fatto. Se ne sono andati al grido di “Non posso stare in Italia a pulire dei cessi, ho una laurea io!” e ora puliscono cessi a Nantes. Che vuoi mettere un cesso di Nantes contro un cesso di San Lazzaro di Savena!?
6. Fregano. Sì, proprio come gli italiani qua, non pagano il biglietto del tram, passano con il rosso, cercano in ogni modo di evadere le tasse. E si credono ancora più furbi perché anche se sono in un paese “serio” e “europeo” riescono a farla franca.
7. La nota più dolente. Non possono più tornare in Italia senza un senso di fastidio. Non tanto per il fatto di essere in un paese allo sbando, ma perché non potrebbero mai ammettere di aver scoperto di essere anche loro solo degli italiani.
Ps: il contenuto di questo post è dettato prevalentemente da un sentimento che alcuni mi dicono chiamarsi invidia. Molti dei miei migliori amici vivono oggi a Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Monaco, Barcellona. Ho per altro scoperto con grande stupore che leggono anche le cose che scrivo quindi: Volevo dirvi che vi voglio molto bene e non parlavo assolutamente di voi. Davvero. Poi ve lo dico di chi stavo parlando. Ma in privato. Quando tornate per le prossime feste.
ECCO COSA NE PENSO:
Sembra che il giornalista abbia voluto scrivere un articolo provocatorio ma lo ha fatto in modo astioso, antipatico, scrivendo, anche male, un sacco di luoghi comuni a tratti offensivi verso gli Italiani che vivono all'estero. Qualcosa di vagamente simile al vero l'ha anche scritto ma l'errore e' sempre generalizzare e scrivere spinti da rabbia e, probabilmente, frustrazioni personali legate a pochi episodi o conoscenze che icuramente non sono un campione rappresentativo della realta'.
E' vero, anni fa, partivano solo i cosiddetti "cervelli": ricercatori in campi come fisica, chimica, biologia, nanotecnologia e simili, insomma ragazzi che non avendo prospettive in Italia andavano all'estero per realizzarsi e venivano accolti dalle migliori universita' e poi corteggiati da importanti compagnie. Ora a causa della crisi stanno emigrando anche persone normali (come me): laureati, diplomati ma anche giovani senza molta esperienza lavorativa.
Secondo me bisogna riconoscere che ci vuole coraggio a partire perche' spesso il Paese straniero non mette un tappeto rosso ai piedi di noi emigrati che tra l'altro abbiamo dovuto lasciare in Italia amici di una vita e famiglia per partire da zero.
A volte sento frasi come questa da parte di chi e' rimasto in Italia:
Si e' troppo facile abbandonare l'Italia e partire. Noi invece restiamo qui per cambiare le cose.
Facile partire? Per esperienza personale posso dire che non lo e' affatto. E poi mi ha fatto sempre sorridere questa storia del rimanere per cambiare il Paese. Alcuni lo pensano e cercano di farlo davvero ma quanti invece che si dicono animati da queste nobili intenzioni poi sono sono i primi a contribuire alla rovina del nostro Paese?
E' vero che molti Italiani che vivono all'estero magari da pochi mesi rischiano di rendersi antipatici quando tornano in Italia. All'estero, che si tratti di Australia, Nord Europa, Stati Uniti o altri Paesi rispetto all'Italia ci sono dei dati oggettivi':
- C'e' piu' lavoro e si viene assunti piu' facilmente
- Ci sono regole che vengono fatte rispettatare
- Le persone hanno piu' senso civico
- C'e' meritocrazia
- In definitiva, si riesce a vivere una vita serena
Quindi e' normale che poi quando torniamo in Italia abbiamo voglia di raccontare come viviamo, le differenze con l'Italia. Di cosa dovremmo parlare? Anche perche' ce lo chiedono tutti: allora come si vive in..? Certamente e' sempre un tema delicate perche' si rischia di parlare con troppo entusiasmo verso il Paese ospitante e con un velato disprezzo verso l'Italia. E questo puo' renderci antipatici. Anche io sono caduto spesso in questo errore ma ho notato che poi con gli anni dopo l'infatuazione iniziale chi vive all'estero inizia a guardare tutto con occhi piu' oggettivi valutando pro e contro sia del Paese ospitante che dell'Italia.
Veniamo ai 7 punti dell'articolo.
1 E' vero che gli Italiani cercano di frequentare altri Italiani, soprattutto i primi anni e credo sia anche normale perche' condividiamo la stessa cultura, e abbiamo interesse a raccontare e ascoltare ne nostre storie, la decisione e gli episodi che ci hanno spinto a partire, come ci troviamo nel nuovo Paese, cosa ci manca dell'Italia. Un esempio banale: tanto tempo fa chiacchieravo di cinema con due ragazzi americani. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua. A parte il fatto che a volte non capivo di quali film parlassero (Lo Squalo per loro e' Jaws, Mamma ho perso l'aereo e' Home Alone) ma poi hanno iniziato a parlare di film comici e trasmissioni tv di quando erano ragazzini. Ecco avrei mai potuto parlare con loro chesso' dei film di Fantozzi o di Casa Vianello?
Comunque e' ovvio che poi a poco a poco all'estero si allarga il giro e si inizia a frequentare anche non Italiani ma non e' un processo veloce.
2 E' vero sappiamo tutto dell'Italia perche' abbiamo vissuto li' 20-30 anni della nostra vita. Parenti e amici vivono ancora li' e ogni giorno leggiamo il Corriere online o guardiamo Servizio Pubblico, Report, Presa Diretta, Nel Paese delle Meraviglie su Youtube.
A volte pero' mi rendo conto che dovremmo essere meno legati all'Italia o meglio essere piu' informati anche su cio' che succede nel Paese che ci ospita.
3 Vero in parte. Quando viviamo in Paesi molto piu' freddi e piovosi dell'Italia, i primi tempi lo diciamo eccome. E ci lamentiamo tanto ma poi questo vizio sterile svanisce, ci si abitua e non ne parliamo piu' di tanto. A cosa servirebbe?
4 Mangiamo da schifo? E' cio che molti pensano. Abbiamo uno sconfinato orgoglio per la cucina italiana e vorremmo inseganare a tutti quale e' la migliore cucina del mondo ma anche qui le lamentazioni dimunuiscono con il tempo perche' all'estero e' possibile trovare (quasi) qualsiasi cibo proveniente dall'Italia e poi dopo un po' iniziamo anche a provare la cucina giapponese (personalmente adoro il sushi), thai, cinese, messicana. C'e' solo l'imbarazzo della scelta.
5 Facciamo dei lavori che in Italia non avremmo mai fatto. Vero in parte.
Forse e' una questione di ambiente in cui si vive. Come all'estero iniziamo a rispettare le regole del comune vivere civile allo stesso modo iniziamo a cambiare atteggiamento verso il modo di concepire il lavoro. Diciamoci la verita' quanti di noi in Italia pensano che sia normale studiare all'universita' e manternersi lavorando di sera o al weekend? Pochi, i genitori possono mantenerci. E quanti laureati lavorerebbero facendo pulizie, cassieri o camerieri? Pochissimi. Poi andiamo all'estero e cambiamo totalmente.
Come mai? Secondo me perche':
Anche per lavori considerati "umili" all'estero pagano molto di piu' che in Italia.
Quando bisogna sopravvivere senza chiedere aiuto alla famiglia, si cerca di arrangiarsi a fare di tutto.
Sai gia' che sono lavoro temporanei che non ti incastraranno per anni o peggio per tutta la vita. Solo il tempo di vedere come muoversi e cambiare lavoro.
E poi anche chi in Italia non e' schizzinoso e farebbe questi lavori a volte deve cercare per anni per trovare un posto da cassiere...a quel punto non e' meglio partire e farlo all'estero dove si trova lavoro in una settimana, si guadagna di piu', si fa anche un'esperienza di vita e si impara una lingua nuova?
6 Furbetti anche all'estero. Falso. Prova a non rispettare le regole in Usa, Uk, Germania... Si certo qualcuno appena arriva magari non lascia la mancia ai camerieri comportandosi da solito furbetto poi capire l'errore e iniziare a comportarsi civilmente. Almeno si spera. Passare con il rosso al semaforo e non rispettare la fila alla posta? Mai fatto ma non penso che sia un comportamento diffuso neanche in Italia.
7 Non ho capito il punto del "Giornalista". Cosa vuol dire aver scoperto di essere anche loro Italiani? Siamo orgogliosi di essere Italiani. L'Italia ci ha dato una forma mentis e una flessibilita' mentale che ci aiuta molto all'estero. E siamo sempre contenti di tornare in Italia. Il senso di fastidio e' in realta' dispiacere perche' vivendo all'estero sembra che sia cosi' semplice far funzionare le cose e invece quando tormiamo in Italia restiamo delusi perche' niente sembra cambiare. Ma il legame con l'Itala e un senso di patriottismo diventano paradossalmente ancora piu' forti quando siamo lontani. E guai se uno straniero parla male dell'italia. Arriviamo a difendere l'indifendibile, perche' dell'Italia possiamo parlarne male solo noi Italiani, non altri.
lunedì 20 gennaio 2014
Road Rage fuori New York
Road rage in autostrada vicino New York, pochi giorni fa. Io e un mio collega stavamo tornando a casa con la sua macchina dopo una giornata di lavoro a Manhattan.
A pochi metri dalla nostra macchina sulla corsia a fianco alla nostra sentiamo delle urla e poco dopo vediamo questo tizio che seduto nel suo SUV vacome un indemodiato verso il tizio della macchina che gli stava davanti. Non so perche', forse gli aveva tagliato la strada? Il tizio della macchina davanti rispondeva urlando ma in modo meno esagitato verso quello della macchina di dietro. Le due macchine procedevano a passo d'uomo a causa del traffico. E anche la nostra a pochi metri da loro. I due si sfidavano mentre guidavano facendo segno con il braccio fuori dal finestrino: vieni qua. Vieni qua tu. All'improvviso il traffico rallenta e si ferma per un secondo e il tizio del SUV non ci pensa due volte, mette il freno a mano, scende, bloccando tutte le altre macchine dietro di lui, e corre verso il tizio della macchina di fronte. Gli apre lo sportello e tira fuori un coltello a serramanico e lo sfida ad uscire fuori. L'altro chiude subito lo sportello e scappa via. Il pazzo con il coltello rientra velocemente nella sua macchina e continua a seguire la macchina davanti.
E poi? E poi li ho persi. Abbiamo dovuto prendere un'altra strada e non so come e' andata a finire.
In Connecticut non ho mai visto scene del genere, anche perche' abito in una citta' e soprattutto in una zona molto tranquilla. In realta' neanche a New York ho mai assistito a scene simili e mi e' sempre sembrata molto tranquilla ma la road rage (rabbia su strada) e' sempre in agguato e qui chi si fa prendere da questa rabbia e' potenzialmente piu' pericoloso che in Italia dove solitamente basta un "Vaffa", un "Ah cornutone!" o al massimo un dito medio per far sbollire la rabbia. Qui invece, in alcune zone, il dito medio e' per iniziare e poi potrebbero volare coltelli e pistole. Anche per questo amo la tranquillita' del Connecticut.
E poi? E poi li ho persi. Abbiamo dovuto prendere un'altra strada e non so come e' andata a finire.
In Connecticut non ho mai visto scene del genere, anche perche' abito in una citta' e soprattutto in una zona molto tranquilla. In realta' neanche a New York ho mai assistito a scene simili e mi e' sempre sembrata molto tranquilla ma la road rage (rabbia su strada) e' sempre in agguato e qui chi si fa prendere da questa rabbia e' potenzialmente piu' pericoloso che in Italia dove solitamente basta un "Vaffa", un "Ah cornutone!" o al massimo un dito medio per far sbollire la rabbia. Qui invece, in alcune zone, il dito medio e' per iniziare e poi potrebbero volare coltelli e pistole. Anche per questo amo la tranquillita' del Connecticut.
mercoledì 15 gennaio 2014
L'America, ogni giorno, in 10 minuti
E' tornato Stefano Spadoni!
Non tutti lo conoscono, ma chi come me lo segue da oltre dieci anni e ha letto tutti i suoi libri su New York sicuramente e' molto contento del suo ritorno in radio, via podcast. Molti anni fa Spadoni conduceva una trasmissione di oltre mezzora da una internet-radio, Big Apple Radio, in cui ci raccontava quotidianamente le notizie piu' interessanti e curiose degli Usa e di New York in particolare. Notizie che di solito non arrivano in Italia ma che davano il senso della vera America.
In quel periodo stavo per laurearmi e iniziava a germogliare in me l'idea di trasferirmi in Usa ed ero solito scrivergli delle email per raccontargli come si viveva in Italia e lui le leggeva regolarmente. Quando iniziai la mia avventura americana mi invito' anche in radio per una puntata come ospite unico e poi mi invito' a un paio delle sue celebri feste con modelle bellissime e persone molto particolari. Poi non so perche' Big Apple Radio chiuse, lasciando molti di noi orfani di quelle notizie cosi' interessanti per chi sogna gli States. Probabilmente Spadoni si sara' dedicato ad altre sue attivita'. Ora a grande richiesta ha ripreso quel tipo di trasmissione, forse ancora in fase di sperimentazione, sono infatti piu' corte di quelle storiche di Big Apple Radio ma credo che sia sulla buona strada e con il tempo potrebbero diventare sempre piu' lunghe.
Ecco il link ai suoi podcast: L'America ,ogni giorno, in 10 minuti.
E per chi fosse interessato, questa e' l'intervista che ho fatto a Spadoni qualche mese fa.
Enjoy.
Non tutti lo conoscono, ma chi come me lo segue da oltre dieci anni e ha letto tutti i suoi libri su New York sicuramente e' molto contento del suo ritorno in radio, via podcast. Molti anni fa Spadoni conduceva una trasmissione di oltre mezzora da una internet-radio, Big Apple Radio, in cui ci raccontava quotidianamente le notizie piu' interessanti e curiose degli Usa e di New York in particolare. Notizie che di solito non arrivano in Italia ma che davano il senso della vera America.
In quel periodo stavo per laurearmi e iniziava a germogliare in me l'idea di trasferirmi in Usa ed ero solito scrivergli delle email per raccontargli come si viveva in Italia e lui le leggeva regolarmente. Quando iniziai la mia avventura americana mi invito' anche in radio per una puntata come ospite unico e poi mi invito' a un paio delle sue celebri feste con modelle bellissime e persone molto particolari. Poi non so perche' Big Apple Radio chiuse, lasciando molti di noi orfani di quelle notizie cosi' interessanti per chi sogna gli States. Probabilmente Spadoni si sara' dedicato ad altre sue attivita'. Ora a grande richiesta ha ripreso quel tipo di trasmissione, forse ancora in fase di sperimentazione, sono infatti piu' corte di quelle storiche di Big Apple Radio ma credo che sia sulla buona strada e con il tempo potrebbero diventare sempre piu' lunghe.
Ecco il link ai suoi podcast: L'America ,ogni giorno, in 10 minuti.
E per chi fosse interessato, questa e' l'intervista che ho fatto a Spadoni qualche mese fa.
Enjoy.
martedì 14 gennaio 2014
Dimmi come mangi e ti diro' chi sei
Pochi giorni fa il comico Jon Steward ha preso in giro il neo sindaco di New York, Bill De Blasio, perche' e' stato visto mangiare la pizza con forchetta e coltello. De Blasio ha origini italiane e ha spiegato che in Italia e' piu' frequente mangiare la pizza in questo modo.
Ne parlavo ieri anche con i miei colleghi americani e anche per loro e' stranissimo mangiare la pizza con forchetta e coltello, gli sembra che chi lo fa vuole atteggiarsi a persona di classe, quasi un nobile dell'800. Personalmente in Italia mangio la pizza sia con le mani sia, con forchetta e coltello, soprattutto quando mi trovo in una situazione piu' formale. La fetta di pizza italiana poi non sempre si presta ad essere piegata in due ma se si tratta di quella cosa gommosa e piena di olio che qui hanno il coraggio di chiamare pizza, allora e' ovvio, bisogna mangiarla con le mani, prima per far scolare un po' d'olio sul piatto e poi per riuscire ad addentarla meglio, altrimenti a causa della gommosita' sguscerebbe da tutti i lati. Comunque ordinando spesso la pizza in ufficio ho notato anche un'altra curiosa differenza sul mondo-pizza. Per i colleghi americani una semplice cheese pizza, che dovrebbe essere l'equivalente approssimativo di una nostra margherita, e' una pizza troppo semplice, infatti un mio collega la chiama scherzosamente "ghetto pizza", cioe' una pizza che viene comprata da persone del ghetto, che quindi ordinano un pizza economica, base, piu' per potersi sfamare che per godere di una vera pizza con piu' ingredienti. Per il mio collega e per estensione per molti Americani invece una pizza degna di tale nome e' ad esempio la pizza chicken...per me e' una pizza abbastanza ridicola perche' e' sostanzialmente una pizza margherita con su tanti pezzettini di cotoletta. Ok allora ordiniamo una pizza penne panna e prosciutto? O una pizza spaghetti all'amatriciana?
Insomma curiose differenze culturali. Bisognerebbe adattarsi. Ma anche no.
Ne parlavo ieri anche con i miei colleghi americani e anche per loro e' stranissimo mangiare la pizza con forchetta e coltello, gli sembra che chi lo fa vuole atteggiarsi a persona di classe, quasi un nobile dell'800. Personalmente in Italia mangio la pizza sia con le mani sia, con forchetta e coltello, soprattutto quando mi trovo in una situazione piu' formale. La fetta di pizza italiana poi non sempre si presta ad essere piegata in due ma se si tratta di quella cosa gommosa e piena di olio che qui hanno il coraggio di chiamare pizza, allora e' ovvio, bisogna mangiarla con le mani, prima per far scolare un po' d'olio sul piatto e poi per riuscire ad addentarla meglio, altrimenti a causa della gommosita' sguscerebbe da tutti i lati. Comunque ordinando spesso la pizza in ufficio ho notato anche un'altra curiosa differenza sul mondo-pizza. Per i colleghi americani una semplice cheese pizza, che dovrebbe essere l'equivalente approssimativo di una nostra margherita, e' una pizza troppo semplice, infatti un mio collega la chiama scherzosamente "ghetto pizza", cioe' una pizza che viene comprata da persone del ghetto, che quindi ordinano un pizza economica, base, piu' per potersi sfamare che per godere di una vera pizza con piu' ingredienti. Per il mio collega e per estensione per molti Americani invece una pizza degna di tale nome e' ad esempio la pizza chicken...per me e' una pizza abbastanza ridicola perche' e' sostanzialmente una pizza margherita con su tanti pezzettini di cotoletta. Ok allora ordiniamo una pizza penne panna e prosciutto? O una pizza spaghetti all'amatriciana?
Insomma curiose differenze culturali. Bisognerebbe adattarsi. Ma anche no.
sabato 11 gennaio 2014
E se considerassi un Master's?
Il figlio della mia amica J lavora in un ristorante. Non so bene quale sia il suo titolo ma decide il menu, gli abbinamenti tra cibi e vini, e anche chi assumere e eventualmente licenziare. Insomma un restaurant manager. Ha 26 anni, si e' gia' laureato ad un'universita' specializzata in ristorazione e lavora in questo settore da quando aveva 16 anni quando inizio' come cameriere. Grazie alla sua esperienza, conoscenze e sopratutto laurea in culinary arts un ristorante importante di New York gli ha fatto un'offerta poche settimane fa. Stipendio, 135mila dollari. E ripeto ha solo 26 anni.
Alcuni suoi amici lavorano nello stesso settore. Uno e' chef, l'altro si occupa dei ristoranti che stanno per fallire, analizza cosa non va e riesce a farli "guarire". Il loro stipendio? Oltre 150mila dollari l'anno. Il marito di una mia parente e' laureato in economia e lavora per un'azienda che si occupa di finanza. E' un tipo sveglio, guadagna oltre 200mila dollari. Ha meno di 30 anni.
Continuo a conoscere ragazzi come questi, giovanissimi, laureati in buone o ottime universita', che guadagnano moltissimo.
Sono ragazzi intelligenti ma cio' che mi colpisce e che non sono dei geni alla Leonardo da Vinci.
Semplicemente sono ragazzi molto svegli che hanno avuto la fortuna e la voglia di studiare e di impegnarsi sul lavoro. Qualcuno si e' pagato gli studi chiedendo prestiti (che stanno pagando con gli interessi) altri sono stati piu' fortunati perche' i genitori hanno pagato per i loro studi. Secondo me molti genitori aiutano i figli con le altissime rette universitarie ma pochi lo dicono apertamente.
E' l'Ameriaca, non c'e' niente da fare, qui il ragazzo in gamba ha molte piu' possibilita' di vivere una vita agiata rispetto all'Italia. Purtroppo conosco decine di ragazzi italiani molto piu' intelligenti di questi americani con stipendi a "six digits", come dicono qui, ma alla fine, vivendo in Italia, vengono sfruttati da imprenditori schiavisti e ignoranti e non hanno molte speranze di fare carriera o vivere una vita agiata.
Ma forse non dovrei pensare troppo all'Italia. Ora siamo in America e come dice spesso Mr M, In America le opportunita' ci sono, ma bisogna cercarle e sfruttarle perche' se non la spremi tu, e' l'America che spreme te.
Ed e' vero. Quindi e' da un po' che vado riflettendo, valutando, meditando e sono arrivato alla conclusione che se voglio fare un salto di qualita' (professionalmente e di conseguenza anche in termini di stipendio) sarebbe una buona idea studiare per un Master's Degree.
Alla fine e' proprio questo che mi separa da tanti ragazzi americani. E' come se fossi un po' indietro rispetto a loro.
In effetti tanti americani mi hanno confermato che se hai un Master's in automatico vieni considerato in un certo modo dal datore di lavoro che parte da uno stipendio molto piu' alto rispetto a chi un Master's non ce l'ha. E non e' da ignorare il fatto che per prendere la green card in tempi molto piu' veloci di quelli standard chi ha un Master's solitamente viene inserito in una categoria preferenziale. Sto prenendo informazioni. E ci sono non poche difficolta'. La prima e' il costo. Ne ho trovato uno non lontano da casa, in un'Universita' pubblica molto quotata. Il Master's dura due anni e siamo sui 15 mila dollari l'anno. Quelli delle Universita' private ancora piu' rinomate arrivano anche a 50mila dollari l'anno. Ovviamente 15mila dollari l'anno non li ho e dovrei informarmi se posso chiedere un prestito. Lo danno a un ragazzo che e' qui con un visto di lavoro? Credo di si ma devo informarmi meglio. E quali sono gli interessi per ripagare il debito?
L'altra difficolta' e' il tempo in cui frequentare ma ho letto che offrono Master's part time con corsi online, serali o al weekend, adatti per chi lavora full time.
Sarebbe anche una buona idea parlare con il capo per capire come vedrebbe la cosa, se mi consiglia un Master's invece di un altro, se dopo il Master's potrei avere piu' responsabilita' (e uno stipendio piu' alto...) insomma se la spesa e il sacrificio porteranno dei frutti.
Penso che dopo un Master's mi si aprirebbero nuove prospettive ma ho ancora molti dubbi.
Ah piccolo dettaglio: per essere ammessi bisogna superare alcune prove, e prendere un punteggio alto al GMAT, farsi scrivere delle lettere di raccomandazione dal proprio datore di lavoro etc etc. Ok per ora e' solo un pensiero che sta germogliando. I'll keep you posted.
Alcuni suoi amici lavorano nello stesso settore. Uno e' chef, l'altro si occupa dei ristoranti che stanno per fallire, analizza cosa non va e riesce a farli "guarire". Il loro stipendio? Oltre 150mila dollari l'anno. Il marito di una mia parente e' laureato in economia e lavora per un'azienda che si occupa di finanza. E' un tipo sveglio, guadagna oltre 200mila dollari. Ha meno di 30 anni.
Continuo a conoscere ragazzi come questi, giovanissimi, laureati in buone o ottime universita', che guadagnano moltissimo.
Sono ragazzi intelligenti ma cio' che mi colpisce e che non sono dei geni alla Leonardo da Vinci.
Semplicemente sono ragazzi molto svegli che hanno avuto la fortuna e la voglia di studiare e di impegnarsi sul lavoro. Qualcuno si e' pagato gli studi chiedendo prestiti (che stanno pagando con gli interessi) altri sono stati piu' fortunati perche' i genitori hanno pagato per i loro studi. Secondo me molti genitori aiutano i figli con le altissime rette universitarie ma pochi lo dicono apertamente.
E' l'Ameriaca, non c'e' niente da fare, qui il ragazzo in gamba ha molte piu' possibilita' di vivere una vita agiata rispetto all'Italia. Purtroppo conosco decine di ragazzi italiani molto piu' intelligenti di questi americani con stipendi a "six digits", come dicono qui, ma alla fine, vivendo in Italia, vengono sfruttati da imprenditori schiavisti e ignoranti e non hanno molte speranze di fare carriera o vivere una vita agiata.
Ma forse non dovrei pensare troppo all'Italia. Ora siamo in America e come dice spesso Mr M, In America le opportunita' ci sono, ma bisogna cercarle e sfruttarle perche' se non la spremi tu, e' l'America che spreme te.
Ed e' vero. Quindi e' da un po' che vado riflettendo, valutando, meditando e sono arrivato alla conclusione che se voglio fare un salto di qualita' (professionalmente e di conseguenza anche in termini di stipendio) sarebbe una buona idea studiare per un Master's Degree.
Alla fine e' proprio questo che mi separa da tanti ragazzi americani. E' come se fossi un po' indietro rispetto a loro.
In effetti tanti americani mi hanno confermato che se hai un Master's in automatico vieni considerato in un certo modo dal datore di lavoro che parte da uno stipendio molto piu' alto rispetto a chi un Master's non ce l'ha. E non e' da ignorare il fatto che per prendere la green card in tempi molto piu' veloci di quelli standard chi ha un Master's solitamente viene inserito in una categoria preferenziale. Sto prenendo informazioni. E ci sono non poche difficolta'. La prima e' il costo. Ne ho trovato uno non lontano da casa, in un'Universita' pubblica molto quotata. Il Master's dura due anni e siamo sui 15 mila dollari l'anno. Quelli delle Universita' private ancora piu' rinomate arrivano anche a 50mila dollari l'anno. Ovviamente 15mila dollari l'anno non li ho e dovrei informarmi se posso chiedere un prestito. Lo danno a un ragazzo che e' qui con un visto di lavoro? Credo di si ma devo informarmi meglio. E quali sono gli interessi per ripagare il debito?
L'altra difficolta' e' il tempo in cui frequentare ma ho letto che offrono Master's part time con corsi online, serali o al weekend, adatti per chi lavora full time.
Sarebbe anche una buona idea parlare con il capo per capire come vedrebbe la cosa, se mi consiglia un Master's invece di un altro, se dopo il Master's potrei avere piu' responsabilita' (e uno stipendio piu' alto...) insomma se la spesa e il sacrificio porteranno dei frutti.
Penso che dopo un Master's mi si aprirebbero nuove prospettive ma ho ancora molti dubbi.
Ah piccolo dettaglio: per essere ammessi bisogna superare alcune prove, e prendere un punteggio alto al GMAT, farsi scrivere delle lettere di raccomandazione dal proprio datore di lavoro etc etc. Ok per ora e' solo un pensiero che sta germogliando. I'll keep you posted.
venerdì 3 gennaio 2014
F e la ragazza della banca
Il 1 gennaio sono stato invitato a pranzo da Mr M e il figlio F. Come sapete F e' un po' handicappato, piu' precisamente e' learning disabled. E' come se fosse una forma leggera di down perche' anche se ha diffocolta' nell'apprendimento, riesce comunque a guidare l'auto e a ragionare abbastanza bene. Ha oltre 40 anni ma e' un po' ingenuo, come un bambino e poiche' non lavora sta quasi sempre a casa con il padre, che e' in pensione, e quindi gli unici suoi momenti di svago sono le uscite per andare a fare la spesa ai supermercati o le visite di qualche amico del padre per un caffe'. Quindi F sta spesso da solo e trascorre le sue giornate con il padre facendo lavori dentro e attorno casa o cucinando.
F va spesso in banca con il padre e li' ha conosciuto la ragazza, che lavora come teller.
A lui questa ragazza piace molto e cosi' un paio di volte le ha portato dei regali, cose semplici come formaggi, salumi, cioccolattini, e lei ha sempre accettato. Qualche mese fa a Halloween F voleva darle un biglietto di auguri in cui avrebbe scritto che lei gli piace molto e l'avrebbe invitata ad uscire e se lei fosse diventata sua moglie non avrebbe piu' avuto bisogno di lavorare...perche' nella mente naïve di F. se lui puo' non lavorare (perche' e' mantenuto dal padre), anche la sua eventuale moglie puo' fare lo stesso. Mi ha fatto molto sorridere e gli ho detto simpaticamente di stare attento e di considerare che in realta' avrebbe dovuto andare a lavorare per mantenere una moglie a casa. Comunque alla fine non so se le ha mai dato quel bigliettino, credo di no, ma pochi giorni fa mi ha detto che ha invitato questa ragazza a pranzo per il pranzo del 1 gennaio.
-Ha detto si? - ho chiesto
-Si-mi ha risposto F - dobbiamo solo metterci daccordo sull'orario. Lei mi fara' sapere e io andro' a prenderla con la macchina poco prima di pranzo.
Ero molto contento per F ed ero curioso di vedere questa ragazza.
Il 1 gennaio F si e' svegliato molto presto, si e' fatto doccia e shampoo e ha iniziato a cucinare assieme al padre. Io ero nel mio studio apartment e sarei andato li da loro a pranzo piu' tardi. Sentivo F fischiettare e canticchiare mentre cucinava. Insomma era davvero allegro. Verso le 10 gli arriva una telefonata. Ho sentito tutto perche' F cucina in un locale accanto al mio studio apartment e i muri non sono molto spessi. Era la tipa della banca che gli dice che e' rimasta a New York dalla sera prima, dove ha trascorso il New Year's Ave, e quindi non sarebbe potuta andare a pranzo.
F si rattrista, anche perche' le dice che aveva gia' cucinato e le chiede quando si sarebbero potuti vedere. Lei credo che abbia trovato qualche altra scusa. E insomma e' finita li'.
Il povero F si e' rattristato molto dopo quella telefonata. Fino a poche ore prima del pranzo sembrava davvero che la ragazza sarebbe stata li'. Iniziavo a crederci anche io e il padre di F.
E cosi' siamo stati a pranzo in tre e mi ha fatto piacere perche' nonostante tutto F era contento che almeno ci fossi io li', che mi considera come uno dei suoi migliori amici, e si e' tirato un po' su. Sicuramente questa tipa si e' comportata male, perche' sapeva gia' che non sarebbe mai andata a pranzo da F pero' ha aspettato l'ultimo minuto per dirglielo alimentando inutilmente le speranze di F. Un triste inizio d'anno per lui ma per fortuna si e' ripreso subito. Succede anche questo in Connecticut. Ma adesso e' tutto passato.
Ad ogni modo, Buon Anno a tutti!
F va spesso in banca con il padre e li' ha conosciuto la ragazza, che lavora come teller.
A lui questa ragazza piace molto e cosi' un paio di volte le ha portato dei regali, cose semplici come formaggi, salumi, cioccolattini, e lei ha sempre accettato. Qualche mese fa a Halloween F voleva darle un biglietto di auguri in cui avrebbe scritto che lei gli piace molto e l'avrebbe invitata ad uscire e se lei fosse diventata sua moglie non avrebbe piu' avuto bisogno di lavorare...perche' nella mente naïve di F. se lui puo' non lavorare (perche' e' mantenuto dal padre), anche la sua eventuale moglie puo' fare lo stesso. Mi ha fatto molto sorridere e gli ho detto simpaticamente di stare attento e di considerare che in realta' avrebbe dovuto andare a lavorare per mantenere una moglie a casa. Comunque alla fine non so se le ha mai dato quel bigliettino, credo di no, ma pochi giorni fa mi ha detto che ha invitato questa ragazza a pranzo per il pranzo del 1 gennaio.
-Ha detto si? - ho chiesto
-Si-mi ha risposto F - dobbiamo solo metterci daccordo sull'orario. Lei mi fara' sapere e io andro' a prenderla con la macchina poco prima di pranzo.
Ero molto contento per F ed ero curioso di vedere questa ragazza.
Il 1 gennaio F si e' svegliato molto presto, si e' fatto doccia e shampoo e ha iniziato a cucinare assieme al padre. Io ero nel mio studio apartment e sarei andato li da loro a pranzo piu' tardi. Sentivo F fischiettare e canticchiare mentre cucinava. Insomma era davvero allegro. Verso le 10 gli arriva una telefonata. Ho sentito tutto perche' F cucina in un locale accanto al mio studio apartment e i muri non sono molto spessi. Era la tipa della banca che gli dice che e' rimasta a New York dalla sera prima, dove ha trascorso il New Year's Ave, e quindi non sarebbe potuta andare a pranzo.
F si rattrista, anche perche' le dice che aveva gia' cucinato e le chiede quando si sarebbero potuti vedere. Lei credo che abbia trovato qualche altra scusa. E insomma e' finita li'.
Il povero F si e' rattristato molto dopo quella telefonata. Fino a poche ore prima del pranzo sembrava davvero che la ragazza sarebbe stata li'. Iniziavo a crederci anche io e il padre di F.
E cosi' siamo stati a pranzo in tre e mi ha fatto piacere perche' nonostante tutto F era contento che almeno ci fossi io li', che mi considera come uno dei suoi migliori amici, e si e' tirato un po' su. Sicuramente questa tipa si e' comportata male, perche' sapeva gia' che non sarebbe mai andata a pranzo da F pero' ha aspettato l'ultimo minuto per dirglielo alimentando inutilmente le speranze di F. Un triste inizio d'anno per lui ma per fortuna si e' ripreso subito. Succede anche questo in Connecticut. Ma adesso e' tutto passato.
Ad ogni modo, Buon Anno a tutti!
mercoledì 1 gennaio 2014
Foto di New York
Ciao a tutti e Buon Anno! Queste sono alcune foto di New York che risalgono alla mia "Prima avventura Americana" e quindi ci sono soprattutto i luoghi che interessano e meravigliano tutti i primi mesi a New York. Se vi piacciono posso postare alter foto di quei tempi e di questi mesi. Non solo di New York ma anche del Connecticut e altri luoghi che ho visitato qui negli States.
BUON 2014!!!
BUON 2014!!!
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